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 2021  settembre 04 Sabato calendario

I talebani conquistano il Panshir, i ribelli negano

ISLAMABAD I talebani proclamano vittoria. Ma dalla vallata del Panshir rispondono che la guerra continua. Secondo i talebani, anche l’ultima roccaforte della resistenza è caduta. Il Panshir cesserebbe di rappresentare il simbolo della libertà e della lotta all’ultimo sangue per le generazioni che rifiutano l’oltranzismo pashtun. Ieri sera sbandieravano il trionfo come assoluto, avrebbero ormai il monopolio del potere sull’intero Afghanistan. E oggi vorrebbero presentare ufficialmente il loro nuovo governo. Finalmente liberi di imporre i loro diktat e l’interpretazione autoritaria di «coalizione inclusiva». Ma siamo davvero nel mezzo della battaglia. Quasi impossibile capire cosa in realtà stia avvenendo sul campo, media partigiani e social contribuiscono alla confusione. Poco dopo gli annunci della vittoria talebana, proprio dalla valle del Panshir i leader della resistenza replicavano infatti di essere ancora sul posto con le armi in mano e pronti a vendere cara la pelle. Non li aiuta il blocco totale sui telefoni, il taglio delle linee Internet e dell’energia elettrica imposto dai comandi talebani sulla regione contesa. Le risposte della resistenza arrivano in ritardo e molto disturbate.
Per i talebani, il figlio del «Leone del Panshir» non pare reggere. La leggenda del padre, Ahmad Shah Massoud, non sembra perpetuarsi nel 32enne Ahmad Massoud. I talebani affermano di avere catturato l’intera valle del Panshir soltanto dopo quattro giorni di pesanti combattimenti. «Grazie alla protezione di Allah siamo in controllo di tutto l’Afghanistan», annunciano. La notizia è stata accolta ieri in serata a Kabul con lunghe raffiche verso il cielo. Le televisioni pachistane (in genere vicine ai talebani) riportano che Massoud, dopo avere promesso a più riprese che non si sarebbe mai arreso e sarebbe piuttosto morto «con il fucile in mano», è fuggito in elicottero per atterrare in Tagikistan. Con lui anche l’ex vicepresidente del governo appena scalzato, Amirullah Saleh, che grazie ai suoi rapporti strettissimi con la Cia e i più importanti servizi d’intelligence aveva contribuito ad accumulare un cospicuo arsenale, con tank, elicotteri, artiglierie e riserve di carburante.
Ma, col trascorrere delle ore, le cronache si sono rapidamente complicate. A Kabul, Tolo tv ha iniziato a sollevare dubbi citando un fedele di Massoud che negava ogni fuga. Quindi è giunto un messaggio dello stesso Massoud, che sosteneva di essere ancora in prima linea assieme ai suoi uomini. Infine, anche Saleh ha diffuso un video in cui ammette che l’offensiva talebana «è davvero pesante», ma loro sono in grado di respingerla. Nessuna fuga in Tagikistan nessun gesto vigliacco. «Noi non ci fermeremo. Lotteremo. Ieri ho partecipato ai funerali di alcuni miei soldati. Non credete alla propaganda dei talebani e dei media pachistani. Noi continuiamo a combattere», aggiunge.
La resistenza si fa forte della geografia, della storia e della voglia di riscatto. Ma, dalla loro parte, i talebani hanno il morale alle stelle, il meglio delle armi americane catturate all’esercito nazionale in rotta e soprattutto la convinzione profonda che il loro assedio alla fine è destinato a trionfare. Sono ore drammatiche per il fronte di unità armate, in maggioranza tagike, che oppongono un muro di fuoco all’offensiva nemica dalle loro postazioni tutto attorno alla vallata. Negli ultimi mesi hanno avuto il tempo di organizzarsi. Più i talebani avanzavano veloci e più Massoud, assieme ai vecchi comandanti fedeli al padre e una parte delle unità dell’esercito nazionale, si era preparato a fortificare l’ultima ridotta. Da secoli i 100 chilometri di gole strette circondate da montagne ripide che superano i 4.000 metri di quota sono stati bastioni imprendibili. Massoud padre seppe resistere ai sovietici per ben oltre un decennio prima del loro ritiro nel 1990 e poi al potere talebano dal 1994 al 2001. Ma da martedì i talebani avevano attaccato su quattro direttive. Due giorni fa, avanzando dal Badakhshan, avevano superato i 4.400 metri del passo di Anjaman per attestarsi alla cittadina di Parian. Altre colonne premevano da Gulbaghar nel sud e da ovest presso la località di Arebeshan. La propaganda panshira ancora giovedì parlava di 400 talebani morti e oltre 500 catturati.