il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2021
Intervista a Jean-Paul Fitoussi
Esportare la democrazia conviene? “Immagino si riferisca al fatturato della guerra”.
Immagina bene professor Fitoussi.
La guerra alimenta una domanda aggiuntiva ma ci sono modi assai migliori di alimentare il fatturato. Non c’è poi una guerra che sia finita bene e non c’è luogo in cui la democrazia sia stata esportata con le armi. Siamo dovuti partire da ogni Paese occupato con i blindati e il costo politico della fuga risulta enormemente maggiore di quello messo in preventivo. Iraq, Siria, Libia ancora sono bracieri ardenti e nulla ci hanno purtroppo insegnato. L’Afghanistan è l’ultima tappa di questa indisturbata e suicida crociera militare che finisce in un bagno di sangue e in una catastrofe geopolitica.
Si dice che l’Afghanistan sia la nuova Arabia del litio. Con immensi giacimenti inesplorati mentre la Cina sarebbe già intenta a valorizzare le riserve di rame e l’India quelle di ferro.
Intanto ci siamo consegnati ai talebani armi e bagagli. La lezione di questa disfatta ci dice che se c’è da alimentare un’industria nazionale beh, scegliere di scatenare una guerra è di sicuro il modo peggiore. Gli Usa, ora protagonisti di questa fuga caotica e piuttosto disonorevole, con la pandemia hanno invece dato una lezione all’Europa su come contrastare la recessione e abbattere la disoccupazione.
Non hanno risparmiato dollari.
Cinquemila miliardi è la dote messa a disposizione. Quantità imparagonabile di fronte ai 750 miliardi di euro (di cui 360 miliardi di prestiti) che l’Europa ha propagandato come il grandioso piano di ripresa. Grandioso? C’è qualcosa che non capisco.
L’Europa è una, nessuna e centomila.
Gli Usa non tollerano una disoccupazione alta, noi invece sì. E infatti gli Usa hanno un’economia già ritornata ai livelli pre Covid, da noi si stima che solo alla fine del prossimo anno potremo dire lo stesso. E molte delle spese, ritornando al tema dell’Afghanistan e dell’economia prodotta da una guerra, saranno invece destinate a riqualificare le infrastrutture civili, a irrobustire il sistema sanitario. Come vediamo, il fatturato dell’industria è lievitato enormemente a conferma che la guerra, oltre a ogni valutazione di ordine etico, resta la strada meno conveniente per alimentare i bilanci.
Perché l’Europa arranca?
Perché è un insieme di Paesi federati senza una vera federazione. I governi nazionali messi sotto tutela dalla burocrazia di Bruxelles che deve valutare la qualità dei soldi spesi da ciascuno di essi, accettano supinamente questo tutoraggio. Una tutela che alimenta altra burocrazia e finisce per ostruire il cammino invece di renderlo più veloce e segna, tra le altre tante distinzioni, la differenza con la speditezza dell’economia americana.
Dopo Merkel chi guiderà le danze a Bruxelles?
Due persone possono assumere la leadership europea: Draghi e Macron. In questa fase c’è però bisogno di una politica schiettamente di sinistra e Draghi, che pure ha un curriculum superiore al francese, da questo punto di vista non compie scelte identificabili. Perciò per Macron (che ha altissime probabilità di essere rieletto) la strada è in discesa.