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 2021  agosto 18 Mercoledì calendario

Il prezzo del carbone ai massimi da 13 anni

La lotta al cambiamento climatico può attendere. Il mondo in ripartenza dopo il Covid ha bisogno di energia elettrica e il 2021 sta regalando un anno da sogno a uno dei peggiori nemici dell’equilibrio ecologico del pianeta: il carbone. I numeri, purtroppo, sono pietre. La quotazione del combustibile fossile più dannoso per la terra viaggiava un anno fa attorno ai 50 dollari a tonnellata, ai minimi dell’ultimo decennio.
Tutti pensavano che i prezzi bassi fossero l’effetto virtuoso della campagna per la graduale decarbonizzazione della terra. Invece no. Nessuno, in teoria, vuole usare il carbone, ma tutti lo comprano. E il mercato – dove a scrivere i prezzi sono le leggi della domanda e dell’offerta e non le promesse della politica – ne ha preso atto spingendo le quotazioni alle stelle: a inizio 2021 il costo di una tonnellata era già salito a 89 dollari. A giugno ha sorpassato quota 100, a luglio ha doppiato i 130 e oggi è a 170, il massimo dal 2008 e più del triplo di un anno fa.Il rischio ambientale legato al suo utilizzo, ovviamente, è sempre lo stesso. Anzi. Una settimana fa Antonio Gutteres, segretario generale dell’Onu, è statotranchant : «Le ultime rilevazioni del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico confermano che il carbone va eliminato – ha detto Non si devono costruire più impianti dal 2021, quelli in funzione devono essere smantellati entro il 2030. Altrimenti l’obiettivo dell’accordo di Parigi di far salire la temperatura “solo” di 1,5° sarà presto irraggiungibile».
Parole, a giudicare dai fatti, al vento. Il peso delle energie rinnovabili – specie in alcune aree del mondo – cresce, banche e grandi fondi non prestano più soldi a progetti “ecologicamente scorretti” e la spesa su nuovi progetti per centrali o acciaierie a carbone è scesa nel 2019 al minimo degli ultimi 10 anni. Il carbone però, sulle ali della ripresa economica, sta vendendo carissima la pelle. I consumi – stima l’Agenzia internazionale per l’Energia – saliranno del 5% quest’anno e del 3% nel 2022. La Cina, malgrado l’impegno del presidente Xi Jinping a diventare carbon neutral nel 2060 e a toccare il picco di emissioni di CO2 nel 2030, ha annunciato quest’anno la costruzione di 18 nuove acciaierie e 45 nuove centrali a carbone (materia prima che garantisce il 63% dell’energia bruciata dal paese). Colpa, paradossalmente, anche del cambiamento climatico e della siccità che hanno svuotato molte dighe penalizzando la produzione idroelettrica. Persino la virtuosa Germania, dove le rinnovabili sono arrivate a garantire più del 50% dei consumi, l’utilizzo del carbone è risalito nel primo semestre mentre in Italia (dove il “nemico pubblico numero uno” del clima pesa per il 5% sulla produzione di elettricità, il 65% in meno del 2015) qualcuno inizia a spingere per rinviare a dopo il 2025 il termine entro cui andranno spente le otto centrali che utilizzano ancora questo carburante.
Quanto durerà la corsa delle quotazioni? Le banche d’affari sono divise. Goldman Sach ha appena rivisto al rialzo le sue stime sul prezzo, spiegando che il boom della domanda in Cina e India (il 73% dell’energia di Nuova Delhi si fa con il carbone) si sommerà ad alcuni problemi geopolitici come il calo delle forniture dall’Indonesia causa piogge torrenziali e le difficoltà logistiche sulle spedizioni da Russia e Sud Africa. Morgan Stanley invece prevede una pausa nella corsa delle quotazioni. Tutti i paesi più sviluppati – in fondo – stanno cercando di limitarne l’utilizzo (gli Usa ne hanno ridotto il peso sulla loro bolletta energetica dal 42% al 20% in dieci anni grazie soprattutto al gas naturale). E l’aumento della disponibilità di elettricità da fonti rinnovabili sommato alla fine dei colli di bottiglia logistici dovrebbe ribilanciare l’equilibrio tra domanda e offerta. Se succederà in tempo per evitare il disatro climatico, però, è tutto da vedere.