Antonella, si è finalmente riposata?
«Riposarsi? Ma quando sto tre ore sul lettino del mare che altro devo fare?
Quanto mi devo annoiare? In Sardegna guidavo i miei amici su 50 chilometri di saliscendi, non sono in grado di fermarmi».
Anche se di tempo prima della prossima stagione ce n’è.
«Nel 2022 ci sono Mondiali ed Europei, perché non provare a fare un triplete con le Olimpiadi?».
Pensieri, attimi, cosa le viene in mente quando rivive Sapporo?
«Intanto il tempo che ci ho messo, imprecando, per sistemare il fiore di mamma, che era pesantissimo e pendeva sempre da una parte. In genere mi servono quaranta minuti per raccogliere la mia chioma. Poi, in gara, nella mia testa visualizzavo il percorso. Quand’ero ormai prima, ho pensato per un attimo di tornare a raccogliere il tricolore che portavo al collo e mi era caduto, ma ho lasciato perdere».
Incredibile come le è cambiata la vita da quando ha incontrato il tecnico delle Fiamme Gialle Patrick Parcesepe.
«Non volevo essere la ragazza del paesino, ho voluto io lasciare Mottola, dove il mio primo allenatore Tommaso Gentile raccontava di Abdon Pamich e Maurizio Damilano.
I risultati non arrivavano più. A Roma è cambiato tutto. Patrick mi portava sulla spiaggia di Ostia ad allenarmi a piedi nudi sulla sabbia. Poi all’Eur, sulle scalinate del "Colosseo quadrato" (il Palazzo della Civiltà Italiana, ndr ), su e giù mille volte.
Eppoi volevo conoscere il mondo, la gente, nuove culture, perché rimanere a casa dove mio padre mi criticava sempre?».
Rappresentante di tessuti, muratore, pilota di motocross: ma suo padre Carmine cosa fa veramente nella vita?
«Tutto questo, e altro: ha fatto anche il ristoratore. Lui è così, gli piace vivere alla giornata, adesso è in un cantiere. Mi ha sempre ostacolato e criticato, e io ho voluto sempre contrastarlo, mi ha fatto diventare testarda. Quando vincevo, aveva qualcosa da notare ogni volta, la partenza o il finale che non andava mai bene. Mi ha stimolato, spingendomi a non rimanere a casa.
Dopo l’oro gli ho fatto: "Prova a dirmi qualcosa". Non mi ha detto niente. Il suo silenzio è stata la mia vittoria". Una conflittualità che si ritrova nel suo rapporto con Massimo Stano, anche lui pugliese d’oro a Tokyo.
«Io sono competitiva, anche lui mi stuzzicava dicendo "sei scarsa". Voglio sempre battere gli uomini. Con altri azzurri ci sono riuscita. Con lui no, è troppo forte».
L’ha chiamata Checco Zalone per complimentarsi?
«No, sono delusa, mi aspettavo un suo messaggio. Mi sono messa anche in posa sui social imitando certe scene dei suoi film che mi fanno impazzire. Per dire, al mare indicando un panfilo con l’elicottero sopra, "quella è la felicità". Purtroppo mi ha chiamato il mio compaesano Nicola Legrottaglie».
Come purtroppo?
«No, per carità, è gentilissimo, persona adorabile e lo ringrazio. Ma mi ha chiamato quando stavo nel negozio di mia zia Elisabetta, parrucchiera, dove da piccola sognavo di fare il suo stesso lavoro. Il problema è che zia ogni volta taglia troppo i capelli. Da una parte volevo urlare per fermarla, facendo una figuraccia con Legrottaglie, dall’altra volevo stare zitta ascoltando le sue parole gentili. Ha vinto mia zia».
Sua mamma ha confezionato quel fiore di Tokyo.
«Lei ha uno spirito creativo, anche se ha bisogno dei suoi tempi: l’abito da sposa l’ha finito alle 5 di mattina del giorno delle nozze, a un certo punto ho pensato che non l’avrei mai indossato. Ora confeziona gioielli, ha una pagina Instagram ma non sa gestirla».
Quale è stato il suo idolo nel mondo della marcia?
«Triste a dirsi, la russa Olga Kaniskina, poi squalificata per doping. Ma aveva uno stile così bello, un’armonia, e il volto non era mai sofferente. Volevo essere come lei, sono rimasta così delusa e mi sono detta: prendi il lato positivo di quel che rappresentava per te».
Il doping si è abbattuto sulla marcia, l’Italia ha vissuto il calvario di Schwazer.
«Lui per me è finito a Londra 2012».
Con la prima squalifica? E l’archiviazione del Gip di Bolzano che ritiene credibile l’alterazione dei campioni di urina?
«Non mi interessa, è tempo di andare oltre, questa Olimpiade è stata mia e di Massimo Stano. Finalmente c’è uno sport pulito, medaglie pulite. Io firmo una carta etica, e la devo rispettare. Da un punto di vista umano posso perdonare, da un punto di vista sportivo no».
Che cos’è la marcia per lei?
«Sentirmi in armonia col corpo, coi miei pensieri, con la natura. Dedicare tempo ai miei tempi, perché viviamo troppo accelerati, si dice "cogli l’attimo", ma ormai è impossibile.
Tutte queste sensazioni le ritrovo quando mi alleno nella pineta di Ostia. Quando andò a fuoco, è come se mi avessero tolto la vita».
Cosa vede nel suo futuro?
«Un progetto tipo "In marcia con Antonella" in cui spiegare ai ragazzi i benefici di questo stile di vita, più che disciplina sportiva. Poi, dopo il ritiro, voglio allenare i bambini, quindi mi prenderò la sezione delle Fiamme Gialle affidata a mio marito, e lui lo mandiamo a guidare i senior…».