Specchio, 28 agosto 2021
I laghi non sono per sempre
Può sembrare strano, ma un lago non è per sempre. Nel senso che i laghi sono forme effimere della superficie terrestre, destinati prima o poi a essere riempiti dai sedimenti e, quindi, a diventare zone palustri e infine, zone “solide” (e non più liquide), cioè vera e propria terraferma. Anche quando ci sorprendiamo di fronte all’imponenza dei nostri laghi alpini, fra i più grandi e più pittoreschi d’Europa, o notiamo con ammirazione l’estensione di quelli asiatici o africani, dobbiamo sempre tener conto della loro breve vita sul nostro pianeta e sul fatto che si estingueranno. Un processo naturale che, peraltro, i sapiens stanno accelerando, come è loro costume, prosciugandoli con il sovrasfruttamento e trasformandoli in semplici bacini idrici.
Ma un lago non è solo un contenitore di acque dolci utile agli uomini e ai viventi, è un elemento dinamico del paesaggio, risultato di decine di migliaia di anni di lavoro geologico, un concentrato di risorse e di ricchezza della vita, un moderatore del microclima, un pezzo di bellezza del pianeta. Ma prima ancora, un lago è un tipico ambiente di sedimentazione, un bacino di forma molto variabile alimentato da un corso d’acqua, l’immissario, e generalmente servito anche da un emissario che porta via l’acqua e provvede a determinare una specie di equilibrio idrico tra “entrata” e “uscita”. Equilibrio che, però, non si riscontra in tutti i laghi del mondo. Ed esistono diversi tipi di laghi: molto caratteristici sono quelli che occupano i coni e i crateri di vulcani spenti (in qualche caso anche attivi) come alcuni asiatici, africani e italiani. Il cratere del vulcano Toba (in Indonesia), il più grande del mondo (oltre 100 km di diametro), è occupato interamente da uno specchio d’acqua. Esattamente come i laghi di Bolsena, Bracciano, Vico e Albano nel Lazio. Questi laghi hanno una caratteristica sezione a forma di imbuto e acque relativamente profonde, completamente diversi, per esempio, dai laghi costieri, in genere residui di antichi bracci di mare isolati grazie alle dune e poi alimentati da piogge e emissari.
I laghi di origine glaciale hanno in genere il fondo piatto: si sono formati grazie all’incessante azione di escavazione di antichi ghiacciai oggi ritiratisi e possono comunque essere profondi, come i laghi alpini. In realtà la forma di un lago dipende dalla geologia della zona e dal tipo di rocce in cui sono contenuti, salvo che nel caso dei laghi artificiali, creati da sbarramenti e dighe in tutto il mondo per varie ragioni. Il diritto universale dell’acqua per tutti non sembra garantito da queste grandi infrastrutture che certamente assicurano energia elettrica senza emissioni inquinanti, garantiscono acqua e salvaguardano dalle piene, ma che, altrettanto certamente, sconvolgono i regimi e le portate, compromettono l’assetto idrogeologico, annegano siti archeologici, riducono la biodiversità e costringono alla deportazione milioni di uomini. Basti pensare al lago Nasser, generato dalla diga di Assuan, che ha sommerso per sempre aree monumentali come Abu Simbel, che aveva occupato quella posizione per tremila anni. Prima o poi, però, ogni lago diventa palude e poi terraferma e dunque renderà vani gli sforzi per avere più acqua e più energia. E in ogni caso il vantaggio eventuale degli altri egiziani è stato pagato socialmente da decine di migliaia di nubiani dispersi e deportati.
I laghi sono anche luoghi dello spirito: il lago distende, aiuta la meditazione, si fa preferire da chi anela a una vita tranquilla, anche se sono milioni i sapiens che li sfruttano per attività sportive e per pescare. Non sarà un caso che il romanzo italiano più studiato inizi proprio con «quel ramo» di un lago o che George Clooney abbia preferito quello stesso lago come suo buen retiro. Ma non tutti i sapiens li amano: c’è chi, invece, li teme per le ragioni più svariate, dall’acqua che non sostiene nel galleggiamento (a meno che non si tratti del Mar Morto), alle profondità oscure che richiamano paure ancestrali dell’abisso e dei mostri (basti pensare al Loch Ness).
Essendo bacini con scarse e lente possibilità di ricambio, i laghi spesso si inquinano terribilmente, come accaduto al lago di Aral, in cui la vita si è estinta a causa dell’eccessivo prelievo di acqua e degli scarichi chimici per le coltivazioni di cotone. Oppure vanno in secca in tempi di cambiamenti climatici, come accade da noi al Trasimeno. Il fascino dei laghi come luoghi di svago, divertimento e riflessione è forse ancora grande ed esistono laghi che sono veri e propri gioielli naturalistici intatti, come il piccolo Martignano alle porte di Roma. Ma i laghi sono a rischio in tutto il pianeta e andrebbero oggi maggiormente salvaguardati insieme alla zone umide di cui fanno parte a tutti gli effetti, e in cui si trasformeranno, prima o poi.