1 - BARADAR E I VECCHI "SIGNORI DELLA GUERRA" ALLEANZA ISLAMICA PER SPARTIRSI IL POTERE, 22 agosto 2021
IL GOVERNISSIMO “INCLUSIVO” DEI TALEBANI E' MEJO DEL "TRONO DI SPADE" - IL CAPO POLITICO ABDUL GHANI BARADAR VUOLE COOPTARE I VECCHI MUJAHEDDIN ANTI-SOVIETICI E GLI ESPONENTI DELLA REPUBBLICA APPENA ABBATTUTA, SU TUTTI L'EX PRESIDENTE HAMID KARZAI E L'EX PREMIER ABDULLAH ABDULLAH - IL NUOVO ESECUTIVO HA L’APPOGGIO DELLA RUSSIA: “NON CI SONO ALTERNATIVE” - AL VERTICE CI SARA’ L'EMIRO HAIBATULLAH AKHUNDZADA E IL CONSIGLIO DELLA SHURA A SUPERVISIONARE IL RISPETTO DELLA SHARIA - SOTTO, UN GOVERNO PRESIDENZIALE A GESTIRE GLI AFFARI CORRENTI… -
Giordano Stabile per “la Stampa” Il capo politico dei taleban Abdul Ghani Baradar arriva a Kabul e mette le basi del secondo Emirato islamico dell'Afghanistan. Se l'ideologia è la stessa del regno del terrore del mullah Omar, la forma sarà diversa, in modo da offrire all'Occidente almeno la parvenza del promesso "governo inclusivo", che non sia una semplice replica della dittatura jihadista del 1996-2001. Baradar era anche allora il numero due, il braccio destro dell'emiro, oltre che ministro della Difesa. Ma i tre anni passati a Doha, in Qatar, a trattare con gli americani, gli hanno fornito un'infarinatura di inglese e di linguaggio istituzionale: da braccato dalle forze speciali alla foto assieme a Mike Pompeo.
La sua idea è cooptare i vecchi mujaheddin anti-sovietici, poi signori della guerra fra il 1992 e il 1996, ed esponenti della repubblica appena abbattuta, su tutti l'ex presidente Hamid Karzai e l'ex premier Abdullah Abdullah. Sul fronte esterno può contare sull'appoggio di Mosca. Ieri l'ambasciatore Dmitry Zhirnov ha detto che «non ci sono alternative» ai taleban. Baradar lavora anche per se stesso, punta a diventare "presidente" in uno Stato che non prevederà democrazia né elezioni ma che dividerà il potere in due strati. Al vertice massimo l'emiro Haibatullah Akhundzada e il Consiglio della Shura a supervisionare il rispetto della sharia.
Sotto, un governo presidenziale a gestire gli affari correnti. Ha aperto il dialogo perché ha due problemi urgenti da risolvere. Da una parte deve facilitare l'evacuazione degli occidentali ancora presenti a Kabul, centinaia se non migliaia. Prima se ne vanno, prima le truppe della Nato lasceranno l'aeroporto. Il secondo obiettivo è impedire che si coaguli, anche minima, la resistenza armata. Baradar, che ha visto il primo Emirato cadere in sei settimane sotto i colpi dell'Alleanza del Nord, non vuole ripetere l'esperienza.
Nella valle del Panshir, il figlio del leggendario comandante Massud, Ahmad Massud, ha raccolto reparti dell'esercito fedeli al vicepresidente Amrullah Saleh, assieme a mujaheddin leali alla memoria del padre e lanciato "la resistenza". Poca roba, ma se il malcontento cresce fra i tagiki potrebbe diventare una minaccia seria. Bisogna "includere", cooptare. A fargli da sponda c'è uno dei personaggi più usurati, Gulbuddin Hekmatyar, soprannominato «il macellaio di Kabul» dopo che nel 1993 le sue milizie in lotta con il comandante Massud distrussero un terzo della città.
L'uomo ha fatto molte capriole. Nel 1979 entra nell'operazione "Ciclone" finanziata dalla Cia contro i sovietici. Dopo il 1996 si accorda con i talebani, poi li segue in Pakistan e nel 2004 dichiara la jihad contro i vecchi alleati americani. Oggi Hekmatyar si è messo alla testa di un trio con Karzai e Abdullah per trattare la spartizione del potere. Classe 1947, è il più navigato e quello che ha i rapporti di più lunga data con l'Isi, i famigerati servizi pachistani.
Anche Islamabad non intende ripetere l'errore del 2001 e preme sulla leadership taleban perché mostri moderazione. Karzai, ex uomo più elegante del mondo e presidente dal 2001 al 2014, è un pashtun influente al Sud, soprattutto fra "i signori dell'oppio". I taleban potrebbero averne bisogno per blindare il controllo di Kandahar. In cambio Karzai vuole garanzie sui suoi affari dall'emiro Akhundzada, molto geloso nel gestire il business della droga.
Abdullah, madre tagika e padre pashtun, è influente al Nord, ha partecipato alla resistenza antisovietica da medico, sotto il comandante Massud. Ha provato tre volte a farsi eleggere presidente, e due volte è stato fermato dai brogli. Dopo la fuga del presidente Ashraf Ghani si è fiondato negli spazi politici della transizione, e parla con tutti. Ha incontrato persino Khalil Haqqani, un altro "macellaio", leader della branca più sanguinaria dei Taleban. Haqqani, fra i terroristi super ricercati dagli Stati Uniti, con una taglia da 5 milioni di dollari sulla testa, è entrato venerdì a Kabul.
