Il Sole 24 Ore, 25 agosto 2021
I talebani rischiano una crisi di liquidità
Agli occhi dei talebani i nemici più temibili non sono quel manipolo di valorosi combattenti tajiki asserragliato sui picchi impervi della valle del Panjshir. Si chiamano piuttosto carenza di liquidità, iper inflazione, disoccupazione, rischio di collasso del già fragile sistema bancario.
La leadership dei talebani sembra aver ben assimilato un concetto: un conto è vincere la guerra, un altro, e più difficile, far funzionare uno Stato, la sua amministrazione ed i servizi destinati ai cittadini.
Venti anni di cooperazione internazionale e di aiuti da parte di Paesi stranieri hanno trasformato il Paese. Il tasso di istruzione è fortunatamente balzato a percentuali ancora basse ma incoraggianti. I servizi sanitari sono migliorati. Più nei centri abitati, meno nelle province, il processo di emancipazione delle donne ha compiuto progressi insperati.
Tutto ciò, però, richiede denaro. Al di là delle corpose entrate provenienti dalla loro economia illegale, un paniere fatto di tasse, molte delle quali estorsioni alla popolazione, narcotraffico, commercio illegale dei minerali estratti e donazioni da controverse organizzazioni caritatevoli del Golfo, i talebani non possono contare su molto altro. Il miliardo e 600 milioni guadagnati nel 2020 era sufficiente per portare avanti, e brillantemente, la campagna militare. Ma non è per nulla sufficiente a far funzionare la macchina di uno Stato popolato da quasi 40 milioni di persone.
Nel 2020 gli aiuti internazionali coprivano l’80% dei nove miliardi di dollari di spese governative (e il 45% del Pil, 19,8 miliardi). Al pari della gran parte degli Stati sovrani, l’Afghanistan aveva la sua moneta. E una banca centrale con munizioni per difenderla nei momenti peggiori, vale a dire le riserve in valuta pregiata. I 9 miliardi di dollari di riserve però si trovavano all’estero e sono stati congelati su decisione degli Usa. A Kabul, ha precisato l’ex governatore della banca centrale, Ajmal Ahmaty, fuggito negli Usa, non resta che lo 0,1-0,2 %. Un pugno di milioni di dollari che si brucerebbe in pochi giorni. Come pagare ora i 70mila miliziani, i salari di medici e funzionari pubblici? Come tenere a galla il sistema bancario che inizia a dare segni di cedimento?
Avrebbero potuto far gola i 460 milioni di dollari che si era impegnato ad erogare l’Fmi, destinati alla lotta contro il Covid. Ma sono stati bloccati anche questi. Perché non c’è un Governo. Senza riserve, e con gran parte dei capitali bancari congelati all’estero, si affaccia lo spettro di una devastante crisi di liquidità. Uno scenario in cui le banche rischiano di non poter restituire i risparmi dei loro clienti qualora dovessero chiederli in massa. Ipotesi più che probabile. La corsa ai bancomat (sebbene solo il 10% della popolazione ne possieda uno) potrebbe aggravare la crisi. Con conseguenze funeste. Svalutazione della valuta nazionale ed iper inflazione.
In questo contesto il tono particolarmente morbido e conciliante usato dai talebani ieri nella loro prima vera conferenza tradisce l’ansia di trovarsi di fronte a una bancarotta con la popolazione talmente esasperata da rompere il muro della paura e fare nascere proteste violente.