Corriere della Sera, 26 agosto 2021
Giappone, va al patibolo boss della yakuza
Un segno del declino della yakuza, la mafia giapponese un tempo intoccabile, è la condanna a morte di un potente capobanda attivo nella prefettura di Fukuoka, nel Sud-Ovest del Paese. È la prima volta che un affiliato alto in grado alla capillare organizzazione criminale che opera in Giappone dal periodo Edo (XVII secolo), va al patibolo. Se il ricorso che ha annunciato fallirà, sarà impiccato: è l’unico metodo di esecuzione vigente in Giappone, tra gli ultimi Paesi industrializzati a non aver abolito la pena capitale.
Satoru Nomura, 74 anni, risulta alle indagini il capo dei «Kudo-kai» di Kitakyushu, un gruppo noto per la sua estrema ferocia. È stato indicato come il mandante dell’omicidio, nel 1998, del capo di una cooperativa di pescatori che non gli si sottometteva; e di altri tre tentati omicidi tra il 2012 e il 2014, ai danni di un ispettore di polizia, un’infermiera e un famigliare del capo della cooperativa dei pescatori.
Nomura nega ogni addebito, e ricorrerà: «Mi ero sottoposto a un processo purché giusto, ma questo non lo è stato», ha detto ai giudici, aggiungendo (una minaccia?): «Vi pentirete di questa sentenza per il resto della vostra vita». Con lui è stato condannato anche il numero due della cosca Kudo-kai, Fumio Tanoue, 65 anni, suo braccio destro: per lui la sentenza è l’ergastolo.
La mafia giapponese, fiorita al massimo dopo la Seconda guerra mondiale, è stata a lungo tollerata dalle autorità, anche come antidoto alle gang cinesi e coreane mai del tutto estirpate dal Paese. Ma nell’ultimo decennio ha sempre meno influenza.