La Stampa, 31 agosto 2021
Anita Garibaldi anti-Bolsonaro
A duecento anni esatti dalla sua nascita l’eroina dei due mondi continua a dividere il Brasile. Se il nome di Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva non dice molto, basta ricordare che si tratta di Anita Garibaldi, eroica lottatrice tra il Sudamerica e l’Italia, nata due secoli fa a Lagunas, cittadina nello stato meridionale di Santa Catarina, dove la sua figura è ricordata ancora oggi e rivendicata sia a destra che a sinistra. La statua di Anita, il nome con cui Giuseppe Garibaldi chiamò fin da subito la giovane Aninha, è stata recentemente teatro di una protesta contro il presidente Bolsonaro; mascherina sulla bocca a un cartello con l’accusa di genocida rivolta al presidente contestato in patria per la sua politica negazionista o “relativista” rispetto alla pandemia. Il sindaco della città, eletto nelle fila dello stesso partito di Bolsonaro, ha subito preso le distanze. «Una figura storica – ha dichiarato Samir Ahmad – non può essere riletta fuori dal contesto della sua epoca. Nessuno può strumentalizzarla». Sua moglie fa parte del gruppo delle “guardiane di Anita”, dodici donne che ogni anno ripercorrono a cavallo i luoghi che la resero famose. Tra di loro c’è anche la vicegovernatrice dello stato di Santa Catarina Daniela Reinher, ammiratrice incondizionata di un personaggio che è considerato un patrimonio storico nel sud del Brasile, presa in passato pure come simbolo di un tiepido movimento indipendentista dal resto del Paese. Anita conobbe Garibaldi durante la cosiddetta “rivolta dos farrapos” (gli stracci), la ribellione dei fazendeiros del sud contro il sistema di tasse imposto dall’impero portoghese. L’incontro tra i due avvenne quando i ribelli conquistarono la città di Lagunas. «Devi essere mia» gli disse un incantato Garibaldi e poco importava che Anita fosse già sposata con il calzolaio del posto. Diciotto anni lei, trentadue lui, iniziò così una storia di amore da film, che durò fino all’agonia e alla morte di lei nelle valli di Comacchio nel 1849.
I libri di storia brasiliani ricordano lo stupore della gente nel posto vedendo il coraggio e l’intraprendenza di lei, sempre a cavallo e incaricata in battaglia del delicato compito di custodia delle munizioni. Nel 1840 Anita riuscì a scappare per ben due volte alle truppe imperiali, la sua seconda fuga nei boschi è ritratta nella statua a lei dedicata al Gianicolo. Capendo che i ribelli non sarebbero riusciti a vincere contro le truppe portoghesi i due ripiegano sull’Uruguay; è a Montevideo che si sposano e hanno tre figli. Da lì poi il ritorno in Europa, l’illusione della fugace conquista della Repubblica Romana nel 1949 e poi la fuga verso Venezia, con la tragica morte di lei.
A Santa Catarina la storia di Anita oggi si studia a scuola, ma su di lei per molto tempo sono mancate informazioni e documenti precisi. Solo nel 1989 è stato redatto un certificato di nascita postumo, datato 30 agosto 1821 grazie ad una petizione firmata dalla locale università, dal Comune di Lagunas e da due logge massoniche, che la venerano in quanto paladina delle idee repubblicane. Non tutti, però, sono d’accordo nel darle una connotazione femminista e progressista, anche perché siamo in una delle regioni più conservatrici del Brasile, feudo elettorale nel 2018 di Jair Boslonaro. Per questo è scoppiata la polemica quando il monumento in suo onore è comparso con lo striscione contro il presidente. Le prime a protestare sono state proprio le guardiane di Anita con le loro uniformi verde e coccarda rossa. «Anita insegna alle donne di oggi ad essere libere – ha spiegato al quotidiano “Folha de Sao Paulo” l’avvocata Ivete Scopel – ma questo non significa che appoggerebbe il libertinaggio generale. Lei non voleva dipendere da un uomo ma passò la sua vita lottando fianco a fianco con l’uomo che amava; questo è il suo insegnamento». Di diverso avviso sono i post dell’account Instagram, @Anitasemlimites, il primo a pubblicare sui social la foto della statua con la mascherina. «Anita lottava con il socialista Garibaldi a favore della libertà, figuriamoci se oggi potrebbe stare assieme ai conservatori». Polemica postuma a parte, rimane il ricordo di una donna straordinaria e rivoluzionaria per i suoi tempi, sempre a cavallo, come il marito, tra i due continenti.