La Stampa, 3 settembre 2021
Vita da cani
Vita da caniHo compreso il significato dell’espressione vita dai cani, nella sua profonda essenza, soltanto dopo che abbiamo adottato Fix. È un bastardino dall’età e dalle origini oscure e, come tutti i cani della contemporaneità, non fa nulla da mattina a sera. Sonnecchia, saltella e abbaia se suonano al citofono, tollera i gatti con grande senso di responsabilità, o piuttosto con la rassegnazione dell’assenza di alternative, e convive noncurante con una serie di irrisolvibili malanni (dice un mio amico che è un assemblaggio di pezzi di scarto). La vita da cani di Fix trova sublimazione durante le tre passeggiate quotidiane, affrontate immancabilmente con l’enfasi della prima volta. Fix parte a muso spianato e non c’è angolo, pertugio, anfratto in cui non incarichi il naso di scovare tracce di recenti passaggi canini, che poi copre gongolante con una spruzzatina di pipì. Poiché i percorsi sono grossomodo gli stessi, Fix indirizza agli stessi punti la stessa spruzzatina di pipì, ogni giorno, con fiducia incrollabile. Non ho mai visto una dedizione simile a un’impresa evidentemente ed eternamente incompiuta: mi immagino l’altro cane che subito dopo, con tronfia aria di rivincita, passa dove è passato Fix, annusa dove ha annusato Fix, spruzza dove ha spruzzato Fix. Di modo che poi Fix debba ricominciare da capo, e di modo che da capo si ritrovi poi l’altro cane. C’è un’ineluttabilità spettacolare in questa inesausta e febbrile rincorsa dell’inutile, per cui, precisato che Fix perlomeno è un cane adorabile, quando spruzza mi ricorda Salvini che polemizza, e l’altro cane mi ricorda Letta che gli risponde.