Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  agosto 31 Martedì calendario

Intervista a Francesco Gabbani

Francesco Gabbani è uno da montagna. Casa e studio sono a due passi dai sentieri delle Alpi Apuane e appena può prende il cane per un giro nel verde. Anche le vacanze sono più spesso in quota che sul livello del mare. E sulle vette della Alta Badia è ambientata parte del video di «La rete», singolo che esce venerdì e anticipa il nuovo album. 
Non si fanno tormentoni sulla montagna. Invece che sabbia e mojito, alpeggio e grappa non funzionerebbe? 
«Prima o poi lo farò… (ride, ndr.). Ci ho sempre pensato, ma la montagna non mi evoca un sottofondo musicale da tormentone… mi porta verso altre dimensioni». 
Oltre alla nuova canzone debutterà al cinema in «La donna per me» di Martani con Andrea Arcangeli e Alessandra Mastronardi. Il baffo alla Clark Gable funziona? 
«È una commedia esistenziale-romantica in cui sono l’amico musicista di Andrea che si sta per sposare. Fare l’attore è un lavoro serio e diverso dal girare un videoclip dove ti comporti in maniera spontanea. Nel cinema devi capire cosa vuole trasmettere il regista, mentre nella musica sei tu che scegli il calore comunicativo di una canzone. Mi si vedrà con un aspetto diverso: baffo lungo e pizzetto. Siccome abbiamo girato in concomitanza con Sanremo dove ero ospite di Ornella Vanoni è tutto trucco: colla, capelli veri e crine di cavallo. Ho anche scritto una canzone per il film, un brano intimista». 
Gabbani e il cinema? 
«Amo Woody Allen per la sagacia, il mondo di Tarantino e la follia e le simmetrie di Wes Anderson. Ma se fossi un regista vorrei fare un nuovo Forrest Gump». 
La nuova canzone racconta di paure, abissi e trappole… 
«Sono quelle condizioni mentali che ci intrappolano, una rete in cui ci mettiamo inconsapevolmente. La frase “il pescatore sei te” è la consapevolezza dello scoprire che la causa del problema siamo noi. A posteriori, lavorandoci, si arriva a capire che è colpa nostra, che siamo noi ad autocrearle queste reti». 
La sua? 
«La percezione distorta dell’equilibrio personale. Dipende dai meccanismi di espressione e comunicazione di sé del digitale e dei social. Sembra che la soddisfazione personale debba passare dal feedback della comunità online. Anche quando siamo sinceri, sui social siamo dei saltimbanchi di noi stessi. E credo che da lì venga il senso di insoddisfazione che vedo in molti, me compreso». 
«Occidentali’s Karma» è stata una rete? 
«La rete è stata la scimmia. Ne sono uscito capendo che ero io ad averla scelta anche se poi è stata distorta. Faccio mea culpa, ma non rinnego una canzone che, nonostante l’abbia cantata centinaia di volte, non mi ha stancato». 
La pandemia, è stata una rete? 
«Non in quel senso, non l’abbiamo cercata. Al limite lo è stato il modo in cui qualcuno l’ha vissuta per l’allarmismo e la paura». 
Il vaccino le fa paura? 
«Mi sono vaccinato perché non credo negli slanci complottisti. Vaccinarsi è un segnale di civiltà. Non possiamo più permetterci di andare a intermittenza come in questi due anni». 
La musica dal vivo si è quasi spenta… Salmo ha fatto un concerto senza distanziamento per criticare le norme. Giusto o sbagliato? 
«Premetto che lo stimo come artista, è stato anche ospite nel mio video di “Pachidermi e Pappagalli”. Una cosa del genere sta nel suo modo di essere e nel suo linguaggio, ma è stata una mancanza di rispetto delle regole. Allora siamo tutti fessi noi che le abbiamo rispettate? Non giudico l’atto, ma non lo avrei fatto». 
A luglio il suo concerto all’Arena di Verona aveva distanziamento e mascherine. Il giorno dopo si è operato alle corde vocali. Come va? 
«Quella sera sul palco ogni tanto mi veniva paura. Non tanto di perdere la voce, i medici mi avevano tranquillizzato spiegandomi che era un intervento semplice per un edema da sforzo, ma perché era la mia prima anestesia totale. Sono dovuto restare quasi muto, potevo solo sussurrare, per 5 giorni. All’inizio ho usato un taccuino appeso al collo per scrivere un paio di messaggi. Giulia, la mia compagna, ha chiesto ai medici se non si poteva allungare il periodo… (ride, ndr.). Nel recupero che sto facendo con una vocal coach ho ritrovato delle frequenze, soprattutto nei falsetti, che avevo perso».