Corriere della Sera, 25 agosto 2021
Diamante Marzotto parla della madre Marta
Marta Marzotto che mamma è stata?
«Dolce e dura, spietata e brutalmente sincera. E per questo la ringrazio, mi è servito poi con i miei quattro figli. Se un giorno diceva “come sei bella amore” lo pensava davvero, ma se diceva “vai a toglierti quel maglione che ti ingrassa o ti smagrisce”, dovevi correre e darle retta».
Litigavate?
«Ma certo! Non era tutto rose e fiori, potevamo stare qualche settimana senza parlarci. Lei non ha mai chiesto scusa, questa parola non esisteva nel suo vocabolario».
E perché discutevate?
«Aveva delle preferenze, eravamo abituati e non ce ne importava nulla. Ma talvolta superava i limiti. La mia non era gelosia, ci ha insegnato a condividere, era generosissima; ma senso di giustizia».
Pensa di somigliarle?
«Dei suoi figli, sono la più diversa e la più uguale: non esuberante, non mondana, non coraggiosa come lei. Poi abbiamo dei lati identici, quelli più creativi, e lo stesso senso dello humor. Certe risate al telefono! Appena sapeva una barzelletta nuova ero la prima cui la raccontava. Ho riso così tanto da non riuscire a respirare solo con mia sorella Annalisa da ragazzina...».
Diamante, 58 anni, è la quartogenita di Marta Marzotto, dopo Paola, Annalisa, Vittorio, e prima di Matteo. Il 9 settembre la vedremo in un evento speciale alla Mostra del cinema di Venezia, dove sarà proiettato quello che lei chiama il «DocuMarta», il documentario dedicato alla mamma: La Musa inquieta. Storia di una mecenate che visse più volte, con la regia di Massimiliano Finazzer Flory . Diamante, ripresa sempre di spalle, interpreta sua madre e la somiglianza – la camminata, i capelli e le spalle, i kaftani colorati e le scarpe basse – è impressionante.
Che effetto le ha fatto vestirne i panni?
«Sono di una timidezza che svengo, ma poi sulla scena c’erano i ragazzi guidati da Lorenzo Di Nola che hanno reso tutto facile. Pure il mio terzogenito Oliviero, che studia scenografia a New York, ha fatto delle riprese».
Nel documentario sembra davvero Marta Marzotto.
«Quando sono arrivata al Poldi Pezzoli, dove ha fatto restaurare in memoria di mia sorella Annalisa la «Madonna del Libro» di Botticelli, ero pettinata come lei e indossavo i suoi abiti: mi sono voltata di scatto e mio figlio quasi sviene. L’autista che l’accompagnava ovunque quando mi ha vista si è messo a piangere».
Sua madre raccontava di aver pianto soprattutto da anziana.
«Mamma ha pianto tantissimo quando è scomparsa Annalisa, ma il dolore se lo portava dentro da quando era nata perché ancora non si conosceva la fibrosi cistica. In quella circostanza è stata un drago: ha pianto per un anno intero e poi si è rimboccata le maniche ed è ripartita. Da anziana credo piangesse per la frustrazione di non sentirsi le forze come un tempo e di non riuscire a fare tutto quello che voleva. Lei mangiava la vita».
Come ha vissuto, da figlia, i suoi amori?
«Intanto non ho mai visto cose scabrose, perché non ci sono state. Lei non faceva mancare niente a mio padre, ed evidentemente lui glielo permetteva. La più grande storia d’amore è stata quella con Guttuso: era pazzo di lei. Ricordo che le dissi: mamma, se mi scrivono una lettera bella la metà di quelle che ti scrive lui sono fortunatissima. Quella più penosa è stata con Lucio Magri. Lei preferì non ricordarla più».
Sua mamma era una donna molto divertente.
«Imitava tutti i personaggi dell’Armata Brancaleone, morivo dal ridere. Una volta a Parigi volle raccontare una barzelletta ai francesi in francese, che non parlava, ma tra gesti ed espressioni del viso fece ridere tutti».
Dove riposa adesso?
«A casa di mio fratello Matteo. A lei sarebbe piaciuto che le sue ceneri fossero disperse a Cortina, ma non aveva lasciato niente di scritto. Io avrei voluto che fosse ospitata nel Cimitero Monumentale di Milano, perché mamma era di tutti. Ma qualcuno ha bloccato l’iniziativa. Sarebbe bastata una targa per lasciare un fiore, un biglietto, una poesia».