Esponente dell'ala "pachistana" dei taleban, è in concorrenza con Baradar, che guida l'ala "qatarina". Haqqani ha preso in mano la gestione della sicurezza nella capitale e si sta creando una sua rete di alleanze. Ieri ha ricevuto il giuramento di fedeltà del fratello di Ashraf Ghani, Hashamt Ghani Ahmadzai.
Abdullah lo ha invitato nella sua residenza, e gli ha offerto di mediare con Ahmad Massud, asserragliato nell'imprendibile valle del Panjshir. È quella la grana più urgente, per i nuovi padroni del Paese. Oltre alle proteste delle donne a Kabul, che ieri sono tornate a sfidare gli studenti barbuti. «Non rinunceremo alle conquiste di questi vent' anni», ha ribadito l'attivista Fariha Esar. Sarà questo il primo test su quanto "inclusivi" siano davvero i nuovi taleban.
2 - IL MULLAH BARADAR A KABUL TRATTA CON I CAPI POLITICI «SARÀ UN GOVERNO INCLUSIVO» Cristiano Tinazzi per “il Messaggero”
«Sicurezza delle persone, processo politico inclusivo, rispetto dei valori nazionali, inclusa la bandiera». Questi alcuni dei temi sui quali si sta lavorando a Kabul in queste ore. Con un obiettivo: formare il nuovo governo che guiderà il Paese. E proprio ieri, su questo fronte, c'è stata un'importante accelerazione con l'arrivo nella capitale del mullah Abdul Ghani Baradar, numero due del movimento e capo dell'ufficio politico. Il vice leader e cofondatore del movimento talebano non metteva piede in Afghanistan da vent' anni.
Baradar è infatti rientrato il 17 agosto scorso dal Qatar (dove dirigeva l'ufficio politico del movimento), dopo due decenni di assenza dal Paese. Arrestato nel 2010 nel vicino Pakistan, tenuto in prigione per otto anni, è stato rilasciato nel 2018 quando gli Stati Uniti hanno intensificato i colloqui con i Talebani con l'obiettivo di lasciare l'Afghanistan. Nel febbraio 2020 è stato protagonista degli storici negoziati con gli Usa che hanno portato alla firma dell'Accordo per portare la pace in Afghanistan. Baradar ha anche incontrato lo scorso luglio in Cina il ministro degli Esteri Wang Yi.
Diversi altri leader talebani sono arrivati intanto a Kabul da Doha, dove in precedenza avevano partecipato ai negoziati con gli Usa. Ad accoglierli, riferisce la Bbc, anche Abdullah Abdullah, l'ex inviato per i colloqui di pace del governo. Sul suo profilo Facebook, Abdullah ha pubblicato una foto in cui lo si vede mentre saluta l'ex ambasciatore talebano in Arabia Saudita Shahabuddin Delawar, l'ex ministro degli interni talebano Mullah Khairullah Khairkhwa, Abdul Salam Hanafi e altri.
Altre immagini, aggiunge la stessa fonte, mostrano gli stessi leader che parlano con Hamid Karzai, presidente dell'Afghanistan dal 2001 al 2014 e rimasto a Kabul quando i talebani hanno preso il potere. Il post di Facebook afferma che durante l'incontro sono stati discussi «l'attuale situazione nel Paese, la sicurezza delle persone, il processo politico inclusivo, il rispetto dei valori nazionali, inclusa la bandiera».
GLI UOMINI FORTI Il capo dell'Alto consiglio di riconciliazione Abdullah Abdullah e l'ex presidente afgano Hamid Karzai stanno continuando a organizzare una serie di colloqui per tentare di portare a termine questo processo politico di integrazione con i Talebani (che ieri hanno incassato il giuramento di fedeltà da parte del fratello dell'ex presidente Ghani) per la formazione di un governo che rappresenti tutte le realtà del Paese.
I Talebani però non sono un monolite. Sulla sua pagina Facebook Abdullah ha riferito di aver incontrato alcuni loro leader, tra cui Shahabuddin Delawar, Abdul Salam Hanafi, Khairullah Khairkhaw e Abdul Rahman Fida. Si è discusso, ha scritto, dell'attuale situazione nel Paese, della sicurezza e di un processo politico inclusivo. Resta sulla carta la questione della minoranza Hazara e quella relativa alla presenza di donne.
IL GOVERNATORE Nella compagine governativa. Karzai e Abdullah hanno anche incontrato Abdurahman Mansoor, nuovo governatore della capitale, per parlare della sicurezza in città. Tutti assicurano che l'obbiettivo primario è quello di riportare pace e sicurezza, ma l'aeroporto della capitale è ancora nel caos. Almeno tre morti ieri per la calca. Decine di migliaia di persone cercano di andarsene dal Paese e ci sono ancora migliaia di stranieri che devono essere imbarcati.
Un testimone ha riferito che colpi d'arma da fuoco continuano ad essere sparati quasi incessantemente fuori dal complesso che ospita lo scalo. Tutto questo mentre arriva la prima fatwa dei Talebani: nelle università pubbliche e private della provincia di Herat, nella parte occidentale del Paese, non sarà più permesso alle ragazze frequentare classi miste. Intanto, sul fronte della resistenza, Massoud Jr ha smentito le voci di ritirata: «Non molleremo».