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 2021  agosto 15 Domenica calendario

Il progetto utopico di ripopolare la Siberia

Nel resto del mondo la Russia viene spesso identificata con la Siberia, ma in realtà, nonostante il territorio che si estende oltre gli Urali sia enorme, è poco abitato e tende a depopolarsi anno dopo anno. Una tendenza che il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu vorrebbe invertire. Non solo la capitale da Mosca dovrebbe venire spostata in qualche centro siberiano, ma bisognerebbe costruire nuove città, almeno cinque, «da 300-500 mila abitanti, meglio da un milione», da edificare avendo già in mente un settore o un’attività cui dedicarle. Un progetto a tavolino «per fermare le tendenze centripete», e togliere importanza a Mosca, nella regione della quale oggi abitano più russi che in tutta la sterminata Siberia, lamenta il ministro.
Un progetto utopico quanto controverso, che torna a galla ciclicamente, in un tentativo di compiacere la provincia russa che ha un antipatia per la «Mosca ladrona». Shoigu è un fedelissimo di Vladimir Putin, che l’ha scelto come capolista del suo partito Russia Unità alle elezioni di settembre, e porta spesso il presidente a caccia nella taiga. Attento ai desideri del comandante supremo, il ministro – originario lui stesso della Siberia – non può non ricordarsi la recente promessa di Putin di «spaccare i denti a chi proverà a staccarci a morsi la Siberia». Un’allusione trasparente, non solo alla Cina che condivide con la Siberia un confine di migliaia di chilometri, ma anche a quel complotto occidentale che viene spesso raccontato dalla propaganda come tentativo di rubare alla Russia le sue ricchezze minerarie.
Molti regimi avevano lanciato progetti di capitali nuove, situate in territori interni, a simboleggiare una nuova rinascita: l’ultimo a riuscirsi è stato il leader kazako Nursultan Nazarbaev, nella città che ora porta il suo nome. La proposta di Shoigu però appare molto meno realizzabile, anche a giudicare dal suo richiamo nostalgico all’Unione Sovietica: «Vi ricordate il sincero entusiasmo con il quale la gente partiva a costruire dighe e ferrovie», ha detto. Ma perfino molti commentatori leali a Cremlino non hanno potuto fare a meno di obiettare che nei grandi cantieri siberiani la manodopera era composta da detenuti, o da giovani comunisti spediti forzatamente a Est. Ed è un pezzo del passato verso il quale gli elettori russi non sembrano provare una forte nostalgia.