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 2021  agosto 18 Mercoledì calendario

Il liberto sorprende Pompei

«Questo nostro amico appena ritrovato, il liberto Marcus Venerius Secundio, è un personaggio molto interessante: ben integrato nella società pompeiana degli anni precedenti l’eruzione del 79 dopo Cristo perché appare nell’archivio di tavolette cerate del banchiere Cecilio Giocondo proprietario della domus di via Vesuvio, assai colto perché padroneggiava la cultura e la lingua greca, così ricco da potersi permettere una sepoltura di pregio. E tanto raffinato e cosmopolita, anche nella morte, da mettere da parte l’incinerazione tipicamente romana e scegliere invece l’inumazione. E forse chissà, ma lo scopriremo solo dopo le analisi, anche l’imbalsamazione...». 
Gabriel Zuchtriegel, archeologo tedesco naturalizzato italiano, classe 1981, è direttore del Parco Archeologico di Pompei dal febbraio 2021 dopo avere diretto Paestum dal 2015. E sta toccando con mano quasi ogni giorno ciò che ha dichiarato ieri il ministro della Cultura, Dario Franceschini: ovvero che «Pompei non smette di stupire e si conferma un modello internazionale di ricerca e di nuovi scavi». L’ultima notizia riguarda appunto il liberto Marcus Venerius Secundio, sepolto probabilmente alla fine degli anni 60 (quindi ben prima dell’eruzione del 79) nell’attuale area della necropoli di Porta Sarno. Il ritrovamento è avvenuto durante una campagna di scavo del Parco Archeologico con l’Università europea di Valencia coordinata, per l’ateneo, da Llorenç Alapont del Dipartimento di Preistoria e archeologia. Il Parco di Pompei ha schierato una squadra tutta al femminile: l’archeologa Luana Toniolo, la restauratrice Teresa Argento, l’antropologa Valeria Amoretti. 
L’elegante e imponente sepolcro conserva tracce di pittura (immagini di piante verdi su fondo blu). Ma la vera novità riguarda lui, Marcus, il suo corpo e l’iscrizione che appare sulla lastra in marmo. Il liberto non scelse l’incinerazione, oggi parleremmo di cremazione, ma l’inumazione che di solito, nell’area romana, si riservava solo ai bambini morti piccoli. 
Ma Marcus aveva circa 60 anni. Lo scheletro è tra i meglio conservati tra quelli emersi a Pompei e i resti presentano tracce di mummificazione. 
Spiega ancora Zuchtriegel: «Sono visibili molto bene i resti di capelli neri e grigi, addirittura la porzione di un orecchio». Llorenç Alapont rimanda alle analisi scientifiche per capire se e come Marcus, inumato in una piccola cella di 1,6 x 2,4 metri alle spalle della facciata principale, sia stato imbalsamato. E perché, invece, nel bellissimo contenitore di vetro ci siano le ceneri di una sconosciuta Novia Amabilis e in un secondo altri resti sempre inceneriti. Spiega l’archeologo Andrea Carandini: «L’incinerazione è tipicamente romana. Ma basta guardare al vicino e assai variegato mondo greco, soprattutto all’universo dei sovrani ellenistici, per trovare famose inumazioni. Abbiamo splendidi esempi di sarcofagi reali ellenistici del III e del II secolo a.C. E poi c’è il celeberrimo capitolo del corpo di Alessandro Magno, conservato tanto a lungo da essere visitato da Augusto che gli rese omaggio deponendo una corona d’oro. Un caso raro di inumazione in area romana, quello ritrovato a Pompei, ma non certo nel perimetro della cultura greca e quindi mediterranea, nella concezione più ampia». Si apre così una porta su un mistero: Marcus era collegato a quel mondo? 
E qui arriviamo all’iscrizione, assai ben conservata e leggibile. Marcus era diventato Augustale, ovvero membro del collegio di sacerdoti dediti al culto degli imperatori divinizzati (gli altri gradi di sacerdozio erano preclusi ai liberti ex schiavi, ma non ai loro figli). Non solo, era anche un custode del tempio di Venere, protettrice della città: insomma un personaggio «in vista» nella vita di Pompei. E poi, così si legge, «diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni». «Dare» significava finanziare di tasca propria, regalando le serate al pubblico come forma di munificenza. Dunque, spettacoli in greco: altra scoperta più che rilevante per mettere a fuoco Pompei cosmopolita. Di nuovo Zuchtriegel: «La classe colta romana padroneggiava bene quella lingua, basti pensare a Seneca, Cicerone, Plinio: era per gli intellettuali un po’ come il francese nell’Europa del 1700. Fino a oggi avevamo solo indicatori indiretti di ludi greci a Pompei. Oggi c’è un documento certo. È la prova del clima che si respirava in città, certamente aperto e multiculturale». 
Ma ecco un ulteriore elemento di interesse, un altro tassello nel mosaico pompeiano in continuo divenire: un liberto come Marcus era talmente salito nell’ascensore sociale da capire l’importanza sociale di attirare l’élite di Pompei proponendo (e comprendendone la lingua) dei ludi greci. Marcus era un ex «schiavo pubblico» che non apparteneva dunque a un singolo, privato cittadino, ma all’intera città di Pompei e veniva usato presumibilmente in compiti amministrativi, come impiegato statale, diremmo oggi, addestrato a spese della finanza cittadina. Poi, spiega Zuchtriegel, ci fu la liberazione (sull’epigrafe appare proprio «lib», libertus). Atto che nella prassi avveniva verso i trent’anni: «Come succedeva ai liberti di cittadini privati, mantenne traccia di chi l’aveva liberato nel proprio nome. La prima denominazione di Pompei come colonia romana fu Cornelia Venera Pompeiana. Di qui Marcus Venerius Secundio». 
Ora lo scheletro è al Laboratorio di ricerche applicate per le analisi e per le procedure per una adeguata conservazione. Dice Alapont: «Anche per chi, come me, si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerti da questa tomba, dall’iscrizione alle sepolture, ai reperti osteologici e alla facciata dipinta, è eccezionale e conferma l’importanza di adottare un approccio interdisciplinare come abbiamo fatto qui». 
La vita di Marcus è ancora tutta da scoprire: partendo però dalla sua morte.