la Repubblica, 28 agosto 2021
Il richiamo della macchietta che affascina la destra
Quello con la pistola e quell’altro con gli antichi romani. Luca Bernardo candidato sindaco a Milano ed Enrico Michetti a Roma. Sorride il primo mentre solleva dei pesi in camicia, oppure si china per dare un bacio in fronte a un cagnolino; sorride sempre pure il secondo sul suo profilo Instagram “Michettienrico”, ieri per via delle piste ciclabili l’hanno fatto vestire di giallo, da corridore del Giro d’Italia, con tanto di guantini – e così è, che ci vuoi fare?
Un tempo si diceva che la destra sentiva il richiamo della foresta, saluti romani, lode al ceffone, omofobia, eccetera. Oggi potrebbe dirsi che sente il richiamo della macchietta. Sotto il presente dominio degli spettacoli non vorrebbe, né dovrebbe intendersi come un oltraggio. La macchietta in origine, primi del secolo scorso, calcava il piccolo palcoscenico dei Cafè chantant a Napoli, ma poi col tempo è dilagata nella società civile, per così dire, o forse in Italia esiste da sempre e comunque di tipi del genere se ne trovano in ogni aula scolastica, ogni condominio, ogni ufficio e adesso in ogni elezione.
La macchiettizzazione della politica è un fenomeno complesso; come molti altri è proliferato a partire dal tramonto delle ideologie e delle culture politiche che per mezzo secolo almeno ne applicavano le istanze e lo stile. Non si è così protervi da pensare che l’odierna sinistra non abbia le sue macchiette. Ma si tratta per lo più di personaggi che a lungo andare, soprattutto per derive egotiche e sovraesposizione (vedi D’Alema e Bertinotti, o il più consapevole De Luca, tra i due modelli Bersani quando parla in “bersanese”) macchiette sono diventati, anche senza volerlo. Mentre la destra, nell’impossibilità di trovare personaggi decorosi, sembra che se le vada a cercare col lumicino.
Il Msi aveva sul groppone un’eredità tragica, che si è persa definitivamente. L’innesto di Berlusconi, che della macchietta – o meglio anche della macchietta – costituisce il modello imperiale, ha aperto nuovi orizzonti fai-da-te. Ma la prima grande fabbrica di tipi strambi è stata la Lega. Bossi stesso in questo senso era insieme un fuoriclasse e un rabdomante, vedi Boso, Borghezio, Calderoli e tutti gli altri che ha creato e cacciato, a parte gli antenati celtici con i loro zufoli, le camicie verdi made in China, l’ampolla con l’acqua santa, il catamarano Virgilio, lo sposalizio con la laguna e via di seguito fino alla laurea albanese del Trota e ai travestimenti di Salvini, dal Papeete al bacio della coppa piacentina e del crocifisso.
È vero: nulla in Italia resta serio per più di due giorni. Ma è anche vero che, tagliate le radici e sopraggiunto il regime dell’intimità cialtronesca e necessitata, la proliferazione delle macchiette s’è rivelata inarrestabile. Così la seconda grande ondata, anche considerando casi di irresistibile emblematicità come i futuri Responsabili scovati da Tonino Di Pietro e finiti con gli ameni tik tok in costume del senatore Razzi, si deve ai trionfi elettorali (2013 e 2018) del Movimento cinque stelle.
Ora, che proprio a un attore comico si debba la creazione da zero del partito di maggioranza relativa dice più sull’Italia, in fin dei conti, che sul grillismo nei suoi vorticosi mutamenti di lotta e di governo, di ordalie e di scontrini, di Rousseau e di Toninelli.
Ma anche il centrodestra, via, con i tutti i suoi strateghi e strateghesse deve essere ben ridotto alla frutta se dopo mesi di bislacco casting e trattative inconcludenti finisce per raccattare due professionisti semisconosciuti gettandoli nella bolgia dell’avventurismo elettorale o la va o la spacca.Ed eccoci così tornati a Michetti e Bernardo, quello che parla sempre degli acquedotti meravijosi dei Cesari e quell’altro che girava armato nei reparti di pediatria. Pure innocenti e simpatici, a loro modo, ma proprio per questo costretti a giocarsela come macchiette. Almeno quello – il resto, come si dice anche in questi casi, si vedrà.