Corriere della Sera, 3 settembre 2021
Gli afghani adorano il cricket
Nel 1840, quando arrivarono a Kabul, gli inglesi tentarono di convincere gli afghani che il cricket non era così male, ma il tentativo, esattamente come la loro invasione, si rivelò un fallimento. Da allora, mentre indiani e pachistani si innamora-vano perdutamente del gioco, gli afghani, tra una guerra e l’altra, restavano fedeli al buzkashi, una specie di polo molto più truculento, con la carcassa di una capra al posto della palla. Fino a una ventina d’anni fa, quando migliaia di afghani dovettero fuggire nei campi profughi in Pakistan e lì, in quei campi, cambiò tutto. Da 20 anni il cricket afghano cresce a un ritmo superiore a quello del pil cinese dei Novanta. Oggi produce grandi giocatori e la sua nazionale, oltre ad aver conquistato nel 2017 il Full Test status (lo hanno solo 12 Paesi), fa stabilmente parte delle migliori 10 del mondo. Tutto questo si pensava potesse essere cancellato dai talebani, che non hanno mai amato lo sport – figuriamoci uno sport nato in Occidente – e in passato riservavano gli stadi, una volta vietate le partite, alle esecuzioni pubbliche. Ma fatti un po’ di conti e considerato che il cricket ha conquistato più o meno tutti gli afghani (e quindi molti talebani) hanno deciso che il gioco con il bastone piatto e i wicket non ha nulla di immorale e si può serenamente praticare. Lo ha annunciato ieri Hamid Shinwari, ad della federa-zione confermando la partecipazione dell’Afgha-nistan al mondiale T20 negli Emirati tra ottobre e novembre e poi la prima tournée in Australia. Una delle poche buone notizie degli ultimi giorni, che magari non avrà fatto un gran piacere agli indiani. Loro, infatti, avevano già fatto qualche progetto su Rashid Khan, il miglior giocatore afghano, al quale avrebbero dato volentieri un passaporto.