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 2021  agosto 20 Venerdì calendario

Intervista a Danilo Gallinari

Il Campione è felice. Si gode la famiglia, la piccola Anastasia, capolavoro di sorrisi quando cerca papà Danilo e mamma Eleonora, la meritata vacanza, una cavalcata vincente con gli Atlanta Hawks in America, le emozioni di una Olimpiade che resteranno per sempre nel cuore e nella mente. Danilo Gallinari racconta con passione la sua avventura a Tokyo, atmosfere, sensazioni, la forza di un gruppo, di una squadra, di una maglia, la Nazionale italiana: «L’Olimpiade è una esperienza incredibile, che conquista, che non ti lascia. Vissuta da una squadra che l’ha resa speciale. Un sogno arrivarci, non si esaurisce realizzandolo. Tre parole semplici: è stato bello». 
Ripensandoci, la sconfitta con la Francia che ci ha negato la corsa alla medaglia, è stata un’occasione persa o bisogna prendere atto della superiorità degli avversari? 
«Siamo arrivati talmente vicino alla vittoria, davvero a un passo dalla rimonta, non c’è dubbio che l’amarezza resti. Ma non possiamo rimproverarci nulla, abbiamo lottato, combattuto fino all’ultimo». 
Amici suoi, campioni come Belinelli e Datome, che hanno rinunciato in parte alla maglia azzurra per noie e fastidi fisici: cosa ha raccontato loro o racconterà? 
«Una esperienza memorabile, una opportunità unica che sono convinto potranno vivere insieme, ancora, quando si ripresenterà. Questa squadra, ribadisco, il gruppo, ha un futuro. Avremo altre sfide da vivere, vincere e raccontare». 
Finita la meravigliosa stagione Nba con Atlanta, il c.t. Sacchetti l’ha convocata in azzurro. Ne ha fatto le spese Awudu Abass: vi siete parlati? 
«Ovvio, l’ho chiamato quando ero ad Atlanta comprendendo il suo grande dispiacere. Gli ho parlato anche dopo, ringraziandolo, perché se ero arrivato a Tokyo lo dovevo anche a lui, oltre a Sacchetti che mi ha convocato. Un colloquio sereno, ho voluto farlo di persona, era giusto che gli parlassi». 
Senta, ma Sacchetti che c.t. è? Lo descriva, ha sorpreso tutti, arrivando da una stagione difficile, era stato messo in discussione. 
«È diretto, trasparente, ti spiega le cose. Credo sia stato difficile anche per lui chiamare me e non convocare più Abass. Ci si può parlare tranquillamente, esprimersi, quando i risultati arrivano è merito della squadra, ma anche di chi la guida. Bravissimo a creare il gruppo, il complesso, la squadra, a farci credere nel sogno». 
Una Olimpiade segnata dall’azzurro, da splendide vittorie. La medaglia che più l’ha emozionata, che più l’ha coinvolta? 
«Il primo oro di Vito Dell’Aquila nel taekwondo è stato una festa per tutti noi. Al suo ritorno lo abbiamo accerchiato in ascensore. Poi, i trionfi di Jacobs e Tamberi. Gimbo Tamberi, un amico. Pajola, Tonut, Ricci ed io lo abbiamo aspettato fino alle tre e mezza, è stata una notte magica. Che emozione ragazzi». 
E l’emozione di giocare da più di un decennio nella Nba? Cosa vuol dire essere una star nel campionato più prestigioso del basket mondiale? 
«Significa giocare e competere contro i giocatori più forti a livello internazionale. È una sfida che si rinnova giorno per giorno, anno per anno. A livello personale, pensare che ci gioco da 13 stagioni, quando la media è sui 5 anni, beh, è una soddisfazione». 
Una stagione fantastica quella passata con Atlanta? 
«Abbiamo scioccato la Nba, siamo stati la sorpresa, arrivando vicini al titolo». 
Conquisterà mai lo scudetto Nba, il mitico anello? 
«Io ci credo, è la mia sfida, è chiaro che è sempre più difficile». 
Basta vedere i superteam che si stanno creando e che sfideranno Milwaukee: Westbrook che va ai Lakers, «chiamato» dal suo amico LeBron James. Il trio delle meraviglie a Brooklyn, Durant-Harden-Irving. Le piace questo modo di fare mercato? 
«È il trend della Nba. Alla base ci sono due motivi. Il primo: i campioni sono spinti dalla ricerca quasi spasmodica dello scudetto. Chi non l’ha ancora conquistato vuole la migliore squadra possibile. Il secondo: la nascita costante di nuovi talenti. È per questo che è sempre più difficile». 
Lei continuerà con gli Atlanta Hawks? 
«Ho un contratto (20 milioni di dollari all’anno per altre due stagioni, ndr), ma nella Nba non si è mai sicuri di nulla. Ho imparato, lo so per esperienza ormai, che può succedere di tutto». 
Senta, ma ci pensa che in Europa avrebbe già vinto scudetti, coppe, avrebbe la bacheca pieni di trofei? 
«Ci penso sì, però mai un pentimento. Certo, mi viene in mente la mia Milano, l’Olimpia, guardo i trofei di papà Vittorio, immagino quanto avrei vinto in Italia e in Europa con la squadra che amo: è anche questo un sogno...». 
Quindi prima o poi la rivedremo a Milano? 
«Sarebbe la chiusura prestigiosa di un percorso, di una carriera. Ma adesso non è il momento». 
Papà Vittorio dove la spinge? 
«Fa un gran tifo per l’Olimpia, ma non lo dice». 
Mamma Marilisa che la segue in tanti settori è più fredda? 
«Secondo me anche lei sotto sotto...». 
Insomma i sogni professionali Nba e Olimpiade sono stati realizzati: mancano l’anello e il ritorno un giorno, chissà quando, a Milano. Danilo Gallinari è tosto, ha le idee chiare prima o poi li realizza tutti.