Corriere della Sera, 27 agosto 2021
Intervista a Jonathan Bazzi
Sangiovanni, il cantante, quello che con Giulia crea la coppia-idolo dei ragazzini nata da Amici, ha posato con una gonna fucsia per la rivista Outpump. Fedez, papà di due piccoli Ferragnez, mette lo smalto. E lo vende. E ci sono gli adolescenti (maschi) che quello smalto lo comprano e, in spiaggia e all’apericena, si aggirano in crop top, in rosa shocking, in oro, e con le mèches, mentre le ragazze vestono – come si diceva un tempo – alla maschietta. Avanza una «generazione neutra», il cui manifesto sembra ricalcato dall’ultimo spot di X Factor: «Nessuna etichetta, paura, barriera, nessuna categoria: liberi di essere chi siamo». Per leggerlo e codificarlo, servono strumenti nuovi e magari intellettuali più anagraficamente vicini alla Generazione Z, nata tra fine anni ’90 e i primi Duemila. Jonathan Bazzi, 36 anni, finalista allo Strega 2020 col romanzo autobiografico Febbre, studioso di questioni di genere, è uno che di sé ha scritto «non mi si consideri affatto sull’abaco del genere. Mi si consideri neutro, vuoto. Non interessato a definirsi».
Bazzi, vede anche lei avanzare una generazione senza categorie?
«C’è un fenomeno che, dalle stanze della comunità Lgbt e del gender fluid, si è esteso a tratti fino a diventare mainstream, soprattutto grazie ai social. Ma se dobbiamo giudicare da quello che si vede sui social rischiamo abbagli. Siamo in una fase di passaggio piena di spinte contraddittorie, dove un ragazzino con lo smalto rischia ancora aggressioni o la riprovazione dell’insegnante».
Si confondono due livelli: questioni di genere e questioni di moda?
«Ci sono desideri e inclinazioni che hanno contaminato moda e costume e una fetta della popolazione si è resa conto che, finora, hanno funzionato codici e partizioni infondati. Io l’ho sperimentato: sono stato un bambino dai gusti non conformi e certe sperimentazioni le ho dovute fare di nascosto».
La differenza fra ieri e oggi è il tratto di allegria, di spensieratezza?
«Lo spostamento verso glam e pop sta togliendo certi comportamenti dal territorio del peccato, della vergogna, del nascondimento, ma non è che non ci sono più i ragazzi messi fuori di casa perché trovati con gli accessori del sesso sbagliato. Però, queste alterazioni del copione unico possono servire da stimolo per cambiamenti di portata più ampia».
Le copertine in gonna di Sangiovanni, come prima di Harry Styles degli One Direction per Vogue America, che cosa raccontano e che effetto le fanno?
«Per me, sono belle. Dicono che, oggi, si può essere maschi etero, ma con una passione per il guardaroba femminile. Fedez è un padre di famiglia, è senza dubbio etero, eppure, mette lo smalto. Forse per marketing, forse perché è nella cultura dei gruppi punk che seguiva da ragazzo, forse perché è di una generazione che ama il nuovo, non importa. Importa che, forse, iniziamo a scoprire che, se tuo marito ha lo smalto, non nasceranno draghi al posto dei figli. E sono fenomeni che aprono a discussioni sull’ampliamento di cosa sia un uomo eterosessuale, finora chiuso in stereotipi come reprimere le emozioni, farsi una posizione».
Quindi, queste mode sono indice di maggiore consapevolezza o di maggiore leggerezza?
«Le due cose convivono. Può esserci l’imitazione della star e finisce lì o che questo porti ad altre riflessioni».
La moda, da Stella McCartney a Marc Jacobs a Gucci, ha lanciato collezioni genderless. Cavalca uno spirito dei tempi o lo crea?
«Ha colto delle istanze e se n’è in parte appropriata. I creativi non sono in maggioranza etero, hanno un loro gusto e io non demonizzo il capitalismo, un sistema che ha problemi enormi, ma è falso che i capitalisti fanno quello che fanno solo per soldi, manipolando le coscienze. Nella moda, ci sono tante persone appassionate, che fanno ricerca».
Un sondaggio del colosso della pubblicità J. Walter Thompson ha rilevato che un terzo dei giovani americani della Generazione Z non si riconosce in un genere. È credibile?
«Sì, perché sono quelli che frequentano di più i social, ma per molti è solo un effetto superficiale».
Lei ha mai messo la gonna?
«Non per uscire, ma con l’aiuto del mio compagno, che fa lo stylist, ho fatto ritratti vestito da Frida Kahlo, da Maria Antonietta. Non mi sento uomo e non mi sento donna e, se mi si chiede di raccontarmi, non posso che parlare di uno spazio-altro».
Su Instagram, ha messo una foto con un golf all’uncinetto: «Quella che vi autorizzo a diffondere in caso di mia scomparsa o rinascita in cielo». Perché proprio quella?
«Perché è un look che mi ha prestato Valentino e mi piace moltissimo. Spero solo che il suggerimento non serva a breve».