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 2021  agosto 19 Giovedì calendario

Così Alexa impara l’italiano

«A Torino siamo poco meno di 50», dice Daniele Amberti, responsabile del Centro Ricerca e Sviluppo di Amazon. Molti lavorano da remoto già prima della pandemia, altri in ufficio, uno spazio talmente discreto che sui citofoni di via Lugaro non c’è nemmeno il nome dell’azienda. Il loro compito è insegnare l’italiano ad Alexa, l’assistente vocale più usato nel mondo, con il 28,5 per cento del mercato globale. «Tre anni fa, quando abbiamo iniziato, la sfida più difficile è stata reperire alcune competenze, in particolare i Computational Linguist, figure tra l’informatico, il Data Scientist e il linguista». Una è la Language Engineer Chiara Rubagotti, laurea e master alla Cattolica in scienze linguistiche e letterature straniere: «Per questo lavoro bisogna conoscere la lingua, ma anche la società, come le persone si esprimono». Un approccio che ha il rigore dell’informatica e della filosofia del linguaggio, ma pure la flessibilità di chi progetta la customer experience, ossia l’approccio complessivo dell’assistente virtuale. Figure come la sua - spiega - «oggi nascono anche dalla collaborazione tra Amazon e il Politecnico di Torino o altri atenei».
Primo, capire
«La naturalezza è fondamentale, l’utente deve parlare in modo spontaneo, e l’assistente deve comprendere i comandi, come far partire un video, cercarlo, ricominciare da dove è stato interrotto, riprendere una serie TV. Anche se la frase non è completa o se un nome è pronunciato male», dice Rubagotti. Un’altra sfida sono gli accenti: «Abbiamo dipendenti Amazon in varie zone d’Italia, che ci hanno aiutato nella primissima fase di test», spiega Amberti. Poi sono arrivati i clienti, con un programma che si chiama Alexa Preview: «Con loro abbiamo individuato variazioni meno comuni, quali ‘spengere’ al posto di ‘spegnere’, o l’uso della preposizione ‘a’ quando diciamo ‘chiama a Maria’ al posto di ‘chiama Maria’». Alexa impara anche gli errori, insomma, almeno quelli più comuni. E ne fa di proposito, per non sembrare troppo perfetta e intimidire l’interlocutore: in Italia, ad esempio, pronuncia l’inglese come un italiano.
Come funziona
Lo smart speaker è sempre in ascolto, a meno di non aver escluso il microfono manualmente. Quando coglie la parola di attivazione ("Alexa", ma anche "Computer" o Echo"), si risveglia e si accende l’anello blu. «A questo punto la registrazione viene trasmessa ai server di Amazon per essere analizzata», spiega Gianmaria Visconti, Country Manager Alexa per Italia, Spagna e Francia. «Viene prima estratto il testo, poi un comando o un significato, e così Alexa può svolgere il compito richiesto o rispondere alla domanda posta. Le registrazioni rimangono nel cloud perché l’utente possa riascoltarle e capire come mai ha reagito in un certo modo». E non le sente nessun altro? «Una piccolissima parte viene ascoltata da un operatore in un contesto completamente anonimo, per confermare ad Alexa che si è comportata nel modo giusto oppure no, indicandole cosa avrebbe dovuto fare. Questo addestramento fa parte del processo di machine learning e garantisce che Alexa capisca tutti». Non si sa quanto spesso accada, ma è certo che si può farne a meno: «È possibile scegliere di non salvare le registrazioni, o di salvarle ma non permettere che siano utilizzate in questo processo di miglioramento», puntualizza Visconti. L’intelligenza artificiale di Alexa impara comunque: «Se in Italia un utente dice ‘metti RTL’ e parte la radio tedesca, dopo poco riformulerà la domanda. Questo comportamento è un segnale che in realtà cercava altro, magari RTL 102.5», osserva Visconti. Per Amazon un vantaggio c’è comunque: «Così possiamo chiudere l’anello dell’apprendimento risparmiando le annotazioni effettuate da un operatore».
Tre parole
Nel 2024, secondo Businesswire, gli assistenti virtuali saranno 8,4 miliardi: più dell’intera popolazione mondiale. Presenti non solo su smart speaker e display intelligenti, ma anche in smartphone, computer, macchinette del caffè, auto e chissà che altro. Per il momento, la convivenza sembra serena: nella prima metà del 2021 gli italiani hanno detto oltre 2 milioni di volte ‘Ti voglio bene’ ad Alexa, mentre i ‘Ti amo’ sono stati oltre 650mila. Ma che personalità ha Alexa? «Le linee guida generali andrebbero bene per la metà della popolazione mondiale: cortese e autoironica. Poi abbiamo amplissimo margine per definire una personalità locale», risponde Visconti. «In Italia la cucina è importante, così come il calcio. Dove non esiste una risposta ovvia, a maggior ragione per un’intelligenza artificiale, possiamo giocare un po’: provate a chiedere qual è il suo piatto preferito (spoiler: parrebbe l’amatriciana, ndr). In questo modo copriamo varie tematiche che ci aspettiamo possano interessare i nostri clienti, pur mantenendo un approccio coerente». Non solo: «Alexa è talentuosa. Ha anche contenuti divertenti, come poesie e rime; non tutti si sentirebbero sicuri a cantare in pubblico, ad esempio, ma lei sì». Per non dire delle barzellette: «Sono scritte da una parte del mio team a Milano», svela Visconti. «Dead jokes, giochi di parole banali e scontati, che possono non far ridere, ma vanno bene per tutti. Le barzellette più divertenti spesso toccano temi non adatti per la famiglia o per un vasto pubblico. Siamo quindi limitati, ma per scelta: anche nella politica Alexa non prenderà mai posizione».
Perché Alexa, Siri, Cortana hanno un nome femminile? «Intanto, Alexa viene dalla biblioteca di Alessandria, non è un nome di donna. Ha una voce femminile perché suonava meglio ed era la preferita dai nostri clienti nelle fasi di test», chiarisce Visconti. «Ma non deve rimanere necessariamente così, e non c’è nella sua personalità nulla che si riferisca a un’identità di genere umana: parliamo di un’intelligenza artificiale, non dimentichiamolo».