Corriere della Sera, 25 agosto 2021
Massimo e Paola Ghini a Panarea
I Ghini di vacanze belle ne hanno fatte tante. I primi anni, coi bimbi piccoli, a Ischia, poi a Formentera, quindi, spiega Massimo Ghini «tu sei padrone delle tue vacanze finché i figli hanno sei anni, poi cominciano che un amichetto ha una casa qua, un altro là. Infine, sette o otto anni fa, abbiamo trovato la pace a Panarea». «Pace», per modo di dire. Dei quattro figli totali, due avuti insieme, due che l’attore aveva prima d’incontrare la costumista Paola Romano, ognuno si porta in vacanza anche degli amici... Racconta Paola: «Una volta, Margherita aveva quattro amici, Camilla tre, Leonardo tre, solo Lorenzo aveva compagni che stavano già sull’isola».
Non è una gran fatica invece che una vacanza?
Massimo: «A noi mancava solo la divisa rossa coi bottoni d’oro per passare per filippini».
Paola: «Non facevamo altro che fare la spesa e cucinare. Parlo al passato, perché ora non siamo andati: i ragazzi sono grandi, lavorano, hanno ferie brevi che non coincidono».
Com’è di solito la vostra Panarea?
Paola: «Per dire quanti eravamo, una volta, i ragazzi sono stati invitati a un compleanno al Raya. Il dress code era: total white. Impazziamo per trovare i vestiti bianchi, arriviamo e la mamma del festeggiato ci ferma tutti e chiama la sicurezza urlando: ma quanti sono questi Ghini? Quanti?».
Massimo: «È diventata la nostra frase famosa. Ci sono stati momenti che arrivavamo a 25 persone».
Quale casa riusciva a contenervi tutti?
Massimo: «Ne abbiamo girate. Siamo partiti con una casetta e siamo arrivati a una caserma. Infatti, ce l’affittava un ex colonnello. La parte sotto per 14 ragazzi era messa proprio a caserma, coi letti a castello. La mattina, li svegliavo con la tromba».
Paola: «In realtà, l’isola sta tutta in una striscia parallela al mare. Per cui, gli amici sono sempre tutti lì. Alle feste a casa, veniva tutta Panarea».
Eravate in 25 e davate pure le feste?
Paola: «Sempre di ragazzi. Era un divertimento pure per noi».
Massimo: «I ragazzi usavano casa per aspettare l’una di notte. Se vai prima nell’unica discoteca, ti guardano come un poveretto. Poi, loro si svegliano per colazione che noi abbiamo già pranzato».
Che altro fate a Panarea?
Massimo: «Noi ci facciamo le nostre giornate con gli amici, parlando di politica e cinema. Per il resto, io sono di poche pretese: mi bastano una sdraio, i giornali, una birretta. Uno spaghetto. Sono stanziale, mi muovo fin troppo il resto dell’anno. Pure da giovane, quando gli amici scarpinavano per trovare la spiaggia isolata mi facevo, come avrebbe detto Andrea Camilleri, due cabbasisi micidiali».
Quanto vi è mancata l’isola quest’anno?
Massimo: «A me, non molto. Appartengo a una categoria che ha tanto sofferto la pandemia e, per senso di solidarietà, non mi va di immaginarmi fotografato in spiaggia. A me, è andata bene, ho quattro film girati o usciti in pandemia. Ho iniziato con Una famiglia mostruosa di Volfango De Biase, una black fantasy comedy che uscirà a novembre. Prima, avevo fatto La mia banda suona il Pop di Fausto Brizzi, uscito il giorno prima del lockdown. Mentre La volta buona di Vincenzo Marra, un film più d’autore, pure è stato bruciato dal Covid ed ora è su una piattaforma. E deve uscire i Cassamortari di Claudio Amendola, un fantasy, divertente, cattivo».
Voi come vi siete conosciuti?
Paola: «Un Capodanno a casa di Alessandro Haber. Un colpo di fulmine».
Massimo: «Nel delirio della festa, vedo questa donna bellissima. Ha fatto una cosa che solo le donne sanno fare: ha finto di non essere guardata. Poi, si è girata e mi ha lanciato uno sguardo di sufficienza».
Paola: «Mi sono girata e ho avuto la certezza che sarebbe stato per sempre».
Massimo: «Non ci siamo neanche parlati. Però, la feci invitare alla prima di Alleluja brava gente al Sistina. La tirai dentro il camerino e la baciai, perché l’omo è omo».
Quanti anni sono passati?
Massimo: «Ventisei. E ancora, per stare bene, non abbiamo neanche bisogno di vacanze. In fondo, pure a Panarea, vai al bar del porto e ti pare di stare nella Trilogia della villeggiatura goldoniana, quando le damigelle arrivano e dicono tutte la stessa battuta: buonasera, stasera che femo? E le altre: parlemo male di qualcuno».