Corriere della Sera, 30 agosto 2021
A processo Elizabeth Holmes
Con quei maglioni neri a collo alto indossati in maniera seriale stuzzicava l’immaginazione della stampa, che la dipingeva come la nuova Steve Jobs. Giovanissima e donna, si era fatta largo in un mondo super maschile come quello della Silicon Valley. Nel consiglio di amministrazione della sua startup Theranos, fondata a 19 anni lasciando la prestigiosa università di Stanford al secondo anno, sedevano gli ex segretari di Stato Henry Kissinger e George Schultz, e il generale Jim Mattis, più tardi capo del Pentagono. Ci sono foto in cui Bill Clinton la guarda sognante, altre con l’allora vice presidente Joe Biden in visita ai laboratori della società.
L’ascesa di Elizabeth Holmes nei primi anni Dieci era stata fulminante. L’invenzione di un metodo apparentemente rivoluzionario per analizzare il sangue – addio aghi che fanno paura, test veloci con risultati immediati in farmacia, con grandi risparmi per il sistema sanitario – l’aveva lanciata in orbita nel 2015, a 31 anni, come la più giovane miliardaria non ereditiera. Mentre lei accumulava copertine, da Forbes a Fortune, Theranos era arrivata a valere 9 miliardi di dollari. Un fulgido esempio di cosa può fare la capacità visionaria della Silicon Valley, si diceva.
Peccato fosse tutto falso, perché quel sistema non funzionava, i piccoli campioni di sangue venivano diluiti con acqua e inviati a vecchi, normalissimi laboratori. I pochi analizzati con il macchinario di Theranos davano risultati inaccurati: una delle più grandi truffe del secolo. E ora Holmes rischia fino a venti anni di carcere. Non le è bastato pagare una gigantesca multa tre anni fa per chiudere la causa civile intentata dalla Sec, la Consob americana. La procura di San Francisco la accusa di aver truffato gli investitori e danneggiato medici e pazienti che hanno pagato per test fasulli. Il processo, rimandato più volte tra il Covid e la maternità di Holmes, che il 5 agosto ha avuto una bimba con Billy Evans, erede di una grande catena alberghiera, si apre domani a San José con la scelta dei giurati ed entrerà nel vivo la prossima settimana. Sul banco degli imputati potremmo vedere alcuni dei grandi nomi che hanno sostenuto e finanziato Theranos.
Nel frattempo sulla truffa – scoperchiata grazie a un giornalista del Wall Street Journal che non si è fatto fermare dal fatto che il suo editore Rupert Murdoch fosse tra gli investitori di Theranos con 120 milioni di dollari – sono usciti documentari, libri, podcast, e sono in lavorazione due adattamenti per il grande schermo.
Holmes però la sua voce – voce che era stata accusata di aver contraffatto (pure quella) abbassandola per sembrare più autorevole – non l’ha mai fatta veramente sentire, se non davanti alle prime critiche, negate vigorosamente: «Prima pensano che tu sia pazza, poi ti combattono, e alla fine tu cambi il mondo».
Si presenterà sul banco dei testimoni? È una scelta delicata, spesso la difesa decide che è meglio non esporre gli imputati. Intanto è emerso che tra la strategie dei suoi legali ci sarà quella di accusare il cofondatore ed ex fidanzato Ramesh «Sunny» Balwani – lui sarà sottoposto a un processo separato a febbraio – di abusi «psicologici, emotivi e sessuali» che le avrebbero tolto ogni lucidità mentale. Un passaggio importante perché nel processo tutto si gioca sulla capacità della procura di provare o meno l’intenzionalità: Holmes sapeva di stare perpetrando una truffa?
«Fake it until you make it», «fingi finché non ci riesci», si dice essere parte dell’approccio al business delle startup tecnologiche. Questo processo dimostrerà quanto può essere pericoloso spingere il limite sempre un po’ più in là. «È un campanello d’allarme per tutta l’industria», ha detto John Carreyrou, il giornalista che ha bucato la bolla e scoperto il bluff di Theranos e della donna che voleva essere Steve Jobs.