Il Messaggero, 30 agosto 2021
La corsa delle 353 italiane alla conquista della Luna
Il nome e il cognome ancora non li conosciamo, ma sappiamo già che l’italiana che potrebbe andare sulla Luna fra quattro o cinque anni, magari seguendo le orme di Samantha Cristoforetti, è una sognatrice con profonde conoscenze Stem, studi in Italia con specializzazione all’estero, dai 27 ai 37 anni, capace di fare squadra e anche di guidarla e – novità – forse già madre o in procinto di diventarlo. Una novità davvero perché «il bando dell’Agenzia spaziale europea per il reclutamento di nuovi astronauti – spiega Antonella Costa, pugliese, responsabile delle Risorse umane dell’Esa – non richiedeva di indicare nulla in fatto di maternità, ma ugualmente alcune delle candidate hanno fornito dettagli sulla loro famiglia, soprattutto nella lettera di motivazione, e alcune hanno specificato di avere già bambini o di essere in attesa».
Un cambio di passo epocale e per una professione avventurosa e pure rischiosa come il lavorare per lunghi periodi nello spazio: a badare ai figli sulla Terra saranno i mariti, i compagni e la rete familiare e avanti verso l’infinito e oltre.
Del resto quasi tutti gli ultimi film di fantascienza (sempre meno fanta) hanno come protagoniste donne che devono conciliare, con tutte le difficoltà del caso, l’essere astronaute e l’essere madri: vedi Proxima con Eva Green oppure Away con Hilary Swank. E lo scrittore americano di best seller spaziali Jeffrey Kluge (stella del Time) aveva già terminato il suo ultimo romanzo Holdout quando l’ha riscritto dall’inizio trasformando il protagonista in una protagonista, comandante della Stazione spaziale internazionale come sarà appunto l’ingegnera Cristoforetti, due figli, nella prossima primavera: «Ne è uscito un personaggio più profondo, più ricco di carattere, più complesso e più umano al tempo stesso. Il futuro nello spazio è donna». Le italiane sognatrici ferrate in Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica (Stem), come richiesto dal concorso Esa, sono 353 e sono in ballo per la durissima selezione per i cinque posti (più 20 di riserva, posizioni anche per i disabili, altra novità) da astronauti europei a cui puntano da 25 paesi appena 22.589 candidati fino a 50 anni dai curricula stellari. Nel precedente concorso (2008) che premiò su 8.413 domande anche Luca Parmitano e la Cristoforetti, le italiane furono meno della metà, 151, il 16% rispetto a 876 italiani, mentre nei mesi scorsi le domande al maschile giunte dall’Italia sono state 1.527: «Dal 16% al 19% è un bel progresso di cui siamo orgogliosi- dice ancora Antonella Costa, 5 lingue, che fa parte delle commissioni di selezione e di quel ragguardevole 30% di donne manager all’Esa – Abbiamo lavorato molto per raggiungere più donne possibile e c’è stato anche l’esempio di Samantha Cristoforetti, una delle ambasciatrici dell’Esa più conosciute e stimate. Abbiamo usato una narrativa più inclusiva che ha avuto un buon impatto sulle ragazze, fra l’altro, per quanto riguarda l’Italia provenienti da tutte le macroregioni Nord, Centro e Sud. Per la parità di genere c’è comunque ancora molto da fare, ma lo scenario è incoraggiante: dal 2016 al 2019 in Esa le dirigenti sono aumentate del 38%». Del resto sarà una donna, ha promesso la Nasa annunciando il programma Artemis, a riaprire l’epopea lunare e i media statunitensi azzardano già il nome e cognome (da sposata) di Christina Koch, nata Hammock, 42 anni, che nello spazio ha già trascorso 328 giorni. E ha un bel da dire proprio Parmitano dicendo che «prima o poi dovremo mandare anche i poeti nello spazio perché ancora non abbiamo un vocabolario per raccontarne la meraviglia», ma è quell’acronimo Stem che puntella da sempre il progredire di una nazione e la stessa esplorazione spaziale finora riservata a ben poche donne, solo il 12%.
Dal 1961 fra astronauti, cosmonauti (russi) e taikonauti (cinesi) si contano 522 uomini e solo 65 donne. E ancora: al momento, sulla nostra testa orbitano 10 persone, ma solo una è donna, l’americana Megan McArthur. Poi gli Usa, bruciati dai sovietici Jury Gagarin e Valentina Tereshkova, si sono comunque rifatti mandando nello spazio 50 di quelle 65 donne grazie anche a un sistema educativo che attira sul versante Stem assai più donne in confronto al 16,5% raggiunto in Italia dalle facoltà scientifiche rispetto al 37,5% degli uomini. Percentuali allarmanti riecheggiate anche nei giorni scorsi al G20 delle donne tenuto a Santa Margherita Ligure per individuare strategie pro Stem al femminile da presentare al G20 del 30 ottobre. «Leggere le motivazioni dei candidati è sempre molto emozionate – racconta ancora Antonella Costa – Lo spazio rappresenta un sogno fin da bambini, ma poi scatta il molto terreno e fortissimo impegno per studiare materie scientifiche tanto difficili quanto entusiasmanti per tentare di concretizzare quel sogno. Ma vale la pena provare».