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 2021  agosto 17 Martedì calendario

Storia del vento

Il vento è invisibile. Eppure lo sentiamo venire e al suo passaggio tutto si sposta e si piega. Niente gli resiste. Come scrive Lyall Watson, biologo, l’aria è invisibile e tuttavia lascia impronte: fogli di carta che volano, passanti che si calcano il cappello in testa, alberi che si flettono, polvere che si solleva. Senza l’aria, e dunque senza il vento, non potremmo vivere, e la Terra sarebbe un pianeta inabitabile come tanti altri nello spazio infinito: esistono là fuori, lontano da noi, mondi senza vento.
Per nostra fortuna viviamo sul fondo di un oceano d’aria, ma se guardiano in su per vedere le nuvole, quasi mai vediamo l’aria. L’astronomo e fisico inglese Fred Hoyle, autore de La nuvola nera, sostiene che la distanza verticale dell’aria fino allo spazio sopra le nostre teste non è più lunga di un’ora di tragitto in automobile. Due meteorologi norvegesi, Vilhelm e Jacob Bjerknes, padre e figlio, s’accorsero durante la Prima guerra mondiale, mandando in cielo palloni dotati di strumentazioni, che l’aria non era omogenea, e si spostava attraverso la Terra in onde spesse. Un mare d’aria fluttua di continuo seguendo correnti vorticose e producendo onde, come sanno i piloti degli aeroplani attenti alle calamitose manifestazioni del vento. L’aria ferma semplicemente non esiste. Cosa è esattamente il vento? Aria in movimento dotata di massa e d’energia; è il sistema nervoso e circolatorio del Pianeta azzurro. A sua volta l’aria è una miscela di gas, una mistura strana e incompatibile, così instabile, che sembra irragionevole, scrive Watson. Eppure, cosa sorprendente, l’aria si presenta come se avesse un suo indubbio motivo d’esistere.
Intorno a noi, e soprattutto sopra di noi, «cresce e ci avvolge una membrana d’aria umida e lucente», e dentro «questo involucro semitrasparente ci sono le grandi arterie dei venti dominanti, nutriti da una rete di brezze capillari, che trasportano energia e informazioni da un’estremità all’altra» (Watson). A produrre il vento è la distribuzione ineguale d’energia solare sulla faccia della Terra. La macchina del vento prende il via con il calore dell’Equatore: l’aria sale e fluisce verso i Poli, poi nel corso del suo viaggio si raffredda e discende, cosi si trova a soffiare ad angolo retto rispetto alla direzione d’origine. A queste latitudini intermedie in entrambi gli emisferi i venti freddi provengono da ovest e creano un fiume di vento, che circola intorno al globo nelle latitudini dei predominanti venti occidentali temperati.
Ogni luogo della terra ha il suo vento con un suo specifico nome. Il più famoso è l’Aliseo, che soffia sull’oceano entro il 30° dall’Equatore: da nordest nell’emisfero nord, da sudest in quello sud. Poi ci sono i venti di vallata che risalgono i pendii, detti anabatici, e i venti di gravità che discendono dai monti, detti catabatici: sul Lago di Garda l’ora, su Lago di Como il fivano e la breva, sul Maggiore la tramontana e l’inverna; nella Valle del Rodano c’è il temibile mistrale e nel sud del Mediterraneo lo scirocco. Davanti al vento siamo impotenti e, come ha scritto l’autore de Il ramo d’oro, James G. Frazer, tra tutti i fenomeni naturali il vento è quello che gli uomini civilizzati meno si sentono di poter influenzare. Per questo è nelle mani degli dei che lo racchiudono in caverne, sacchi, cesti, zucche e noci di cocco a seconda dei miti e dei popoli, per poi lasciarlo uscire.
Nella Genesi sta scritto: «In principio Elohim creò il cielo e la terra e la terra era deserta e informe e le tenebre erano sulla superficie dell’abisso e lo spirito di Elohim aleggiava sulla superficie delle acque». Il soffio divino è vita. Il termine è tradotto nella Vulgata con spiritus, là dove in greco è pneuma; in ebraico lo spirito divino è reso invece con il femminile ruakb : soffio vitale, ma anche vento, poiché i due termini sono sinonimi.
Per avere una teoria del vento abbiamo dovuto attendere il XVII secolo con l’invenzione del barometro e del termometro. Allora fu inventato il clima, che è un’astrazione: la parola klima significa “zona dotata di ampiezza”. In precedenza vento e tempo atmosferico erano la medesima cosa. I venti spingevano le navi e facevano girare i mulini, erano energia pura. Poi l’Età del Vento è tramontata. William Turner ha ritratto questo passaggio nel suo quadro intitolato La valorosa Téméraire, dipinto nel 1838, in cui la grande nave a vela è trainata da una imbarcazione a vapore verso il suo ultimo ancoraggio per essere demolita. Per il pittore inglese il caos è lo stato permanente della natura e per osservarlo, durante una tempesta di vento e acqua, si fece legare all’albero maestro della nave nel tentativo di catturarne la forma informe. Gli Alisei, che per migliaia di anni sono stati il vento dei commerci, hanno perso la loro importanza per diventare una notizia nel telegiornale della sera. Dall’aria siamo passati all’atmosfera, termine concettualmente nuovo. Tuttavia i venti continuano a fare paura nella loro forma di uragani, cicloni, tifoni. L’aria che soffia è ambivalente, come mostra l’arte di tutti i secoli. Gaston Bachelard in L’Air et le Songes (1943) definisce il vento furioso simbolo della collera pura, quella a cui manca un oggetto e un pretesto. Si tratta della furia elementare che nasce da sola; sconvolge e poi si basta, presente ovunque e insieme da nessuna parte. Per il filosofo francese la collera fonda l’essere dinamico e ha la forma del turbine e del vortice, come mostrano ai giorni nostri l’occhio dei tifoni ritratti dai satelliti della Nasa mentre si dirigono verso la costa statunitense per seminare paura e morte. Shelley ne scrive nella sua Ode al vento occidentale : «O tu Vento, selvaggio occidentale, alito/ della vita d’Autunno». L’ambivalenza consiste nella mitezza e nella violenza insieme, nella purezza e nel medesimo tempo nel delirio. Il vento è collegato alla follia. Il termine inglese Fool viene dal latino follis, «matici», ma anche «un pallone gonfiato», così come buffone proviene da buffon, “buffare”, il soffiare del vento che spariglia gli oggetti come i significati, confonde e si confonde. Come le nuvole anche il vento ha avuto il suo ordinatore, Francis Beaufort, capitano poi divenuto ammiraglio, che escogitò nel 1806 la scala in uso ancora oggi partendo dalla velatura di una nave da guerra all’inseguimento del nemico, senza ricorrere ad alcuna strumentazione. Da forza 0, mare calmo, a forza 10, gran temporale. Uno schema semplice ed elegante che per essere adottato internazionalmente dovette attendere il 1926: oltre un secolo. La storia umana va più piano del vento, anche se è altrettanto caotica e vorticosa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
j Per saperne di più Lyall Watson, Il libro del vento, Frassinelli: il più bel libro sul tema; Alessandro Nova, Il libro del vento, Marietti 1820: splendido volume di grande formato su vento e arte; Gabrielle Walker, Un oceano d’aria, Codice: con tante storie; Gaston Bachelard, Psicanalisi dell’aria, Red: un classico.