la Repubblica, 26 agosto 2021
Biografia di Jalaluddin Haqqani
Di Serajuddin si è detto molto, soprattutto riguardo ai suoi stretti rapporti con i gruppi della jihad globale (Al Qaeda e Stato Islamico) e a quelli con i servizi pachistani, nonostante l’apparente contraddittorietà di queste relazioni incrociate. Di certo, Serajuddin ha controllato per 15 anni la campagna di attacchi terroristici a Kabul. Il 15 agosto, i suoi uomini hanno preso Kabul e tutti si aspettano che dopo questo exploit il suo network venga ricompensato nella divisione delle spoglie che sta per cominciare.
Il “network” degli Haqqani dominava la regione di Loya Paktia nel sud-est dell’Afghanistan già nei tardi anni ’80, sotto la guida di Jalaluddin Haqqani. Gli Haqqani aderirono al movimento di Mullah Omar nel 1995. Jalaluddin ed i suoi si riorganizzarono dopo la sconfitta del 2001 anche più rapidamente dei Taliban meridionali guidati da Mullah Baradar ed erano pienamente operativi nel 2003, un buon anno prima della cosiddetta Shura di Quetta. Nondimeno, nel 2004 gli Haqqani accettarono di porsi formalmente agli ordini di Quetta.Una svolta importante per gli Haqqani fu nel 2006, quando si assunsero la responsabilità per il fronte di Kabul, ovvero per la campagna di attacchi terroristici che i Taliban decisero di lanciare nella capitale e che è continuata senza interruzione fino alla vittoria finale di agosto. All’epoca gli Haqqani erano l’unico gruppo di talebani con una significativa presenza organizzata nelle vicinanze della capitale, nella provincia di Logar. Da allora, hanno fatto il grosso del “lavoro sporco” per la leadership di Quetta.
Serajuddin ascese alla guida del network degli Haqqani nel 2007, quando suo padre Jalaluddin, fondatore del gruppo, era ormai troppo malato per poter rimanere alla guida. Sotto la sua giovane ed energica guida gli Haqqani cominciarono ad avanzare rivendicazioni di un maggior peso a livello della Shura di Quetta, invano. La mancanza di meritocrazia significava che l’attivismo militare degli Haqqani non si traduceva in promozioni verso i vertici della struttura dei talebani. Dopo qualche mese di tiro alla fune con Quetta, Serajuddin decise di dichiarare l’autonomia del gruppo, mettendolo fuori della catena di comando della Shura di Quetta. Da allora per sette anni gli Haqqani si sono considerati come pari titolo della Shura di Quetta. È come risultato di questa decisione che gli americani l’hanno per molti anni considerata come una organizzazione completamente separata. Solo nell’estate del 2015 gli Haqqani si sono reintegrati sotto la Shura di Quetta, dopo che l’allora leader Akhtar Mohammad Mansur aveva nominato Serajuddin suo vice e co-optato diversi altri membri del network in altre posizioni di potere.
Gli Haqqani sotto Serajuddin si sono sempre considerati come una forza più professionale rispetto ai talebani del sud. Le tattiche degli Haqqani sono sempre state strettamente “asimmetriche”: attacchi di guerriglia, mine e attacchi terroristici. Gli Haqqani si sono anche distinti per la loro “professionalizzazione” degli attacchi suicidi e nel corso del tempo hanno conquistato un quasi monopolio di questa tattica all’interno dei talebani. Hanno investito nella formazione sistematica di terroristi suicidi, che i loro addestratori preselezionavano ancora in età scolare nei seminari gestiti dal gruppo, e poi preparavano al sacrificio supremo nel corso di lunghi anni di indottrinamento. Per il suo uso massiccio di terroristi suicidi e per i suoi “complessi” attacchi terroristici a Kabul il network di Serajuddin si è fatto ovviamente una pessima fama in occidente. Sotto Serajuddin si sono anche intensificati i rapporti con la jihad globale. Al Qaeda ha per molti anni considerato gli Haqqani e specificamente Serajuddin come il partner principale. Dal 2015 in poi Serajuddin si è avvicinato alla Stato Islamico, forse nell’aspettativa che Al Qaeda venisse completamente eclissata dal nuovo alfiere del jihadismo globale. I motivi di Serajuddin nell’allinearsi al jihadismo globale non sono del tutto chiari. Sul terreno, gli Haqqani non sono molto distinguibili dagli altri Taliban. In Loya Paktia, il comportamento degli uomini di Serajuddin è in verità particolarmente moderato: per molti anni hanno avuto accordi con le tribù, permettendo alle Ong di operare senza troppi problemi. Il jihadismo ideologico degli Haqqani sembra per lo più concentrato in ambiti specifici, quali la Commissione dei Fedayin, che si occupa di organizzare attacchi “complessi” e attacchi suicidi.Vale la pena di chiedersi in che misura il jihadismo filo-globalista di Serajuddin sia un’attitudine tattica, finalizzata ad importare tecniche terroristiche dai professionisti del settore, piuttosto che una convinzione ideologica radicata. Certamente ha sorpreso il comportamento degli Haqqani a Kabul dal 15 agosto in poi: la loro moderazione e diplomazia sembravano cozzare contro la loro reputazione di feroci jihadisti. Serajuddin è stata a lungo un oppositore dell’accordo tra talebani ed americani. Anche qui non c’è necessariamente bisogno di scomodare l’ideologia per spiegare questa opposizione, visto che dato tutto il “lavoro sporco” fatto in passato Serajuddin non poteva aspettarsi una nomina prominente in un futuro governo nato sotto l’egida della cooperazione tra talebani e americani. Da come sono andate le cose alla fine, gli Haqqani possono dirsi soddisfatti che i rapporti talebani- americani non sono più rosei come sembrava dovessero essere all’indomani della firma dell’accordo il 29 febbraio 2020. Nondimeno, è prematuro concludere che Serajuddin sia riuscito a conquistarsi una grossa fetta di potere al centro, grazie alla sua cattura di Kabul e al deterioramento dei rapporti tra talebani ed americani. Il suo controllo sulla capitale non è più esclusivo dopo l’arrivo delle forze della Quetta Shura nei giorni scorsi. Si attendono ora le nomine al nuovo gabinetto per valutare gli equilibri interni tra diverse fazioni.
(Antonio Giustozzi è Visiting Professor del King’s College di Londra)