Corriere della Sera, 31 agosto 2021
Michele Emiliano elogia Salvini
Michele Emiliano pare inseguito da un velenoso stereotipo morettiano: mi si nota di più se infiammo i territori come Masaniello o se abbraccio i nemici (del Pd) come San Francesco? Lui scuote il testone da lottatore di sumo e preferisce attribuirsi invece una certa capacità di preconizzare i cambiamenti: «In politica l’immobilità non esiste», sospira il governatore pugliese.
Diciamola secca: lei s’è fatto salviniano?
«Assolutamente no, sono un convinto sostenitore di Draghi».
Ma il suo elogio a Salvini da Ceglie Messapica, «apprezzo il tuo sforzo per trovare una visione del Paese», cosa significa? Quale visione?
«Lui ha preso un partito xenofobo, antieuro, antieuropeista, omofobo, con l’utilizzo disinvolto persino di elementi religiosi…».
Scusi, ma questo non è appunto il ritratto di Salvini, secondo molti?
«No, è il ritratto di Salvini prima di Draghi. Lui ha spostato la Lega su una posizione completamente diversa, anche grazie al Pd, che deve rivendicare questo ruolo. Salvini va incoraggiato a lasciare le posizioni estremiste. Infatti, quando Orbàn viene a Roma, non vede lui ma la Meloni. Il Pd è riuscito a costringere il suo principale avversario ad accogliere quasi tutte le proprie posizioni».
Ma come? Quando? Se Salvini vuole abbattere la ministra Lamorgese!
«Infatti, nella mia dichiarazione, gli ho detto che ci sono cose su cui ancora non siamo d’accordo. Anche sulla xenofobia e l’omofobia la Lega è in grandissimo ritardo. Ma sta cambiando, ha fatto un salto di elaborazione politica. Come, stando al governo con Draghi, è dovuta cambiare sull’euro e sull’Europa».
Lei ci crede davvero?
«Il fatto che Salvini ha mollato a Fratelli d’Italia tutti questi argomenti che parlano alla parte oscura dell’umanità ha un prezzo pesantissimo. Far dimettere Durigon non è stato privo di costo politico».
Era indifendibile.
«Però l’hanno fatto. Prima di entrare nel governo Draghi avrebbero tenuto il punto».
Dunque, Emiliano certifica che il politico Salvini non è né xenofobo né omofobo?
«Non so. Io non faccio analisi psicologiche. Dico che si sono resi conto che una grande forza politica europea, che sostiene Draghi, non può essere né xenofoba né omofoba».
Su euro ed Europa Borghi e Bagnai dove li mette?
«Non c’entrano nulla col governo Draghi e, se dovessero fare atti contrari alla sua linea, credo finirebbero per dimettersi anche loro».
Lei comunque continua a portarsi i Cinque Stelle nel cuore?
«Io ho a cuore l’umanità. Il M5S pugliese, vicinissimo al presidente Conte, altro grande ispiratore dopo Letta e Draghi, ha con noi un programma su cui non ci sono punti di attrito. Il nostro reddito di dignità è molto più evoluto, ad esempio, del reddito di cittadinanza».
Sul gasdotto Tap lei è stato più barricadero dei grillini, tanto da paragonarne il cantiere a un lager nazista.
«E ho sbagliato. Non perché mi piaccia la Tap ma perché quel paragone con una tragedia così immane è improprio. Mi sono scusato con la comunità ebraica».
Dunque, Conte è ancora, per dirla con Zingaretti, «un fortissimo punto di riferimento dei progressisti»?
«Assolutamente sì».
Anche quando auspica un «dialogo serrato» coi talebani che sono «abbastanza distensivi»?
«Non ho sufficienti elementi sui talebani per valutare la posizione di Conte. La politica estera è una cosa seria».
A proposito, come siete finiti in quella foto ferragostana lei, Boccia e il ministro degli Esteri Di Maio, in spiaggia proprio mentre i talebani entravano a Kabul?
«Io ero dove dovevo stare, nella mia Regione. L’incontro è stato casuale e breve. Di Maio era continuamente al telefono per aggiornarsi».
Le è parso opportuno che stesse lì?
«Lo chieda a lui. Comunque, era in vacanza. Come molti è stato sorpreso: lo è stato persino Biden, mi pare».
La sua vicinanza ai Cinque Stelle le ha attirato parecchie antipatie nel Pd.
«Era un altro Pd. Io sostengo Letta senza se e senza ma. E comunque le critiche che mi facevano sui Cinque Stelle sono le stesse che adesso mi fanno su Salvini. Poi il M5S ha completato un percorso. Vede, in politica la parola chiave è evoluzione, la fissità di una posizione non è indice di intelligenza».
E in questo Conte è un genio, ammettiamolo…
«Conte è una figura politica rilevante. Nonostante la sua apparizione quasi… stupefacente, ha dimostrato di sostenere un compito difficilissimo, durante la pandemia e in alleanza col Pd».
Come concilia il suo sostegno entusiastico a Draghi e il legame con Conte che, sotto sotto, è sospettato di volergli fare le scarpe?
«Sono amico di Conte e non penso affatto che voglia abbattere Draghi. Poteva fare molto male al governo. Invece la trattativa è stata garbata».
Per il 2023 promette fuoco e fiamme sulla riforma della giustizia.
«Vedremo. È un passaggio futuro».
Nel 2022 lei voterà per il presidente della Repubblica: chi vorrebbe?
«Un antifascista, militante antimafia, aperto al dialogo con le religioni del mondo, competente in materia costituzionale».
È l’identikit di Mattarella.
«Se qualcuno che somiglia a Mattarella si candiderà, potrebbe essere il mio candidato».
Lei ha fama di uomo di destra, con amici di destra.
«Io da ragazzo sono stato iscritto al Pci e ho sempre votato comunista. Bado alle scelte di fatto, non alle tessere. L’errore storico delle sinistre è stato sempre pensare che l’umanità debba adattarsi ai nostri ideali e ai nostri sogni. Invece bisogna costruirlo, il cambiamento: è un lavoraccio, eh, ma qualcuno deve farlo».