La Stampa, 31 agosto 2021
Massimiliano Allegri, da diciotto anni in panchina
Estate 2003, spiccioli di carriera in C2, la tentazione di lasciare l’Aglianese e strappare un ultimo ingaggio a Valenza Po. Massimiliano Allegri ha 36 anni e si diverte ancora con il pallone, la panchina lo affascina ma sembra lontanissima. Succede invece che Fabrizio Giusti, imprenditore già vicino, rilevi il club toscano in un momento complicato e chieda a Max di guidare la squadra. In fondo, è già allenatore in campo: a Pistoia aveva suggerito lui a Bepi Pillon di trasformare in terzino un giovanissimo Andrea Barzagli, e ad Agliana fa valere l’esperienza. Rispettando i ruoli, ma con fermezza e, a volte, ironia. Una domenica, davanti all’indolenza di un compagno, urla al tecnico: «Lo levi tu o lo levo io?».
Predestinato, Giusti non ha dubbi. Come Giovanni Rossi, “inventato” lo stesso anno ds e adesso al Sassuolo. Max riflette e accetta, la novità lo incuriosisce eppoi davanti non ha un dirigente, ma un amico. Debutta in campionato il 31 agosto, a Santa Croce sull’Arno: zero a zero con la Cuiopelli Cappiano Romaiano, nome chilometrico che riassume una fusione. Collaboratori? Solo un vice, Emilio Doveri, ancora oggi nello staff come 007 sulle rotte delle avversarie: alla Spal, un anno dopo, troverà Simone Folletti, a Grosseto si unirà Marco Landucci. A Doveri, ex calciatore di B, un lampo di gloria in Coppa Italia quando con la maglia dell’Arezzo marcò Maradona, bastarono pochi giorni di lavoro: «Tempo cinque anni e Max allenerà in Serie A» disse. Sembrava matto, fu profeta: nel 2008 la chiamata di Cellino al Cagliari, incipit di un cammino che ha portato a sei scudetti.