La Stampa, 2 settembre 2021
Profughi merce di scambio
I profughi ormai si vendono e si comprano, a schiere, a popoli, riempiono il “Pil” di qualcuno e svuotano le cattive coscienze di altri. C’è una nuova voce nel Mercato globale del terzo millennio, una nuova merce redditizia: i fuggiaschi, li ripudiamo in massa e paghiamo chi li prende e li tiene lontani ammucchiandoli in magazzini inospitali, affidati a guardiani crudeli. La politica estera dell’Unione esiste, eccome!
Sembravano una triste eccezione i siriani del “modello turco’’: dati in appalto dall’Unione europea all’antipatico ma provvidenziale sultano Erdogan in cambio di un mucchio di miliardi perché non avanzassero oltre l’Anatolia verso le frontiere europee. Il modello libico, ovvero i migranti africani consegnati in cambio di denaro a bande di assassini e predoni di Tripoli non appartiene al settore dell’economia ma a quello più esplicito del crimine di stato, purtroppo finora impunito. Invece l’esperienza turca si replica e diventa universale, meccanica fatale di una vertiginosa caduta morale a cui tutti i governi dell’Unione appongono la firma. La distinzione è solo nel livello di ipocrisia di chi continua a autodefinirsi illuminato e illuminista. Baratto funesto, scambio da malaffare che fa progredire la decadenza del continente: reso lecito dal nostro vantaggio immediato. Siamo malati del male che cerchiamo di cancellare con tanto ardore.
Ci sono gli afghani da sistemare, dopo quelli di prima scelta dell’aeroporto di Kabul ormai sbarrato, altri oppressi a migliaia, sgradevoli, petulanti, noiosi, insignificanti, l’aria di sospetto e di incerto destino, che la paura spinge da dietro come una brama oscura e irrazionale, alle frontiere di Pakistan e Iran.
L’Europa non fa neppure più finta di scegliere, di stabilire almeno una graduatoria del bisogno. Facciamo degli orditi di ragione, giustizia che continuamente si strappano. A Bruxelles ormai si muovono nella menzogna con naturalezza. Un talento che viene con l’abitudine.
Allora fino a ieri volevamo sapere anche le virgole dei patimenti afghani, adesso in quanto trasformati in numero e massa, cioè in migranti, diventano enigmatici: che importa cosa pensino e possano raccontare uno ad uno? Meglio rivolgersi al Pakistan e all’Iran. Quanto costa il disturbo di prenderli? Potreste per favore farli vivere sottoterra come labili formiche?
Noi europei produciamo uomini deformati, che le avventure della vita e della Storia hanno peggiorato e esaltato fuori dalle comuni leggi. Afghani africani siriani: nessun scoglio, un appiglio emerge, tutti nuotano al di sotto della nostra coscienza collettiva. Nascosti nei fragili accampamenti oltre confini diventati invalicabili bisognerà frugare per cercarli. È quello che vogliamo in fondo: non vederli.
A voler risalire nella Storia il pioniere che intuì che i migranti, oggetti vulnerabili, senza di vie di scampo e senza aiuto, possono rendere più delle materie prime fu Mobutu, cleptocrate congolese. Conosceva l’egoismo della nostra infallibile felicità. Imbastì sui fuggiaschi dalle disgrazie immense dei paesi vicini un lucroso mercanteggiamento: li tengo con me, ma pagatemi. I suoi clienti allora erano le Nazioni Unite e le organizzazioni della carità internazionale, patteggiatori pronti a tutto per evitare la disgrazia amministrativa di una catastrofe umanitaria. Mobutu arrotondò i suoi conti monumentali in Francia e in Svizzera, i rifugiati brulicarono e ristagnarono nel fango delle foreste del Kivu. Se qualcuno gli ricordava ingiustizie e corruzione il Grande Leopardo estraeva la minaccia di cacciare i profughi. Immediato calava il silenzio.
L’Europa va oltre l’esempio tracciato da Mobutu; tratta il contratto con i despoti disponibili da pari a pari, accetta prezzi e scadenze, sorvola sul futuro trattamento degli ospiti. È un appalto a cui tutti possono partecipare: anche l’Iran degli ayatollah invaghiti della atomica e sostenitori di Bashar Assad. E il Pakistan che ha inventato i taleban. Affare fatto. Come un rivolo scivolando su una terra di meandri, acquitrinosa, si mescola alle acque ferme e si arresta, così i migranti si impaluderanno.
Ecco nascere dal nulla nuove miniere umane con il loro fardello già pronto di pazienza e di sicura consapevolezza del dolore. Sanno tacere, quelli, con la corazza di impenetrabilità del fuggiasco, sdegnosa di conforti che sa impossibili in un mondo desolato.
La faranno rendere questa miniera gli appaltatori di popoli in rotta. A Teheran ragionano che è una formidabile arma di ricatto, molto più potente e meno costosa di una bomba atomica.