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 2021  agosto 20 Venerdì calendario

Mancano i chip, auto in allarme

Chi si aspettava un affievolimento della crisi con il passare dei mesi resterà deluso. Perché da giugno in avanti, lo raccontano anche i corsi azionari dei principali produttori di automobili, il robusto rally che ha visto i massimi in aprile ha perso slancio e la curva ha iniziato una china discendente. Ieri le vendite sul comparto sono state massicce in Europa (e non solo) e hanno interessato gli stessi produttori, come Stm o Infineon. L’entusiasmo per la corsa all’elettrificazione a suon di investimenti per decine di miliardi da parte di tutte le case storiche, lanciate all’inseguimento di Tesla, è stato rapidamente soppiantato dalla preoccupazione. Mancano microchip, per tutti, e il guaio è che lo shortage potrebbe proseguire per l’intero 2022, come ha previsto il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, e oltre. Ma non perché i chip non si producano. Tutt’altro. 
La taiwanese Tsmc, leader indiscusso con il 54% delle quote di mercato (tra i maggiori clienti Apple e Qualcomm), ha prodotto il 60% dei chip per auto in più nel 2021, +30% rispetto al 2019 e ha visto lievitare i profitti (4,8 miliardi di dollari e +11% nel secondo trimestre). La americana Sia (Semiconductor industry association) ha comunicato ai primi di agosto che il secondo trimestre ha registrato vendite globali per 133,6 miliardi di dollari, +29,2% anno su anno e 8,3% in più rispetto ai primi tre mesi del 2021. Il tasso annuo di crescita composto (Cagr) per l’industria è visto al +6% fino al 2026.
Il problema è che nell’anno pandemico è esplosa la domanda e per realizzare nuove fabbriche serviranno anni e molti miliardi (Tsmc prepara l’espansione negli Usa, Stm aprirà in Marocco per fornire Tesla). Perché soffre particolarmente l’automotive? Il valore dell’elettronica di una vettura è ormai intorno al 40%. I chip in una macchina servono per fare display digitali cinematografici, servono per garantire i sistemi Adas di assistenza alla guida, per i freni e molto altro. La società di consulenza globale AlixPartners ha stimato, già qualche mese fa, che l’effetto numero uno della crisi sarà un calo della produzione pari a 4 milioni di vetture e un minor fatturato per l’industria di 110 miliardi di dollari. Effetto numero due, l’aumento generalizzato dei prezzi, già visto nel 2020 (1.700 dollari a veicolo, in media) e nel primo semestre. Aumenti che potranno solo andare avanti, migliorando addirittura i conti e i target, come è avvenuto nella prima metà dell’anno. Le case hanno puntato forte sui modelli premium, concentrando su quelli i chip disponibili.
Ma la crisi sta arrivando anche all’elettronica di consumo, dai televisori agli smartphone ai computer e alle console per giochi, per citare solo i più comuni. Poi potrebbe interferire con 5G e intelligenza artificiale. E se in una prima fase, sul finire del 2020, è stata causata proprio dall’improvviso ritorno di domanda nell’automotive dopo il crollo causa pandemia in primavera e da alcuni gravi incendi in impianti-chiave in Asia, oggi il problema nasce dalla moltiplicazione della domanda in tutto il mondo hi-tech, peggiorato dal ritorno di fiamma del Covid-19 con la variante Delta, che, nelle ultime settimane ha provocato diverse chiusure di fabbriche nel sudest asiatico, dove è concentrata la produzione.
Di qui gli annunci, ieri, di alt alla produzione dei principali produttori di automobili del mondo, il numero uno Toyota, Volkswagen (con Audi) e Stellantis. La casa giapponese, attenta ad assicurarsi le scorte sin dai tempi dell’incidente nucleare di Fukushima, ha dovuto alzare bandiera bianca davanti agli stop sulle filiere dovuti a Delta. Il titolo ha perso quasi il 5% dopo l’annuncio che la produzione sarà tagliata del 40% in settembre: da 900mila a mezzo milione di automobili. Il costruttore ha comunque confermato le sue stime sull’utile operativo a quasi 23 miliardi di dollari per l’anno fiscale che terminerà a marzo. Un dato leggermente più basso delle attese del mercato. 
Quanto a Volkswagen (-2,04% a Francoforte) Wolfsburg potrebbe ripartire a rilento dopo la pausa estiva, la prossima settimana. La produzione sarà eseguita su un solo turno e con orario di lavoro ridotto. «Tuttavia – hanno comunicato da Wolfsburg – Volkswagen prevede un miglioramento della fornitura di semiconduttori entro la fine dell’anno» e punta a recuperare. Ma a fine 2021 il danno potrebbe essere a sei zeri in termini di unità non prodotte. Audi ha deciso di tenere in ferie 10mila dipendenti degli stabilimenti di Ingolstadt e Neckarsulm, fino al 30 agosto. Un fermo che costerà alcune migliaia di auto in meno. Infine Stellantis fermerà la produzione per una settimana nello stabilimento di Rennes-La Janais, dal 23 al 27 agosto, e per tre giorni nello stabilimento storico del gruppo Psa, a Sochaux.