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 2021  settembre 02 Giovedì calendario

Una specie di albero su tre rischia l’estinzione

Anche il mondo vegetale, alla base della vita sul pianeta, è al collasso: da un terzo alla metà delle specie arboree mondiali rischia l’estinzione in natura, dice un drammatico report del celebre Royal Botanic Kew Gardens di Londra, tempio della botanica e della ricerca internazionale. E lancia un appello per un’azione urgente, che inverta il declino.
Lo studio si intitola «State of the World’s Trees»: secondo i ricercatori almeno il 30% delle 60.000 specie di alberi conosciute rischia di scomparire (il doppio del numero di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili minacciati messi insieme); 142 specie sono già scomparse allo stato selvatico mentre 442 sono sull’orlo dell’estinzione, con meno di 50 alberi rimasti.
Il Madagascar conta il numero di specie arboree più minacciate (sono 1.842), il Brasile è al secondo posto con 1.788 specie, tra le quali il mogano a foglia grande, il palissandro e l’eugenia, sempreverde che appartiene alla famiglia delle Myrtaceae. In Cina, la sesta nazione più ricca di biodiversità al mondo, magnolia, camelia e acero sono tra le 890 specie a rischio. Particolarmente colpiti gli Stati insulari tropicali, il Borneo ad esempio, e le specie come l’ebano e il palissandro; il "genocidio" dei grandi alberi tropicali del genere dipterocarpus sta avvenendo a causa dell’espansione delle piantagioni di olio di palma; anche in Europa, relativamente povera in termini di diversità naturale, si è registrato un preoccupante calo di una specie antica e anche un po’ "magica" come il sorbo.
Le cause del disastro - le piante rappresentano la spina dorsale dell’ecosistema naturale - sono l’agricoltura industriale e intensiva, il disboscamento (legato anche all’allevamento e all’eccessivo consumo di carne, ovvero all’estensione dei pascoli), il cambiamento climatico con i suoi fenomeni metereologici estremi - l’alternanza di siccità e inondazioni sotto gli occhi di tutti, che provocano migliaia di vittime e giganteschi danni economici - e la ricerca di materie prime, sette delle quali (soia, cacao, gomma ad esempio), determinano più della metà della deforestazione mondiale.
I rimedi? Occorre preservare le foreste esistenti, dicono gli esperti, e ampliare le aree protette (attualmente almeno il 64% di tutte le specie arboree si trova in almeno un’area protetta). Occorre mantenere le specie minacciate negli orti botanici o nelle banche di semi, nella speranza che un giorno possano essere restituite allo stato selvatico. Attualmente circa il 30% di tutti gli alberi viene sottoposto a questa specie di backup: i Kew Gardens, orto botanico della città di Londra, sono anche una Banca dei semi preziosissima - è il Millennium Seed Bank Project - a tutela della biodiversità. Si estendono per 130 ettari sulla riva sud del Tamigi con giardini, serre, musei e monumenti, ospitano oltre 40 mila specie e varietà di piante provenienti da ogni parte del mondo, replicano con sofisticate tecnologie i climi che ne consentono la sopravvivenza. Altrettanto importante, sottolineano i ricercatori, è aumentare i fondi per la conservazione degli alberi ed educare e fornire l’adeguato know-how agli Stati più affinché i programmi di riforestazione siano condotti scientificamente: l’albero giusto al posto giusto, comprese le specie rare e minacciate.
Se il declino vegetale proseguirà, gli effetti a catena saranno devastanti anche per gli umani. Gli alberi sono "banche" di carbonio e produttrici di ossigeno, forniscono medicinali (anche contro virus come il Covid), garantiscono cibo e ombra, nelle metropoli sono barriera contro le polveri e l’inquinamento acustico. Senza contare il valore culturale, simbolico e spirituale. Sono i pilastri di un ecosistema sano, insomma. Senza di loro, insetti, uccelli e mammiferi non potrebbero sopravvivere.
Da un numero ridottissimo di specie vegetali deriva il nostro approvvigionamento alimentare, la metà della popolazione mondiale dipende da riso, mais e grano; solo 15 piante forniscono il 90% di tutte le calorie. Ma di piante commestibili esistono oltre 7.000 specie - è una buona notizia - e in futuro potremmo utilizzarle: sono in gran parte nutrienti, robuste, a basso rischio di estinzione. Peccato che vengano storicamente usate come cibo solo a livello locale, che solo il 6% venga coltivato in modo significativo. Utilizzare questo paniere di risorse per rendere i sistemi di produzione alimentare più diversificati e resilienti al cambiamento è un dovere morale, dicono gli studiosi.
Il futuro - con una popolazione mondiale che entro il 2050 toccherà i 10 miliardi, della bomba demografica non si parla abbastanza - è lì, nelle piante.