la Repubblica, 20 agosto 2021
Biografia di Raffaele Imperiale
Una fuga durata oltre venti anni. Il profilo da supermanager del narcotraffico globale, una vita lussuosa radicata nel cuore di Dubai. E in mezzo gli affari che non hanno odore, con amici facoltosi e anche graduati su cui contare in mezzo mondo.È finita, almeno apparentemente, la latitanza di Raffaele Imperiale, il padrino del brokeraggio internazionale, tra i maggiori ricercati delle polizie di mezza Europa, che restituì, in cambio di uno sconto di pena, i due capolavori di Van Gogh, bottino di un clamoroso furto e fatti ritrovare in un casolare della provincia napoletana delle origini.
Imperiale è stato arrestato nel cuore degli Emirati sulla base di un provvedimento della Procura di Napoli grazie ad un’intensa attività di cooperazione internazionale basata sulle indagini del Gico della Guardia di Finanza e della squadra Mobile di Napoli. «Un eccellente risultato» – si congratula la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese – con il procuratore Giovani Melillo e con le forze di polizia coinvolte da mesi in una delicatissima e mai facile interlocuzione con le autorità di Dubai. Ora si attende l’estradizione entro i primi giorni di settembre.
L’accusa per il boss dei tre continenti, che si muoveva tra Europa, Asia e America del Sud è di aver messo in piedi una delle più potenti e diversificate associazioni criminali. L’arresto è avvenuto il 4 agosto ma è stato mantenuto segreto fino a ieri, quando la notizia è trapelata dai media olandesi. Un silenzio deciso dalla procura di Napoli per evitare il rischio di manovre parallele. Un anno fa gli Emirati comunicarono la cattura di uno dei luogotenenti di Imperiale, identificato tramite le impronte digitali; ma quando gli investigatori italiani incontrarono l’uomo in carcere, si sono trovati davanti una persona con impronte differenti. Nella sua attività planetaria il boss campano avrebbe costruito relazioni profonde anche con apparati di intelligence d’ogni Paese, capaci di tutelarlo in cambio di informazioni.
In Italia non lo aspetta che una breve parentesi in carcere. Lo scaltro boss è riuscito, grazie alle restituzioni dei beni allo Stato e al tenacissimo lavoro del suo collegio difensivo, ad ottenere un clamoroso sconto di pena: dalla prima condanna a 18 anni inflitta nel 2018, dopo una battaglia di ricorsi nel 2021 in Cassazione è arrivato il verdetto più lieve che Imperiale auspicava: 5 anni, 10 mesi e 20 giorni. Da almeno una dozzina d’anni però i pentiti napoletani descrivono Lelluccio ‘o Parente come l’uomo delle tonnellate di droga che arrivavano sicure e facili dal nord Europa. È il 2003 quando il camorrista Biagio Esposito, al servizio degli Scissionisti di Scampia, oggi pentito, si fionda a Malaga per incontrare Imperiale, alla presenza dei boss Lello Amato e Cesare Pagano. Racconta: “’o Parente (Imperiale, ndr) mi veniva indicato quale fornitore di cocaina dall’Europa all’Italia, 200 o 300 chili a macchina”. Non solo. Dopo che a Napoli si è consumata la carneficina delle due faide di Scampia, ecco in un altro incontro, a Barcellona, i due boss napoletani Amato e Pagano ancora a tavola in un covo con Imperiale. Dice Esposito: “Pagano e Amato fecero un ordinativo di armi: kalashnikov e pistole. Lì appresi che ‘o Parente li aveva riforniti sia nella guerra del 2004 che in quella dopo”.
Ma Lelluccio pensa in grande. I suoi facoltosi amici professionisti progettano di costruire ville a Dubai “da 20 milioni ciascuna” e tentano di contattare lo studio dell’archistar Zaha Hadid. Gli inquirenti gli sequestrano società con sede nel Regno Unito, in Spagna ma soprattutto in Olanda, dove c’è il fulcro della sua rete. Lì tra i suoi referenti – stando alle accuse – ci sarebbe il boss Ridouan Taghi, l’esponente più noto della Mocro maffia, la nuova generazione di criminali che ha conquistato il porto di Rotterdam. È stato estradato anche lui da Dubai nel 2019 e c’è il sospetto che sia coinvolto nell’uccisione del giornalista Peter R. de Vries, il delitto che un mese fa ha sconvolto i Paesi Bassi. Insieme a lui nel grande business della coca avrebbe avuto un ruolo chiave anche Rico il soprannome di Richard Riquelme Vega, il “cileno più pericoloso del mondo” come l’ha definito la tv di Santiago.
Proprio dalla memoria del telefonino di Rico sono spuntati i messaggi indirizzati a Imperiale. Nelle chat parlano in codice di coca “di buona qualità”. Scrive il 12 aprile 2016 Imperiale in inglese: «Ok hermano, se vuoi posso vedere». E Riquelme chiede: «Dove dobbiamo portarla». Imperiale ha la risposta pronta «Amsterdam hermano». Nelle comunicazioni criptate emergerebbero persino discussioni su come eliminare rivali scomodi. E nello smartphone pure un video in cui il cileno compare insieme a Imperiale e al re della droga irlandese Daniel Kinahan. La prova di un supercartello che da Dubai ha gestito l’importazione di quantità record di cocaina e di cui Imperiale è considerato il regista. Ora la sfida è portarlo in Italia, prima che possa attivare le sue protezioni: anche al ministero della Giustizia si sono mobilitati per accelerare i tempi e hanno trasmesso agli Emirati tutta la documentazione già tradotta in arabo.