Corriere della Sera, 25 agosto 2021
Afghanistan, un governo sul modello iraniano
L’Afghanistan ha meno di 300 anni e non ha avuto un Garibaldi o un Dante ad unirlo. Piuttosto è il prodotto dello spazio vuoto tra pieni altrui. Fino a che deve difendersi da un’aggressione esterna ha dimostrato efficienza: il soprannome di tomba degli imperi, non si guadagna per caso. Nei venti anni di occupazione terminati il 15 agosto, l’Occidente ha cambiato la Costituzione, centralizzato l’amministrazione, introdotto l’idea di una testa un voto. Ma tutto questo è svanito davanti a dei guerrieri barbuti arrivati nella capitale in motocicletta senza una fucilata dai «nuovi afghani democratici». Prima di noi i sovietici non si erano comportati molto diversamente (eccetto per il dettaglio del voto). Anche loro avevano cambiato la Costituzione, abolito la monarchia, centralizzato lo Stato, portato modernità. In entrambi i casi (sovietico e occidentale) l’opposizione è venuta dalle campagne, dalle province, dalla rete tribale ed etnica. I talebani devono ora costruire un loro Stato. Cercheranno di evitare gli errori di chi hanno sconfitto. Forse cercheranno anche di non ripetere gli errori del loro primo Emirato.
I secoli sono lenti a passare se il figlio fa lo stesso lavoro del padre e del nonno e, a guardare le miniature del 1700, il modo di annodare i turbanti è cambiato di poco. Allora l’Afghanistan non esisteva, c’era invece l’Impero Mogul. Era un potere moribondo di cavalli e spade che univa gli altopiani a nord dell’Hindo Kush all’India. Ne approfittò la Persia per saccheggiare qualsiasi città si trovasse sulla strada verso Delhi. Le stragi furono raccapriccianti, ma il bottino magnifico. Per tre anni lo shah smise di chiedere tasse. Spariti i Moghul, ritiratosi il persiano, le tribù dell’altopiano pensarono a come difendersi dal prossimo invasore. Erano genti diverse, con lingue diverse, di etnia diversa. Li univa solo la fede nell’Islam sunnita e il fatto di avere nemici pericolosi. A nord i cristiani ortodossi russi. A sud i pagani Hindu e buddisti. A ovest gli «eretici» sciiti persiani. Il loro non era uno spazio definito se non come risultato dell’assenza degli altri.
Le tribù si riunirono in assemblea (Loya Jirga) e scelsero il re, il Dur-i-Durran, perla delle perle. La tribù Abdali cambiò subito il nome in Durrani. Erano pashtun (come oggi i talebani), ma a quella Loya Jirga c’erano delegati delle tribù tajike, hazara, baluchi, uzbeke, le stesse etnie che ancora oggi vivono nel Paese. Da allora la storia afghana è stata una costante concorrenza tra il ruolo dell’amministrazione comune e quello delle tribù con supremazia delle seconde. Il rapporto di forza cambia quando l’emiro può usare le armi abbandonate dai britannici nel 1919 e, paradossalmente, uno dei suoi successi di centralizzazione fu la diffusione del burqa usato fino ad allora solo dalle sue concubine. Fino al golpe filosovietico del 1979 la Loya Jirga continua però ad avere un ruolo fondamentale.
I talebani convocheranno una nuova assemblea tribale? Gli americani lo fecero, ma non bastò perché la parte talebana ne venne esclusa e il nuovo capo, Hamid Karzai, pashtun come da tradizione, era stato imposto dall’esterno non selezionato tra le tribù. I talebani parlano di «mettersi alle spalle il passato», di «amnistia», hanno persino fatto l’elogio del loro più accanito nemico, il tajiko Ahmad Shah Massoud, chiamandolo «eroe nazionale».
Durante il loro primo Emirato combatterono le minoranze, tentarono di imporre a tutti il loro «Amir-ul-mominin», il comandante dei fedeli, mullah Omar. Volevano espandere la loro visione dell’Islam o, forse meglio, il loro codice di condotta tribale, il pashtun wali, che va oltre i precetti religiosi e comprende la segregazione dei sessi come l’ospitalità. I primi talebani erano guerrieri, montanari e analfabeti. Oggi i loro leader hanno trascorso all’estero gran parte di questi venti anni.
Hanno visto un mondo diverso anche se islamico. Hanno vissuto nel Pakistan repubblicano dei grandi partiti familiari e ideologici erede del colonialismo britannico. Paese potente e filoamericano dove convivono lapidazione e bomba atomica. Hanno vissuto nelle monarchie del Golfo, con le loro donne velate e i grattacieli dove tutto è possibile, anche una televisione come Al Jazeera, con giornaliste donne a fare domande scomode a qualunque uomo potente. Hanno conosciuto la prima Repubblica Islamica del mondo, l’Iran che offre loro un modello perfetto con una Guida suprema religiosa che decide e uno eletto che fa solo da facciata. Cos’hanno in mente quando parlano di «governo inclusivo»?
Il tajiko Ahmad figlio del leggendario Ahmad Shah Massoud che non si è arreso alla occupazione talebana sostiene che una «Confederazione su modello svizzero potrebbe funzionare». In ogni caso, il modello talebano non potrà dimenticare la storia dei suoi abitanti: quelli che non sono persiani, indu, cristiani, buddisti… e non hanno altro posto dove vivere.