la Repubblica, 26 agosto 2021
Alle donne l’Italia dedica solo un pugno di strade
C’è stato un tempo in cui aver sposato un uomo potente aveva più valore di un Nobel, in questo caso per la Chimica, vinto dopo aver scoperto il Radio. È il motivo per cui Margherita di Savoia è più popolare, toponomasticamente parlando, della sua contemporanea Marie Curie. Entrambe arrivano comunque dopo centinaia di uomini e una folta schiera di sante figure, una fra tutte Maria di Nazareth: la mamma di Gesù è infatti la prima donna sulla classifica di quasi 16mila persone che hanno una o più vie intitolate tra i 21 capoluoghi delle regioni italiane.Tra le 24mila e 625 strade intitolate a personaggi soltanto il 6 per cento è intitolato figure femminili: 1.629 strade in tutto che però sono dedicate a laiche per meno della metà. Sono dati resi accessibili dal progetto Mapping Diversity, una mappa digitale e interattiva che analizza il gender gap toponomastico nata dalla collaborazione di Obc Transeuropa, Sheldon.studio e il network di European Data Journalism che hanno incrociato i dati di OpenStreetMap con le biografie di Wikidata per costruire un supporto digitale sul quale aprire riflessioni sulla parità.
Progetti simili applicati altrove, hanno evidenziato come le città con una più alta percentuale di strade intitolate a donne tendono anche a vantare numeri più egalitari in termini di emancipazione femminile. «A parte Vienna, dove la percentuale è più alta o l’Avana dove è al 40 per cento, negli altri Paesi i numeri restano in linea con quelli italiani – commenta Alice Corona, data journalist che ha lavorato al progetto – Quindi, ben lontani dalla parità». Mettere nero su bianco, e su un piano di navigabilità facilitata, il gender gap è l’inizio di un percorso che vedrà Mapping Diversity allargare lo sguardo verso le differenze sociali o la presenza di persone Lgbt+. «È un modo per costruire consapevolezza e informare – continua Corona – affinché i numeri di questo squilibrio vengano interiorizzati da chi poi può fare attivismo nella propria città». Le città italiane analizzate offrono scenari differenti: Bolzano ha la percentuale maggiore, il 13 per cento, di strade intitolate a donne, mentre ad Aosta sono solo due su 73 le strade dedicate a figure femminili: la crocerossina Ermelinda Ducler e l’antifascista Aurora Vuillerminaz.
Al netto della forte presenza delle sante Anna, Chiara e Caterina, in tutti e 21 i capoluoghi c’è almeno una via o una piazza intitolata a Grazia Deledda, Nobel per la letteratura nel 1926 e prima donna laica della classifica, dove copre il settimo posto tra le donne e il 127esimo assoluto, l’ultima è la cantante francese Edith Piaf. Tra loro due, 918 tra poetesse, scienziate, attiviste e regnanti, compresa una consorte: questa la professione impressa sulla targa sotto al nome di “Elena del Montenegro”, Regina d’Italia fino al 1946. «Quella della rappresentazione – sottolinea Matteo Moretti di Sheldon. Studio – è una questione sulla quale serve riflettere. Per questo, mapperemo altre diversità nell’ottica dell’intersezionalità, così che anche quei dati aprano al dibattito».
Un lavoro approfondito è stato avviato da Maria Pia Ercolini, fondatrice e presidente di Toponomastica femminile, progetto che, tra mostre, attivismo, didattica, campagne di sensibilizzazione e soprattutto con la collaborazione dei Comuni, ha sollevato la questione dieci anni fa. «L’intento è dare visibilità a ciò che le donne hanno fatto e non a ciò che hanno subito – commenta – Tra le altre campagne, ogni 8 marzo chiediamo a tutti i Comuni di intitolare tre vie a tre figure femminili: in questo modo si accresce l’autostima delle bambine e si creano i presupposti per cui le donne non siano considerati soggetti di cui appropriarsi, ma soggetti attivi e operanti. È con il rispetto reciproco che si vive meglio insieme ».