La Stampa, 4 settembre 2021
Intervista a Gentiloni
«La reputazione dell’Italia ora è alta, dopo una sbandata». Il commissario europeo all’Economia alla Festa nazionale dell’Unità di Bologna dialoga con il direttore de La Stampa Massimo Giannini ed elogia il lavoro di Draghi su vaccini, Green Pass, riforme. Ma l’ex premier manda un messaggio sui fondi europei: «Non si pensi che tanto ormai i soldi sono arrivati. Bisogna fare le riforme e rispettare i tempi».
Commissario Gentiloni, ha ragione Draghi a voler estendere l’utilizzo del Green Pass?
«Sì. Il Green Pass è un’idea europea che funziona bene, e la stragrande maggioranza dei cittadini è contenta di usarla. Per estenderlo ai luoghi di lavoro è necessario coordinarsi, ma alla fine bisogna decidere».
Se lei fosse ancora il presidente del Consiglio introdurrebbe l’obbligo vaccinale?
«Mi consulterei con la comunità scientifica, ma in linea di principio non sono affatto contrario. Il mio governo lo fece per la scuola, nonostante le polemiche».
Cosa dice a chi parla di dittatura sanitaria?
«I dubbi sono leciti, ma il confine della libertà è in quella degli altri. Minacciare la salute degli altri è prepotenza».
È soddisfatto di come l’Europa sta gestendo questa fase?
«A febbraio eravamo in ritardo e si disse: “L’Europa batte la fiacca”. Oggi i cittadini dell’Ue sono i più vaccinati al mondo e pensate cosa sarebbe successo se non fosse stata la Commissione ad acquistare le dosi. Ogni Paese sarebbe andato per conto suo, alimentando il mercato nero. Sono state distribuite 650 milioni di dosi e ne sono state esportate agli altri Paesi 610 milioni. È stata una meravigliosa sorpresa».
In questi giorni è emersa una deriva violenta del mondo No vax. C’è margine per convincere e dialogare?
«Per chi usa la violenza c’è la legge. C’è una fascia di pubblico che può avere dei dubbi. Qui bisogna lavorare per convincere. La cosa fondamentale, però, è non dare diritto di cittadinanza politica ai no vax e non sta succedendo».
Eppure si sta costituendo un movimento “Ni vax”, né favorevole né contrario al vaccino, che vede sulla stessa frequenza Lega e Cinque Stelle. C’è un pericolo di questo tipo?
«Io ho sentito la chiarezza di Draghi e Speranza ed è quello che conta, visto che quei partiti sostengono il governo».
Ma la Lega ha votato contro il Green Pass in parlamento. Questo può destabilizzare il governo?
«Non entro in quello che succede nel parlamento italiano, ma il governo è stabile e dà messaggi chiari».
Abbiamo incassato la prima rata del Next generation Eu, il ritmo delle riforme è troppo lento?
«Siamo all’inizio di una storia. I soldi arrivati finora sono quelli erogati all’approvazione dei piani. Ci sono centinaia di obiettivi da raggiungere con delle date. Le prossime erogazioni sono legate al raggiungimento di questi obiettivi. I prossimi 25 miliardi l’Italia li chiederà a dicembre e la Commissione valuterà i 51 obiettivi. Io sono ottimista, il presidente del Consiglio è consapevole di queste priorità. Rendiamoci conto che a Bruxelles questa viene vista come una sfida grandissima, sono un’enormità di soldi. Io firmo gli accordi di finanziamento dei Paesi: noi abbiamo dato fin qui 48 miliardi a 10 Paesi, 25 sono andati all’Italia. Possiamo immaginare che tipo di responsabilità abbiamo davanti. Dobbiamo occuparci molto delle riforme e degli investimenti».
Cosa dobbiamo fare con il Reddito di cittadinanza: mantenerlo, modificarlo, abolirlo con un referendum?
«Lo decideranno le forze politiche. Misure di contrasto alla povertà ci sono nella stragrande maggioranza dei Paesi europei e sono necessarie. Poi vanno tarate rispetto ai quattrini di cui si dispone. Il mio governo introdusse il Reddito di inclusione, e giustamente fu detto che era sottofinanziato. Dire che un grande Paese come l’Italia possa fare a meno di misure contro la povertà sarebbe un errore micidiale».
Dal punto di vista della Commissione, quali sono le riforme da fare con più urgenza?
«L’Italia si è impegnata a presentare prima della fine dell’anno la legge sulla concorrenza, quella sulla giustizia civile, la legge delega per la riforma fiscale e l’intervento sul diritto fallimentare. Sono cose impegnative, visti i tempi. Sono ottimista, ma serve una consapevolezza maggiore. Qualcuno forse pensa: i soldi già li abbiamo ottenuti. Invece, no, i soldi arrivano ogni sei mesi al raggiungimento di alcuni obiettivi. E menomale: perché ne abbiamo bisogno di questi investimenti».
Come vede il Pd guidato da Enrico Letta?
«Per prima cosa noi dobbiamo ringraziare e sostenere il lavoro di Enrico. Nel Pd anche le cose banali come questa sembrano strane. Chi guida il partito va tenuto a riparo dal fuoco amico che troppo spesso abbiamo visto in questi anni contro i leader. Io sono d’accordo con Zingaretti quando ricorda che se questo Paese ha evitato rischi di scivolamenti populisti lo si deve anche al Pd. Dobbiamo essere orgogliosi».
Siamo a Bologna, qui e in altre grandi città si vota fra un mese. Come andrà?
«Non faccio pronostici. E non posso troppo occuparmi di campagna elettorale. Anche se cercherò di dare una mano nella mia città, perché l’esito di Roma è importante».
È giusta l’alleanza con Conte?
«Non spetta a me dirlo. Certamente un campo di centrosinistra va riorganizzato e mi auguro si possa fare collaborando anche con un’evoluzione del M5S».
Lei è stato ministro degli Esteri, come giudica la vicenda afghana?
«È stato un disastro che si poteva evitare. La fine di questa storia segnerà forse uno spartiacque nella reputazione, nella forza e nel prestigio dell’Occidente e interroga l’Unione europea. Questo fallimento però non ci deve portare a un’abiura delle ragioni originarie di quella missione, che voleva combattere il terrorismo».
Sui profughi, alcuni Paesi europei hanno da subito alzato le barriere.
«I flussi arriveranno, non c’è dubbio. O ci organizziamo in modo ragionevole, o lo faranno i trafficanti».
L’Ue è in grado di garantire un’accoglienza “ragionevole”?
«A livello europeo non mi faccio molte illusioni. C’è sempre qualcuno che alza la mano e blocca tutto in nome dell’unanimità. Questo però non può diventare un alibi. Non ci nascondiamo dietro a Viktor Orban. Cerchiamo di lavorare perché un’accoglienza legale, realistica, sia possibile».
Giusto dialogare con i taleban?
«Nessuno parla di riconoscimento. Per salvare i civili si tratta anche con il diavolo. Ma questo non può in alcun modo giustificare dei ragionamenti politico-culturali, perché togliamoci dalla testa che questi siano dei talebani buoni».
Il progetto della Difesa europea è finalmente concreto?
«Non ci può essere un gigante economico che non abbia un peso geopolitico. Così ci condanniamo all’irrilevanza. Una montagna non può partorire solo delle slide. Sulla Difesa europea c’è un’opportunità, anche i Paesi storicamente riluttanti oggi sono disposti a discuterne. Mi auguro che una proposta arrivi presto dalla Commissione europea».—