La Stampa, 28 agosto 2021
Mezzo milione di cani randagi in Italia
Sono oltre 200 milioni i cani randagi nel mondo, circa 500-700 mila quelli in Italia. Un censimento nazionale non esiste, ma queste sono le stime, forse anche al ribasso, diffuse pochi giorni fa, in occasione della giornata mondiale del cane, per sensibilizzare l’opinione pubblica alle adozioni.
Numeri, quelli italiani, che fanno ancora più impressione se si considera che, secondo i dati del ministero della Salute, sarebbero circa 120 mila i quattrozampe nei canili sanitari e nei rifugi. L’Italia è quindi immersa in un esercito di cani randagi e vaganti, spesso senza alcun controllo.
Un fenomeno diffuso soprattutto in alcune regioni del Sud, dove prosperano colonie di animali randagi e dove gli abbandoni dei domestici si intensificano nel periodo estivo o in concomitanza con l’apertura della stagione di caccia.
Il ministero della Salute dedica una pagina del proprio sito al problema del randagismo, evidenziando la necessità di attuare un’attività di prevenzione per tre motivi: le implicazioni sanitarie legate alla diffusione di possibili malattie, il benessere dell’animale e la sicurezza pubblica.
È soprattutto quest’ultimo aspetto che attira l’attenzione delle cronache, anche se i casi di attacchi non sono tantissimi, ma la tragicità delle conseguenze evidenziano un fenomeno che in Italia non sembra avere soluzione.
Dopo il caso di Catanzaro, l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), ha denunciato: «Le Regioni sono tenute, sentite le associazioni, ad adottare un programma di prevenzione del randagismo, ma i fondi per la lotta al randagismo non sono mai sufficienti a lenire questa grave piaga sociale. Il randagismo non si crea da sè: questa piaga sociale, molto grave in Italia e soprattutto nel Meridione, è determinata dagli scellerati abbandoni e dalle Amministrazioni locali che troppo spesso girano la testa dall’altra parte, invece di sterilizzare, accogliere e promuovere le adozioni».
E all’inciviltà di chi abbandona e alle mancanze delle istituzioni, si aggiunge anche il costo che il randagismo comporta per l’intera comunità: secondo il Rapporto Randagismo Lav 2019, un animale in canile, costa mediamente 1.277,50 euro all’anno; moltiplicando questa cifra per i cani presenti nel 2018 nei canili rifugio italiani, 98. 596 soggetti (Calabria esclusa poiché non ha fornito alcun dato), si raggiunge una cifra che sfiora i 126 milioni di euro che moltiplicata per sette anni (tempo medio della permanenza in canile di un cane in assenza di adozioni) sfiora di 882 milioni di euro. Cifre da capogiro che escono dalle tasche degli italiani.
Al di là delle politiche di sterilizzazione e di monitoraggio degli esemplari sul territorio, le adozioni da parte dei privati sarebbero una valida leva per arginare il problema. Ma spesso chi vuole un quattrozampe si innamora di un cucciolo di razza, e non del meticcio adulto, e lo cerca però a prezzo basso. Una scelta fatta sulla pelle dell’animale acquistato che arriva in Italia senza aver neppure finito il periodo di svezzamento e ovviamente senza essere registrato con il microchip d’identificazione richiesto dalla legge. Un «risparmio apparente» che però alimenta un business che fra allevamenti clandestini in Italia e traffici illegali dall’estero genera, nel nostro Paese, un’attività economica criminale che coinvolge oltre 400mila cuccioli per un giro d’affari da 300 milioni di euro all’anno.