La Stampa, 4 settembre 2021
Spezzare una lancetta
Adoro i social perché sono la trama quotidiana della stoffa del paese. Da un paio di giorni, per esempio, forse venuti a noia gli afghani e scesi allo stomaco i no vax, la moltitudine ha indirizzato la brama di giustizia su un giovanissimo candidato renziano ritratto col Rolex. Poi non era nemmeno un Rolex ma non importa, il Rolex ormai è una categoria della politica. E infatti non sono rimasto incantato dalla quantità di giudici autoincaricati di sentenziare su un solo imputato – quella del tutti contro uno è una solida tradizione – ma dai motivi della condanna: come potrà un politico così culo nel burro da essere equipaggiato di Rolex comprendere le prostrazioni del popolo indigente? Bellissima domanda. Fidel Castro il Rolex l’aveva e di popolo ci capiva o no? Boh. Anche Che Guevara aveva il Rolex, e ci capiva? Mah. Un altro con il Rolex era John F. Kennedy, e non so se avesse il bernoccolo del popolo. Il Dalai Lama di Rolex ne possiede un paio, in una collezione di una quindicina di orologi di lusso, e quanto sia ferrato in fatto di popolo è da appurare. Un altro col Rolex era Barack Obama, addirittura un Cellini, roba da oltre diecimila euro, e chissà in che rapporti era col popolo. Ah, stavo dimenticando il gigantesco Martin Luther King, uno che il popolo lo condusse in piazza a Washington – centinaia di migliaia di neri in piazza a sentire «I have a dream» – e portava un Rolex, l’incompetente. Era un Datejust d’oro, molto simile al Datejust d’oro di un dilettante di pari grado: Giovanni Paolo II. E del resto uno come Salvini, che del popolo sente anche l’odore, l’orologio nemmeno lo indossa.