Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2021
L’era del Covid lascia super debiti in eredità
La grande corsa del debito pubblico e privato innescata dalla pandemia si è fermata nel 2021. Il controvalore complessivo a livello globale, stando alle stime Istitute of International Finance, si è attestato sui 289 trilioni di dollari alla fine del primo trimestre di quest’anno (ultima rilevazione disponibile). Il dato è sostanzialmente stabile rispetto ai livelli del 2020. Un po’ perché governi e aziende avevano fatto abbondante provvista di liquidità nel 2020. Un po’ perché la ripresa dell’economia, grazie alla campagna vaccinale, è arrivata prima del previsto.
L’espansione dei deficit pubblici
I livelli pre-Covid (259,7 trilioni al primo trimestre 2020) sono lontani. E difficilmente ci si potrà tornare in tempi brevi. Almeno per quanto riguarda i debiti pubblici. Questo perché le strategie di rilancio dell’economia messe in atto dai principali Paesi sviluppati sono state inequivocabilmente, all’insegna dell’espansione dei deficit. Le cicatrici lasciate dalla pandemia sull’economia mondiale, d’altronde, sono ancora tutte ben visibili. E ad oggi, sebbene le campagne vaccinali abbiano dato una consistente spinta alla fiducia, c’è ancora un significativo grado di incertezza sull’evoluzione della pandemia. Per questa ragione i governi in tutto il mondo, almeno in questa fase, non hanno intenzione di mettere in atto alcun tipo stretta. A partire dagli Stati Uniti, la prima economia mondiale che, per il secondo anno consecutivo, faranno registrare un deficit di bilancio di 3mila miliardi di dollari.
Il mercato obbligazionario
Eppure il mercato non pare preoccuparsi più di tanto degli effetti di questa corsa del debito. Nonostante i timori di una possibile risalita dell’inflazione il rendimento del bond decennale americano resta su livelli storicamente bassi. E lo stesso vale per i governativi dell’Eurozona. Gli interessi sui titoli di Stato dei paesi più fragili, come Italia e Grecia, restano vicini ai minimi storici. La performance del mercato obbligazionario nel suo complesso non è stata brillantissima in questo 2021. Specie se paragonata a quella del 2020. Hanno pesato sicuramente le pressioni inflazionistiche correlate alla riapertura dell’economia e, in generale, una maggiore propensione al rischio da parte degli investitori che, sulla scommessa della ripresa legata alla campagna vaccinale, hanno puntato maggiormente sulle azioni. Eppure, nonostante la risalita dei rendimenti che si è vista a primavera, l’obbligazionario ha sostanzialmente tenuto. Anche in termini di flussi di capitale: i fondi obbligazionari, calcola Epfr Global, hanno fatto registrare sottoscrizioni nette per 346 miliardi di dollari nel primo semestre, segnale piuttosto evidente come il mercato non stia mostrando eccessiva preoccupazione per il tema del super debito. Le banche centrali, d’altra parte, hanno assicurato il mantenimento delle politiche monetarie espansive. Nonostante la risalita dell’inflazione. Che però viene considerata, da più parti, come un fenomeno transitorio favorito in parte da una certa speculazione finanziaria sulle commodities.
Il cambiamento climatico
La grande corsa dei debiti pubblici è anche correlata a una strategia di lungo periodo fortemente incentrata sugli obiettivi di riduzione delle emissioni e alla lotta ai cambiamenti climatici. I Paesi sviluppati, e in particolare l’Unione europea con il piano Next Generation Eu, sono in prima fila da questo punto di vista. E in prospettiva c’è da mettere in conto che anche i Paesi emergenti si attivino. Con la crescita dell’industria dei fondi ESG, vincolati per mandato a investimenti sostenibili, la domanda di debito “verde” è cresciuta a dismisura. Ed è probabile che anche i Paesi emergenti siano pronti a soddisfarla emettendo debito per finanziarie investimenti pubblici di riconversione energetica. Secondo l’Institute of International Finance il tema della “resilienza climatica” è destinato a influenzare sempre di più il mercato dei bond emergenti: i Paesi che daranno prova di essere proattivi nel contrasto al climate change saranno premiati dal mercato che invece penalizzerà chi non darà prova di voler agire. Insomma non conta solo quanto crescerà il debito pubblico ma come. E tutto lascia credere che il fenomeno dei “green bond” sia destinato a crescere ancora molto. Un po’ perché è il mercato che ha fame di questi titoli. Un po’ perché questa tipologia di debito ha dimostrato di dare una spinta all’economia superiore fino a 11 volte rispetto alla spesa pubblica convenzionale.
Il debito societario
Non sono stati solo i debiti pubblici a crescere con la pandemia. Ma anche i debiti privati. In particolare quelli delle società non finanziarie che, nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria, si sono trovate spesso a fare i conti con una pesante compressione dei ricavi a fronte di spese invariate. Eppure non ci sono state crisi di liquidità eclatanti. Le società non finanziarie hanno fatto abbondante ricorso al debito approfittando dei tassi eccezionalmente bassi che si sono visti per tutta la seconda metà del 2020. Il debito societario complessivo – calcola Janus Henderson – è salito del 10% a livello globale raggiungendo la cifra record di 13.500 miliardi nel 2020. Ma per tutto il primo semestre di quest’anno la crescita si è arrestata. La ripresa di fatturato e utili ha migliorato gli indicatori di sostenibilità. Di fatto poi, la liquidità raccolta con le emissioni obbligazionarie del 2020 non è stata praticamente toccata. Ad oggi, stima la casa d’affari, ci sono circa 5.182 miliardi di dollari nelle casse delle aziende: 1.100 in più rispetto al 2019. Un vero e proprio tesoretto cash che è lecito aspettarsi possa essere speso nella seconda metà dell’anno. Come? Dividendi, buyback azionari, oppure investimenti e piani di fusione e acquisizione.