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 2021  agosto 20 Venerdì calendario

Afghanistan, vent’anni cancellati in dieci giorni

Il governo afghano «amico e alleato» dell’Occidente, «forte di un esercito di 330mila effettivi» si è liquefatto in dieci giorni: il 6 agosto è caduto il primo capoluogo di provincia, il 15 i talebani sono entrati a Kabul. La loro cavalcata è stata caratterizzata più da diserzioni che da combattimenti. Il presidente americano Joe Biden l’ha spiegato con la mancanza di volontà di combattere da parte afghana. Il ministro della Difesa di Kabul, Bismillah Khan Mohammadi, ha invece detto: «Ci hanno legato le mani e venduto il Paese».

L’esercito si disintegra
All’inizio della primavera finisce il raccolto dell’oppio nelle province meridionali pashtun che possono quindi inviare i figli tra le fila talebane per la consueta stagione dei combattimenti che arriva sino a ottobre. Mentre l’armata part time dei talebani si assemblava, quella in difesa dell’Afghanistan filo-occidentale si disgregava. Trump aveva concordato con i talebani il ritiro americano per maggio e Biden lo rinvia solo a settembre, ma il «supporto aereo» comincia già a diminuire ad aprile. Dal canto suo il presidente Ashraf Ghani, spaventato da voci di un golpe, caccia ministri della sicurezza, governatori e generali. Sceglie uomini soprattutto pashtun, come lui, ma anche come i talebani e quindi più ricattabili perché vivono nelle stesse città dove è forte l’infiltrazione integralista. Nelle guarnigioni più lontane non arrivano soldi, spesso neppure munizioni. I talebani offrono un salvacondotto a chi si arrende. In giugno ci sono attacchi in 26 delle 34 province del Paese. Gli avamposti lamentano che gli aerei americani non arrivano più e quelli afghani, 160, sono operativi solo a metà. I contractor della manutenzione, in maggioranza americani, non si fanno più vedere nelle basi afghane. L’8 giugno chiude la base italiana ad Herat, il 2 luglio quella americana di Bagram. Il supporto aereo Usa è virtualmente finito. Eppure l’8 luglio il presidente Biden scandisce le parole: «I talebani non hanno neanche lontanamente le capacità militari dei Vietcong, non vedremo persone scappare in elicottero dal tetto dell’ambasciata».

Cade il primo capoluogo
Domenica primo d’agosto il presidente Ashraf Ghani ammette che «non arrivano stipendi e munizioni sul fronte» e venerdì 6 agosto cade Zaranj, il primo capoluogo di provincia. I soldati hanno il permesso talebano di rifugiarsi in Iran. Chi è in trincea capisce di potersi salvare la vita arrendendosi. Il presidente Ghani chiede aiuto ai signori della guerra che aveva sempre osteggiato, ma è tardi. L’11 agosto vola a Mazar-i-Sharif, già assediata, per mostrare un’alleanza con il leader uzbeko Dostum. Il giorno dopo cade Herat: l’altro mujaheddin su cui Ghani pensava di contare non scappa, ma non può far altro che farsi arrestare. Ad aprire le porte della città sono il comandante del Corpo d’Armata e il governatore, entrambi pashtun. Venerdì 13 si arrendono Kandahar, culla pashtun, e Lashkar Gah. C’è chi immagina un assedio di Kabul, combattimenti strada per strada come ai tempi della guerra civile. Washington, però, sospende l’invio del denaro e non promette bombardamenti. Sabato cade anche Mazar-i-Sharif, Dostum fugge in Uzbekistan. Gli Usa decidono l’invio di 3, poi 5mila marines per mettere in sicurezza l’aeroporto. Domenica 15 Kabul si sveglia con gli elicotteri Chinook che fanno la spola tra il tetto dell’ambasciata americana e la pista. Il rumore dei motori spiega a tutti la situazione. Gli afghani lasciano caserme e divise, i talebani entrano a piccoli gruppi. Il presidente Ghani fugge in elicottero «per evitare spargimenti di sangue». All’aeroporto è il caos. Il secondo Emirato talebano è sorto.