la Repubblica, 23 agosto 2021
Così Eichmann fu consegnato al Mossad
L’uomo nella foto sorride. Ma non è ignaro. Sa chi è il collega che posa accanto a lui. Sa che è uno dei più feroci gerarchi nazisti, latitante da anni. Anche Adolf Eichmann sembra accennare a un sorriso. Si sente protetto in quella sperduta provincia argentina. Coperto dalla fedeltà d’acciaio dell’ampia rete di ex nazisti che si nascondono nel Paese di Perón e dalla falsa identità che gli hanno regalato. Ma l’uomo nella foto ha capito da un pezzo che dietro Ricardo Klement si cela uno dei principali architetti dello sterminio degli ebrei, il boia che Hannah Arendt prenderà a esempio per descrivere la banalità del male quando diventerà l’imputato del più spettacolare processo alla Germania nazista in Israele.
Gerhard Klammer è schifato da Eichmann. In Germania ha visto i filmati sui campi di concentramento, per anni busserà invano alle autorità tedesche per denunciarlo. Finché non incontrerà la persona giusta. Fino a oggi l’identità di Klammer, eroe civile, geologo tedesco emigrato in Sudamerica che consegnò il boia di Hitler alla procura generale e al Mossad, è rimasta segreta. Il quotidiano Sueddeutsche Zeitung è riuscito a ricostruirne l’identità attraverso una lunga inchiesta.
È il 1949 quando Klammer decide di abbandonare la moglie, i figli, e una Germania ancora ricoperta di macerie per cercare fortuna in Sudamerica. È costretto a lavoretti saltuari, pagati una miseria, e a settembre si imbarca clandestinamente a Genova su una nave che lo porta in Argentina. Negli stessi mesi Adolf Eichmann è più fortunato. Parte in nave per il Sudamerica con il suo passaporto nuovo di zecca e quando arriva a Buenos Aires la rete di ex nazisti magnificamente raccontata da Frederick Forsyth in “Dossier Odessa” è già lì ad aspettarlo. I sodali del Reich lo portano immediatamente nella provincia di Tucuman, dove c’è già un lavoro nell’impresa di costruzioni Capri ad aspettarlo. È stata fondata da un ex ufficiale delle SS e pullula di ex nazisti con il passaporto falso. Ma il regime di Perón chiude entrambi gli occhi.
Klammer approda alla Capri con più fatica. Fa il barista, scrive a un suo collega, sarcastico, che “diventerò un grande gastronomo o un barbone”, finalmente riesce a unirsi a una spedizione scientifica di un biologo austriaco, Otto Feninger. E con lui, il geologo fa scoperte talmente importanti che i giornali argentini lo festeggiano come un novello Alexander von Humboldt. Dopo, piovono le offerte di lavoro. E il giovane geologo, finalmente raggiunto dalla moglie e dai figli, accetta un impiego alla Capri, la stessa dove lavora Eichmann.
Quando arriva in azienda, tutti sanno chi si nasconde dietro Ricardo Klement. All’inizio degli anni Cinquanta, Klammer comincia a denunciarlo alle autorità tedesche. Ma nessuno lo ascolta. Il Paese vuole dimenticare, il cancelliere Konrad Adenauer è ansioso di cancellare tante biografie coperte di sangue, vuole pacificare una Germania che fatica a rialzarsi. Anzitutto copre il passato di uno dei suoi più stretti collaboratori, Hans Globke, che ai tempi di Hitler era stato uno dei più potenti funzionari nazisti.
Il geologo ha persino seguito Eichmann a casa, di nascosto, conosce il suo indirizzo preciso. Un giorno, disperato, si rivolge a un suo amico teologo rimasto in Germania, Giselher Pohl, molto vicino al vescovo Hermann Kunst. È lui a parlare nel 1959 con il leggendario Procuratore generale Fritz Bauer, con il magistrato ebreo che si è messo a caccia gli ex nazisti ma che ha la sensazione di calpestare territorio nemico ogni volta che lascia il suo ufficio. I tribunali sono infestati di ex nazisti, e Bauer ha imparato da un pezzo a girare le sue informazioni al Mossad, ai servizi segreti israeliani. Su Eichmann, però, si sono bruciati già una volta, non si fidano dell’accuratezza delle sue informazioni. Finché Bauer non tira fuori la foto.
È l’istantanea scattata in Argentina in cui si vede Eichmann accanto a Klammer. È la prova che convince il Mossad, che rapisce Eichmann da lì a poco e lo consegna alla giustizia israeliana. Ma la foto è strappata: Bauer ha voluto nascondere il suo informatore. Per ricomporla, la Germania ha dovuto aspettare sessanta lunghi anni.