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 2021  agosto 30 Lunedì calendario

Kabul anno zero: divieti e incubi

Il nuovo Emirato non c’è ancora. I vertici dicono una cosa e i miliziani ne fanno un’altra. Impossibile è anche combinare in un quadro coerente i racconti di chi si raggiunge via WhatsApp o social media. Descrizioni drammatiche vengono dagli afghani che hanno cercato di scappare e si sono dovuti fermare ad un passo dagli aerei militari. Terrorizzati. Tutt’un altro ritratto viene invece da chi non ha mai pensato di andarsene e un altro ancora da chi è felice dell’arrivo dei talebani. In molte zone dominano gli zigomi aguzzi e le schiene curve: l’impronta della fame è su 10 milioni di afghani, quasi un terzo degli abitanti. In altre c’è la nebbia dell’attesa. In altre i lividi lasciati dai tubi di gomma che i talebani usano per farsi largo tra la folla. Neppure il profilo del burqa, simbolo in Occidente dell’ossessione talebana per le donne, domina ovunque. Quella cappa di nylon con soltanto delle sbarre davanti agli occhi non è tornato imperioso in tutte le province. A Kabul e Herat le donne (le poche uscite in questi primi giorni) si coprono molto più di prima, certo, ma invece del burqa preferiscono usare un hijab, un velo lungo su modello iraniano. 
Non c’è donna senza burqa, invece, dove già prima era prevalente come a Kandahar o Lashkar Gah. Ma lì, di donne sole per strada ce ne sono sempre state poche. Le classi divise tra maschi e femmine sono già sicure dalla fine delle elementari, ma la maggior parte delle scuole non hanno riaperto e le maestre sono a casa senza stipendio come i dipendenti pubblici. «Ogni giorno chiedo al mio preside – dice Najiba, maestra – quando potrò tornare, ma anche lui non sa se i talebani lo lasceranno al suo posto. I soldi sono finiti. Mi coprirò come diranno, non mi importa, conta solo lavorare. A infermiere e dottoresse l’hanno permesso, perché non anche a noi insegnanti?». 
Per tutti, pro o contro il nuovo Emirato, il colore dominante è quello plumbeo dell’ansia. Cosa succederà? Ricomincerà la guerra? Ci sarà pane? E lavoro? A un giorno dalla fine della presenza americana, a due dalla proclamazione della vittoria talebana e, chissà?, di un governo provvisorio, l’Afghanistan entra nel secondo Emirato talebano con la confusione degli incubi. A Herat, l’ex città degli italiani, governatore e capo di polizia sono stati già nominati, come nella stragrande maggioranza delle province. La città, silenziosa e deserta per giorni, ha ricominciato ad animarsi. «Venerdì nelle moschee, i talebani hanno fatto leggere appelli alla pazienza – racconta Asimi –. Vedrete, dateci tempo, con il nuovo governo le cose si chiariranno. Così, sabato, la gente delle campagne ha ricominciato a venire in città. Erano alla fame dopo un mese di assedio e combattimenti alle porte della città». «Le strade sono finalmente tornate sicure – festeggia Mohammad, ex operaio nella Base italiana -. Si può viaggiare. Nessun bandito, nessun combattimento». «Herat è ormai una prigione – cambia prospettiva Elham, attivista per i dritti delle donne, nascosta in casa di parenti da Ferragosto –. Per due volte i talebani hanno chiesto ai vicini dove fossi. Il burqa non mi salverà, mi uccideranno presto». 
Nel distretto di Andarab, qualcuno ha ucciso un musicista tradizionale, Fawad. La sua colpa: suonare ai matrimoni. Si usa qui, ma non nelle zone talebane. La musica è particolarmente indigesta ai nuovi-vecchi padroni del Paese. A Kandahar, il governatore ha vietato a radio e tv di trasmettere musica e mostrare donne in video. A Kabul, però, ToloTv continua a trasmettere immagini di giornaliste al tavolo con gli uomini, puntate registrate perché le colleghe hanno paura ad andare in redazione. Mentre il portavoce talebano Mujahid ha promesso libertà di lavoro e persino di critica «così potremo migliorarci», un cartello all’ingresso adesso dice ambiguo «il sistema è cambiato». 
Le nuove autorità hanno obbligato le banche a riaprire e si possono ritirare 200 dollari a settimana. «Uno dei miei parenti – racconta Amin, ex guardia di una Ong internazionale – è rimasto coinvolto in uno spingi-spingi. C’era gente in fila dalle 4 del mattino e lui non è riuscito ad entrare perché le casse avevano finito i dollari. I talebani hanno protetto la banca picchiandoli. Io sono stato più fortunato. Con il trasferimento di denaro Awala ho ricevuto 600 dollari da Istanbul». Awala è l’equivalente informale e «grigio» di organizzazioni tipo Western Union. 
Di sicuro c’è solo che il nuovo Emirato non sarà identico al primo almeno in una cosa: il fondatore mullah Omar era «invisibile», il nuovo leader supremo, mullah Akhundzada, ha promesso che «apparirà presto in pubblico».