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 2021  agosto 20 Venerdì calendario

Intervista alla direttrice d’orchestra Oksana Lyniv

BAYREUTH — Nel buio assoluto del teatro del Festival di Bayreuth, dove le porte vengono sigillate durante le recite, il direttore d’orchestra è un astronauta solitario. Chiuso nella conchiglia ideata da Wagner, chi è sul podio non ha contatti con l’esterno. Questa prova di nervi in 145 anni è toccata a 92 direttori e a una sola donna, Oksana Lyniv, ucraina classe 1978, alla quale la kermesse più conservatrice del mondo (vi si rappresentano solo opere wagneriane) ha affidato il titolo inaugurale post-pandemia, L’Olandese volante , ultima replica stasera. Nel mondo classico Lyniv è la donna dell’anno. Ma la sua vera impresa è stata spostare l’attenzione dal “chi è” al “cosa fa”, ovvero un Wagner fluido e trascinante, come viaggiare ai 300 all’ora riuscendo a cogliere nitidamente ogni dettaglio.
Inevitabile che tutti ora la cerchino.
Debutterà a Londra con Tosca . A Roma, nel marzo prossimo, dirigerà la nuova Turandot di Ai Weiwei. E Bologna, che l’ha fatta debuttare in Italia tre mesi fa in pieno lockdown, sta pensando a lei per un incarico stabile. Sarebbe la prima donna in una fondazione lirico-sinfonica italiana.
Sa di aver scritto una pagina storica sulla questione di genere nella direzione d’orchestra?
«Me ne rendo conto, ma spero che tra dieci anni non ci sarà più alcuna questione. Ovviamente se ne deve parlare: io e altre meravigliose colleghe stiamo debuttando in molti festival. Ma un domani tutto questo sarà già storia. E, spero, una nuova tradizione in continua evoluzione».
Ha senso distinguere tra direttori e direttrici?
«In musica la differenza non esiste, ma importa molto alla società.
Anche facendo finta di ignorare l’argomento, il pubblico si porrebbe lo stesso la domanda. Quando ho diretto a Barcellona ha fatto effetto una donna alle prese con Wagner. Mi raccontarono che ci furono critiche quando Christina Scheppelmann (ex responsabile artistica del Liceu, ndr ) cominciò a invitare ogni anno una direttrice. Comunque, se me lo si chiede, vorrei esser chiamata direttrice».
Quali passi avanti ha fatto la musica?
«Ora nessuno fa più caso se il primo violino sia uomo o donna. Ma trent’anni fa era diverso. Persino nelle maggiori orchestre - Lipsia, Berlino, Vienna - non si scorgeva quasi nessuna donna. Tra qualche anno, invece, sarà normale vederle sul podio. Per adesso il rapporto è circa 3 a 97».
Qual è il primo ostacolo nell’accesso al podio per le musiciste?
«Cito ricordi personali: a Dresda il mio professore diceva sempre che le donne non sono ancora motivate per questa professione. Il lavoro è certamente molto duro e forse molte non riescono a conciliarlo con la famiglia. Ma occorre che le donne facciano capire ai loro partner che la carriera è importante e che hanno bisogno del loro sostegno per realizzarsi».
In Ucraina è stato difficile far accettare la sua vocazione?
«I primi tempi sono stati duri, ero molto sola e non avevo possibilità di confrontarmi con delle colleghe.
Sentivo dei commenti deprimenti: “Chi te lo fa fare” o “questo lavoro è troppo difficile per le donne”. Non ho mai cercato il successo personale, ma non potevo immaginarmi in nessun altro mestiere. Mi dicevo “anche se non andrò lontano, farò comunque quello che amo e rimarrò fedele a me stessa”».
E poi è finita nel festival musicale più importante del mondo, dove le hanno tributato un quarto d’ora di applausi dopo ogni recita.
«C’è un prima e un dopo Bayreuth. Ci ho investito molta energia e sono contenta dei risultati. Il momento più emozionante è stato alla fine del debutto. Nel buio totale il pubblico ha cominciato a battere i piedi, facendo rimbombare tutta la buca. È stata una liberazione, dopo tanti anni intensi di studio concentrati in due ore. Spero che molte più donne vivano esperienze come la mia».
Per questo “Olandese” ha detto di aver cercato l’appartamento di Meudon, vicino Parigi, dove Wagner compose l’opera.
«Per me la musica non è quello che sta nelle note, ma quello che sta dietro di esse: è fondamentale conoscere tutti i retroscena di una composizione, quando è stata scritta, perché, con quali fonti, se è stata concepita di getto o meno, se il compositore l’ha revisionata, cosa voleva cambiare, come è stata recepita. Faccio ricerche molto approfondite perché ogni evento artistico è un processo iniziato decenni, a volte secoli prima».
Lei è nata a Brody, la città di Joseph Roth, incrocio di mondi.
«Nella mia regione organizziamo il Lviv MozArt Festival. Lviv è Leopoli, città in cui visse Franz Xaver Mozart, figlio di Wolfgang. A Brody invece ci sono le rovine di una sinagoga sopravvissuta alla guerra: ci ho diretto la Sinfonia “Kaddish” di Bernstein. Pochi sanno che il grande Leonard era figlio di emigranti ucraini provenienti dalla mia zona.