ItaliaOggi, 2 settembre 2021
Afghanistan,, vent’anni d’America
Grazie America!
Hai tenuto per 20 anni le posizioni afghane, difficili dai punti di vista orografico e umano. La Russia, l’Urss dei tempi d’oro combatté per 9 anni e 2 mesi (dicembre 1979-febbraio 1989), prima di uscire sconfitta, sonoramente sconfitta da talebani e mujaheddin (letteralmente «patrioti»), ancorché sostanziosamente aiutati dagli Usa.
Se riflettiamo a mente serena su quanto accaduto negli ultimi 10 anni, da Barack Obama in poi, dobbiamo registrare una serie di clamorosi errori, aperti dal discorso del presidente Usa all’università Al-Azhar del Cairo (6 giugno 2009) con cui annunciò il verbo riformista e democratico («Io sono qui oggi per cercare di dare il via a un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani di tutto il mondo; l’inizio di un rapporto che si basi sull’interesse reciproco e sul mutuo rispetto; un rapporto che si basi su una verità precisa, ovvero che America e Islam non si escludono a vicenda, non devono necessariamente essere in competizione tra loro. Al contrario, America e Islam si sovrappongono, condividono medesimi principi e ideali, il senso di giustizia e di progresso, la tolleranza e la dignità dell’uomo»), illudendosi di fare di Egitto, Libia e Siria nazioni all’occidentale, nelle quali lo stato di diritto, la parità uomo-donna e le libertà fossero praticati e rispettati come lo sono sotto la Torre Eiffel o la London Tower.
Da qui, sono discesi tutti gli eventi drammatici che abbiamo osservato in Libia e in Siria, sino al momento in cui l’amministrazione Trump ha deciso il disimpegno.
Certo, una svolta epocale, inattesa, ma che metteva in rilievo l’assenza dell’Europa, incapace di cooperare a una politica di tutela degli interessi occidentali e, quindi, a esprimere capacità belliche all’altezza. Usi a giovarci dell’ombrello americano, rappresentato dalla potenza militare Usa, dalla sua arma atomica e delle truppe stanziate in Germania, abbiamo dedicato modeste frazioni di Pil alle esigenze della difesa e siamo vissuti beati e incoscienti alle spalle del grande alleato, almeno in materia di sicurezza internazionale.
Il crollo dell’Urss, esito vittorioso per l’America della guerra fredda e della politica di riarmo anni ’80 (i missili Cruise e le cosiddette «guerre stellari») hanno addirittura indotto in Europa un erroneo senso di scampato pericolo e di sicurezza, presto smentito dalla realtà del terrorismo, dalla politica iraniana e dal prepotente emergere della Cina, con la quale abbiamo tutti flirtato, anteponendo gli affari personali agli interessi generali.
Un disimpegno, quello di Donald Trump, che riguardava anche l’Afghanistan e che cancellava la politica Usa dal 1944 in poi, quando Roosevelt e Truman e, subito dopo, il repubblicano Eisenhower intesero realizzare una rete di alleanze destinata a circoscrivere il pericolo sovietico anche sul piano territoriale, oltre che con la deterrenza atomica.
Oggi, a bocce ferme, ad Afghanistan abbandonato dobbiamo comprendere come la situazione attuale sia stata la conseguenza di decisioni degli ultimi anni che, correttamente Joe Biden non ha cancellato. Certo, la gestione del passaggio di poteri è stata criticabile, ma a consuntivo occorre ammettere che i talebani, questa congerie di forze islamiste che ha combattuto 20 anni contro l’America e contro di noi, hanno rispettato gli accordi di Doha permettendo che l’uscita non subisse quella torsione tragica che temevamo.
Il caos dei giorni di agosto era un caos afghano di popolo atterrito dal ritorno al Medio Evo promesso dagli studenti islamici e dai loro amici terroristi (non possiamo dimenticare i legami tra le due forze e l’obiettivo comune: battere gli infedeli). Ciò che rimane a Kabul e nel paese è un vastissimo mondo che ha conosciuto le libertà occidentali, compresa una certa emancipazione femminile, un mondo che non è disposto ad accettare il cambiamento talebano, il suo rigore il suo anacronismo.
Ed è un errore tattico e strategico il sostegno promesso dagli europei agli afghani che vogliono abbandonare la loro nazione. Gli afghani devono rimanere là dove hanno la possibilità concreta di contestare e ostacolare il potere talebano, a prescindere da Ahmad Massoud, figlio del «Leone del Panjshir», Ahmad Sh Massoud, assassinato proprio dai talebani, e dai signori della guerra che sono ancora nei loro feudi.
Perciò, «Grazie America» per ciò che hai fatto dal dopoguerra a oggi e grazie per i 20 anni in Afghanistan in cui hai combattuto per noi tutti (lo sforzo militare è stato quasi del tutto americano e noi italiani ci siamo illusi per una politica di soccorso umanitario che non ci ha risparmiato morti e feriti), tenendo abbastanza lontano il terrorismo islamico.
Noi europei, dal canto nostro, dobbiamo prendere atto della scelta semi-isolazionista americana (che rende più possibile la guerra, purtroppo) e affrontare le nostre responsabilità che sono militari e diplomatiche, un’endiadi oggi più che mai indissolubile. Sarà difficile ottenerlo, ma è necessario.