Teodoro Chiarelli per “La Stampa”, 30 agosto 2021
“SIAMO NOIOSI E BANALI” - I FRATELLI LUCIA E GIOVANNI ALBERTO ALEOTTI STANNO ALLA LARGA DALLA BORSA E DALLO STAR SYSTEM E TENGONO UN BASSO PROFILO, NONOSTANTE SIANO AL VERTICE DEL PIÙ GRANDE GRUPPO FARMACEUTICO ITALIANO, LA MENARINI DI FIRENZE, CHE FATTURA QUASI 4 MILIARDI – ABITANO A POCA DISTANZA L’UNO DALL’ALTRO, SU UNA COLLINA VERSO FIESOL, E OGNI GIORNO VANNO A COLAZIONE DALLA MADRE MASSIMILIANA - LO SBARCO NEGLI USA CON L’ACQUISIZIONE DI “STEMLINE” PER 677 MILIONI, LA FILANTROPIA E L’IMPEGNO NEL SOCIALE - VIDEO -
Lei, da piccola, voleva fare l'astronoma e sognava di occuparsi di pianeti, stelle e galassie. Lui già da bambino era portato per i lavori in legno e ancora oggi realizza a mano mobili di ottima fattura. Ritrovatisi al vertice del più importante gruppo farmaceutico italiano, la Menarini di Firenze, alla scomparsa del padre Alberto nel maggio del 2014, i fratelli Lucia e Giovanni Alberto Aleotti sono quanto mai distanti dallo stereotipo del capitano d'industria.
Possiedono un'azienda da 3,75 miliardi di euro di fatturato (per il 76% all'estero), al quindicesimo posto in Europa e al trentaduesimo nel mondo nella hit parade del settore, presente in 140 Paesi e con 17.650 dipendenti. Eppure, conducono una vita, se si può dire, assolutamente normale.
«Non facciamo vita da jet set - ha dichiarato tempo fa Lucia, 55 anni, laurea in economia, sposata e con due figli - Personalmente non amo lo star system e mio marito condivide questo profilo di non visibilità. Arrivo a dire che siamo noiosi e banali».
Anche Giovanni Alberto, 50 anni, laurea in economia, sposato con due figlie, non offre spunti di cronaca mondana. Stesso low profile e strenua difesa della privacy. Basti pensare che le scarne note biografiche rese note dall'azienda non riportano i nomi dei consorti dei due fratelli e tanto meno dei loro figli.
Si sa che Lucia trascorre le vacanze nella villa di famiglia a Lerici e che sino a pochi anni fa girava d'estate l'Europa in camper con marito e figli. Giovanni Alberto, invece, preferisce i soggiorni in Toscana, dove dà sfogo alla sua creatività con il legno e si diletta a produrre birra. Affiatatissimi e legatissimi fra di loro, i due fratelli abitano anche a poca distanza l'uno dall'altra in due ville sulla collina verso Fiesole. Due costruzioni vicinissime alla villa della mamma Massimiliana.
All'ora di pranzo, Lucia e Giovanni Alberto Aleotti escono puntualmente dall'azienda e vanno a colazione dalla madre con consorti e figli. Il rito si ripete tutti i giorni. Spesso Lucia fa prima un salto alla Esselunga vicino a casa. Di assoluto rilievo, al contrario, le loro attività filantropiche che ne fanno i principali mecenati della loro città.
Prima di tutto il sociale, anche se gli Aleotti non amano suonare la grancassa. Se è nota la collaborazione della Menarini con la Fondazione Tommasino Bacciotti per donare appartamenti destinati a ospitare i genitori di bambini affetti da tumore in cura presso l'ospedale Meyer, non molti sanno che grazie agli Aleotti il comune di Firenze ha potuto ristrutturare 60 case popolari.
L'ultimo intervento, forse quello più eclatante, risale al giugno dello scorso anno in pieno boom del Covid-19: la decisione di costruire a Firenze il diciassettesimo stabilimento del gruppo che si era già deciso di realizzare all'estero. Centocinquanta milioni di investimento per 250 nuovi posti di lavoro più altri 250 nell'indotto.
«Una scelta fatta col cuore - il commento di Lucia e Giovanni Alberto - Volevamo dare un segnale di fiducia in un momento così cupo. Un contributo concreto all'economia e all'occupazione. Siamo un'azienda italiana e siamo orgogliosi di esserlo». Non solo: Menarini ha riconvertito subito parte del suo stabilimento di Firenze per produrre tonnellate di gel igienizzante da donare alla Protezione Civile.
