La Stampa, 28 agosto 2021
Le nuove regole di Jackson Hole
Gli occhi del mondo sono fissi sull’aeroporto di Kabul ed è giusto che sia così: in quel concentrato di infelicità e tribolazioni sono in gioco miserie e principi, politica ed economia, umanità e barbarie, e si coglie il segno evidente della nostra impreparazione e mancanza di grandi visioni. Non si tratta, però, dell’unico punto in cui i problemi del mondo si aggrovigliano. Un altro, largamente sfuggito all’attenzione generale, è la riunione annuale (informale e riservatissima) dei regolatori delle principali valute del mondo, ossia degli esponenti delle maggiori banche centrali, che da ieri si sta svolgendo non in una località segreta bensì in un luogo virtuale, una piattaforma Internet. Era previsto che si riprendesse la tradizione – infranta già l’anno scorso – degli incontri in presenza a Jackson Hole, una delle più belle località delle Montagne Rocciose. Pochi giorni fa, però, l’esplosione della variante Delta del Covid-19 negli Stati Uniti, ha costretto gli organizzatori a ricorrere a un incontro su uno schermo.
Pandemia-finanza 1-0, si potrebbe dire. Speriamo che il risultato si capovolga e che la lontananza fisica non renda meno efficace la discussione perché è in gioco un pezzo del nostro destino. La Fed, la Banca centrale degli Stati Uniti, negli ultimi 15 anni ha salvato il mondo da una crisi tipo Anni Trenta emettendo un’enorme quantità di moneta. Ora vorrebbe cominciare a tirare dolcemente il freno monetario perché l’inflazione americana comincia a salire: ha raggiunto, con il 5,2 per cento di luglio, il livello più alto da tredici anni. Il discorso del suo presidente, Jerome Powell però indica che la cautela (o la paura di far danni) induce al rinvi o a fine anno di un rialzo dei tassi. Le dichiarazioni di Powell sono spesso sibilline e indicano comunque la sua inclinazione a non compiere grandi mosse ma solo piccoli spostamenti. Una stretta, sia pure morbida, potrebbe però alterare il quadro economico globale. E l’esperienza insegna che le leve monetarie possono avere un’efficacia anche maggiore delle leve politico-militari. Animate dalla grande quantità di moneta immessa in circolazione, le Borse, e in particolare quella di New York, hanno battuto quasi ogni giorno, negli ultimi due mesi, nuovi record, anche se le imprese non sono sostenute da un chiaro aumento della domanda. L’occupazione non agricola americana, infatti, è inferiore di circa sei milioni di persone a quella precedente la pandemia mentre la produzione industriale procede a strappi, e la sua ripresa, fortemente ostacolata – come del resto quella europea – dalle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, è diventata pallidissima con l’eccezione di alcuni settori di punta. Prosperano i “lavoretti”, ma la crescita non è fatta soltanto di “lavoretti”.
Come se non bastasse, all’intreccio economia-pandemia si aggiunge una situazione politica internazionale da brividi. La drammaticità degli avvenimenti di Kabul fa passare quasi sotto silenzio la situazione della Riva Sud del Mediterraneo. In Libano manca di tutto: medicinali, elettricità e combustibili e perfino acqua. In Tunisia il presidente Saied ha licenziato il primo ministro e sospeso il Parlamento per un mese, mentre la Marina ha intercettato decine di barconi carichi di migranti in rotta verso le coste italiane. L’Algeria ha rotto le relazioni diplomatiche con il Marocco, accusandolo di aver favorito gli incendi che hanno devastato le sue montagne. In Etiopia infuria una tremenda guerra civile. In altre zone dell’Africa sub-sahariana, se si esce dalle grandi città, sul terreno si incontrano predoni e guerriglieri. Ai Conflitti e al Covid bisogna poi aggiungere il Clima, con incendi e inondazioni anche qui nettamente superiori alla norma. Siamo così in presenza di tre C che, intrecciandosi, soffocano le nostre iniziative. Un accordo tra banchieri centrali per gestire, senza conflitti tra loro, i flussi monetari mondiali potrebbe essere il punto di partenza perché il mondo esca dalle sabbie mobili nelle quali sembra essere precipitato.