il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2021
Franco Arminio, il paesologo che rivoluziona la poesia
Da maggio fa la spola tra il Nord e il Sud Franco Arminio, il “paesologo” e poeta campano di Bisaccia, in Irpinia d’Oriente. È riuscito a rivoluzionare il mondo della poesia (5 libri pubblicati e 300 mila follower sul web) portandola nelle piazze e assaporando il gusto di vederle gremite e di poterle esibire agli scettici – che continuano a sostenere che i versi non abbiano pubblico – come un gran bel miracolo. Da quando c’è il Covid sono meno affollate del solito, ma sempre frequentate. La sua attitudine a incontrare il popolo ricorda La gran alegría del poeta cileno Pablo Neruda: “Non scrivo perché altri libri mi imprigionino/né per accaniti apprendisti di giglio,/bensì per semplici abitanti che chiedono/acqua e luna, elementi dell’ordine immutabile,/scuole, pane e vino, chitarre e arnesi”. Il suo “grand tour 2021” conta all’attivo più di un centinaio di tappe e andrà avanti fino alla fine di settembre. “La mia fissazione è che la poesia può essere popolare”, racconta. Quelli che realizza non sono dei reading, sono piuttosto – dice – degli happening, che sulla scorta della tradizione avanguardista novecentesca si caratterizzano per l’improvvisazione e per la partecipazione del pubblico. Considera i suoi eventi come “l’incontro con i generosi”, con i quali condivide il suo sapere da “paesologo” – vocabolo da lui stesso coniato – e la passione per il ragionare in versi, che dona ai presenti coinvolgendoli in traduzioni simultanee nei vari dialetti locali. Del resto la “paesologia” per lui è proprio questo: una battaglia titanica per preservare la bellezza culturale e paesaggistica dei borghi a dispetto del costante spopolamento. Ai paesi Arminio ha dedicato anche il suo ultimo libro, edito da Bompiani, Lettera a chi non c’era – Parole dalle terre mosse: “Ora hanno un respiro rassegnato/questi paesi./Non sono più luoghi del sangue,/non ci sono più alberi e angoli segreti,/e non c’è più una morte che sia solenne,/sembrano morire come foglie,/come semplici conseguenze/di un affanno”. “I terremoti come il Covid – spiega – possono insegnarci a fare buon uso della sventura. Sono amareggiato, perché siamo ancora nella sventura ma non stiamo tenendo vivo il discorso etico e politico che c’era quando la pandemia è iniziata. Dobbiamo cambiare il mondo”. Per farlo ha scelto di girare l’Italia, mentre prepara la sua prossima raccolta, in uscita a gennaio per Einaudi, Studi sull’amore.