Importante, poi il contributo alla valorizzazione del patrimonio artistico. Da sessant' anni, ogni anno, la Menarini pubblica un libro d'arte, mentre sul proprio canale You Tube ha lanciato le "Pills of Art", le Pillole d'arte, per far conoscere con brevi filmati, ricchi di aneddoti, il patrimonio artistico italiano, principalmente del Rinascimento italiano.
Un successo, con 20 milioni di visualizzazioni. Tutto questo mentre in poco più di sette anni hanno guidato la multinazionale del farmaco ben oltre gli orizzonti geografici raggiunti dal padre Alberto, spaziando dall'Europa, all'Estremo Oriente, alle Americhe. E dire che alla scomparsa del vulcanico e, secondo alcuni, un po' disinvolto genitore, pochi scommettevano sulla loro tenuta.
Questo perché oltre all'azienda, il padre ha lasciato ai figli un pesante contenzioso con il fisco che inopinatamente i magistrati hanno riversato sui due fratelli, nel frattempo diventati presidente (Lucia) e amministratore delegato (Giovanni Alberto). Risultato: entrambi sono stati condannati dal Tribunale di Firenze in primo grado nel settembre del 2016, lei a 10 anni e 6 mesi, lui a 7 anni e 6 mesi, per una serie di reati che vanno dall'evasione fiscale, al riciclaggio e alla corruzione. A questo è seguita l'onta del sequestro di denaro e titoli per 1,2 miliardi di euro.
Gli Aleotti, però, non hanno mai pensato di gettare la spugna e cedere il gruppo, magari a qualche grossa multinazionale in agguato pronta ad approfittare di un momento di oggettiva difficoltà. Hanno tenuto duro, finché l'Appello e la Cassazione hanno dato loro ragione con una piena assoluzione. Lucia e Giovanni Alberto hanno proseguito per la loro strada, ampliando gli orizzonti dell'azienda. Così hanno prima affidato la presidenza al manager svizzero Eric Cornut, ex Novartis, poi hanno chiamato come amministratore delegato la turca Elcin Barker Ergun.
Loro, gli Aleotti, hanno mantenuto un posto nel board dedicandosi soprattutto alle strategie di espansione della Menarini. Fino allo scorso anno la multinazionale fiorentina, che possiede dieci centri di Ricerca e Sviluppo, vedeva i suoi prodotti presenti nelle più importanti aree terapeutiche tra cui cardiologia, gastroenterologia, pneumologia, malattie infettive, diabetologia, infiammazione e analgesia.
La produzione farmaceutica, invece, è realizzata nei 16 stabilimenti produttivi del gruppo, in Italia e all'estero, dove sono prodotte con standard di qualità elevatissimi e distribuite nei cinque continenti oltre 600 milioni di confezioni all'anno. Bisognava crescere in altri settori e, soprattutto, mettere un piede negli Stati Uniti.
Così nel bel mezzo della pandemia ecco la decisione, visti i tempi, per metà coraggiosa e per metà temeraria: lo sbarco negli Usa con un'acquisizione da 677 milioni di dollari per potenziare la propria presenza nel campo dell'oncologia. Il gruppo fiorentino rileva Stemline Therapeutics, società biofarmaceutica americana quotata al Nasdaq e focalizzata sullo sviluppo e la commercializzazione di terapie oncologiche innovative.
Menarini acquisisce l'azienda Usa con un pagamento anticipato di 11,5 dollari per ogni azione e un "bonus" da un dollaro per azione da pagarsi al verificarsi della prima vendita in uno dei paesi Eu5 (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna) di Elzonris, farmaco per la cura di un raro, ma aggressivo, tumore del sangue, già in commercio negli Usa.
Del resto, i mezzi alla Menarini non mancano: produce utili da tempo e gode di amplissimo credito da parte delle banche. Anche per questo si tiene lontana dalla Borsa. Le prossime mosse degli Aleotti? Sicuramente crescere nel settore dell'oncologia e sviluppare le potenzialità di Stemline. Fondamentale sarà allargarsi negli Stati Uniti. Nuove acquisizioni in vista? Mai dire mai: gli Aleotti, pur con la loro prudenza e il loro understatement, ci stanno ormai abituando ai colpi di scena.