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 2021  agosto 28 Sabato calendario

La morte di Lady Diana

Tra pochi giorni ricorre l’ anniversario di un evento che commosse milioni di persone e ne sbalordì altrettante. Il 31 Agosto 1997 Lady Diana, moglie divorziata di Carlo d’Inghilterra moriva in un incidente stradale a Parigi assieme al compagno Dodi Al Fayed. Gli inglesi, di solito, (così si pensa) freddi e contenuti, manfestarono un cordoglio quale non si era visto neanche ai funerali di Churchill. Su questo delirio collettivo sono stati scritti libri, girati film e sceneggiati, e ognuno ha dato la sua interpretazione. Dopo un quarto di secolo, comunque, l’interesse rimane. 
CONDOTTE ESTREME
La Corona Reale britannica si era spesso segnalata per le condotte estreme dei suoi componenti: alla inaccessibile verginità di Elisabetta I si era opposto il vitalismo priapeo di Carlo II, il merry king che ebbe dodici figli da sette diverse amanti; al puritanesimo bacchettone di Vittoria era seguita la dissolutezza del figlio Edoardo VII, frequentatore di grisettes, ballerine e bordelli parigini; per finire con l’irriverente trasgressione a ogni etichetta di Edoardo VIII, innamoratosi di Wallis Simpson, divorziata e di incerti precedenti morali, che per sposarsi dovette rinunciare al trono a favore del timido e integerrimo fratello, padre dell’attuale sovrana. La quale, irreprensibile quanto il genitore, deve purtroppo tollerare le turbinose avventure del figlio Andrea, detto Andy randy (l’arrapato) per le sue frequentazioni con attricette hard e persino con il chiacchieratissimo Jeffrey Epstein, suicidatosi in carcere dopo ripetute condanne per abusi sessuali. Tutto sommato, il fatto che Carlo e Diana avessero divorziato dopo reciproche infedeltà rientrava quindi nella norma. 

I MATRIMONI FALLITI
A parte l’inossidabile coppia reale, il resto della famiglia Windsor era infatti una sequenza di matrimoni falliti: quello della principessa Margaret con Tony Armstrong Jones, caritatevolmente fatto Lord dopo le nozze; quello della secondogenita Anna con il capitano Mark Phillips: e naturalmente quello di Andrea la cui moglie Sarah Ferguson era stata fotografata con un galante miliardario podofilo. Tuttavia la situazione precipitò quando Diana, con sprovveduta franchezza secondo alcuni, o con raffinata perfidia secondo altri, confidò pubblicamente in un’intervista televisiva che la crescente freddezza del marito e il perdurare del suo rapporto con l’energica amica Camilla Parker-Bowles avevano distrutto la loro storia d’amore. Qualche critico obiettò che nemmeno lei era esente da simili peccatucci, ma il mondo si commosse davanti a tanta tenera solitudine, e solidarizzò con la principessa triste, che si consolava con opere benefiche e meritorie iniziative umanitarie. Surrogati rivelatisi insufficienti, visto che nella sua vita entrò o era entrato Dodi Al-Fayed. 

L’IDILLIO
Era un quarantenne egiziano, figlio di un ricco imprenditore proprietario di grandi magazzini, lussuose ville e di uno yacht gigantesco, dove il figlio aveva invitato la principessa. Il nuovo idillio allarmò la famiglia reale. Il giovane era di religione musulmana, e Diana era pur sempre la madre di William, futuro sovrano del Regno Unito e capo della Chiesa anglicana: un eventuale fratellastro educato secondo il Corano sarebbe stato imbarazzante. Forse i due innamorati entrarono nel mirino dei servizi segreti, sempre sensibili alla vita sessuale dei governanti quando questa può compromettere gli interessi di Stato. In ogni caso entrarono in quello dei fotografi, che vendevano a peso d’oro le loro immagini a un pubblico assetato di pettegolezzi piccanti. La popular paper d’oltremanica in questo settore è ancora più invasiva della nostra. 

IL RITZ
Così la sera del 31 Agosto, quando la coppia uscì dal ristorante del Ritz, si trovò quasi circondata dai paparazzi. Un saggio si domanderebbe perché due celebri personaggi desiderosi di intimità debbano ficcarsi nel più lussuoso ritrovo di Parigi, affollato di americani che cercano, come all’Harry’ s Bar di Venezia, il tavolino preferito di Hemingway. Invece i due cenarono tranquilli, uscirono da una porta secondaria, naturalmente più controllata di quella principale, salirono in una potente Mercedes, e l’autista sgommò a tutta birra. Fu subito inseguito dal corteo di fotografi in una corsa pazza per l’affollato lungosenna, dove anche a notte inoltrata il traffico è più intasato di quello del Cairo. Infilatasi a velocità folle nel viadotto sotto il ponte d’Alma, l’auto sbandò, e finì contro un pilastro accartocciandosi come una scatoletta. La guardia del corpo di Dodi, unica a indossare la cintura di sicurezza, sopravvisse alle gravi ferite. L’autista e i due passeggeri morirono quasi sul colpo.

DISPERAZIONE
La reazione dell’opinione pubblica fu imprevista. Vi furono scene di pubblica disperazione sconfinante nell’isteria. La più sorpresa fu la Regina, che in un primo tempo aveva manifestato un contenuto rammarico e invece fu costretta – pare addirittura dal Primo Ministro – ad esibire in pubblico un dolore che forse non sentiva. Non solo. Durante i funerali, Lord Spencer, fratello di Diana, pronunciò una requisitoria contro la famiglia reale per il cattivo trattamento riservato alla sorella. Poco mancava che, come aveva fatto Bolingbroke con Riccardo II, non ordinasse a Elisabetta di «dipanare la matassa delle sue colpe». La cerimonia comunque fu un’apoteosi per la defunta. Arrivarono personalità politiche, artisti e altre celebrità da tutto il mondo. Un milione di londinesi affollò le strade, e ancora oggi tutti ricordano gli sterminati tappeti di fiori sul sagrato e le note accorate di Elton John nell’austera cattedrale. 

L’EPILOGO
L’inchiesta, condotta dalla magistratura francese, durò due anni. Tecnicamente parlando non era un’indagine difficile: un’auto che si infila come un proiettile dentro un tunnel è una mina vagante, e non c’è da stupirsi se esce di strada. Nondimeno l’incidente suscitò interminabili insinuazioni, alimentate dal ricco Mohamed Al-Fayed che non si rassegnava alla tragedia e voleva a tutti i costi trovare dei colpevoli. Naturalmente i più indiziati erano, come da noi, i servizi segreti: con la differenza che mentre in Italia sono sempre considerati deviati, in Gran Bretagna si ritengono istituzionalmente muniti della licenza di uccidere. In questo caso l’autorizzazione sarebbe arrivata dal principe consorte Filippo di Edimburgo, preoccupato di una possibile gravidanza dell’ex nuora. Per l’esecuzione dell’attentato si immaginarono manipolatori dei freni, tiratori scelti mimetizzati, e altre insidie fantasiose: ogni Paese elabora una sua dietrologia. Dopo due anni di indagini la giustizia francese escluse responsabilità di terzi, addebitando l’evento all’imprudenza del conducente. Una successiva inchiesta inglese arrivò agli stessi risultati: l’autista, tra l’altro era completamente ubriaco.