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 2021  agosto 15 Domenica calendario

L’estate sul trattore di Calderoli

OZZANO (ALESSANDRIA) — Trattore, erpice rotante, trincia, fresa, ripper, atomizzatore, escavatore, moto-coltivatore, sistema di irrigazione, celle frigorifere: Roberto Calderoli dice che «quando oltrepasso quel cancello – lo indica con la mano, siamo nel Monferrato, 70 ettari di terra dove coltiva 25 mila alberi di nocciolo – la politica non esiste più». Invece non è del tutto vero: alla fine di una gita per la tenuta col vecchio Pandino quattro ruote motrici, c’è anche un laghetto per l’irrigazione dove in mezzo si abbevera e caccia le tinche un airone cenerino e più al confine il boschetto dei tartufi, il quattro volte e tuttora vicepresidente del Senato torna comunque lì, la Lega e via Bellerio, le battaglie parlamentari e referendarie e il governo di Mario Draghi. Sì c’è la terra, comprata quattro anni fa assieme alla moglie Gianna Gancia (europarlamentare della Lega) e al cognato, «mi ci sfinisco fisicamente ma mentalmente mi libera il cervello», però a parte la soddisfazione del raccolto – il primo vero sarà l’anno prossimo – e una veranda invidiabile sulle colline curate, Calderoli confessa qual è il suo sogno nel cassetto: fare il presidente del Senato alla prossima legislatura. «Per chiudere in bellezza», dice.
Tutto era cominciato coi discorsi del nonno Guido Calderoli, promotore del Movimento autonomista bergamasco, la Lega Nord sarebbe arrivata decenni dopo. «Facevano queste riunioni carbonare, ero piccolo ma qualcosa m’era rimasto, ad esempio il famoso manifesto della gallina le cui uova venivano rubate da Roma viene da una sua idea; quando ho conosciuto Umberto Bossi mi ci sono ritrovato naturalmente», racconta. Da consigliere comunale a deputato (1992), poi senatore, ministro e tutto il resto. Della vecchia guardia del Carroccio è rimasto praticamente l’ultimo. «Non sono sovranista né nazionalista, sono entrato nella Lega con altri presupposti, ma se si arriva all’obiettivo seguendo altre strade va bene lo stesso», ragiona. Già, ma l’orizzonte qual è? Ancora l’indipendenza? «Il federalismo differenziato conviene a tutti, anche al sud».
Ora, in questa chiave ultra-pragmatica, Calderoli negli anni si è costruito la fama di esperto di cavilli e anarchico sabotare, quando serve, del sistema parlamentare. «Sì, sono un pignolo e poi sui regolamenti mi ci sono davvero intrippato», sorride. Come quando ricoprì la riforma costituzionale di Matteo Renzi di 82 milioni di emendamenti: l’allora presidente del Senato Pietro Grasso stimò che ci sarebbe voluto il 2045 per leggerli tutti e che se fossero stati stampati la mole di carta avrebbero sfondato il solaio del palazzo: «Appena ho capito come funzionano gli algoritmi, fu un collega leghista ingegnere a spiegarmeli, ho costruito una specie di macchinetta che mi hanno chiesto in tanti negli anni ma la tengo tutta per me, produce emendamenti a non finire, volendo si inceppa qualsiasi provvedimento». Sulle leggi elettorali, fu suo il Porcellum, idem: ne riconosce trucchi, debolezze e obiettivi a prima vista. La sua previsione è questa: «Di Draghi abbiamo ancora troppo bisogno, a febbraio non potrà fare il presidente della Repubblica. Magari l’anno dopo. La legislatura terminerà a scadenza naturale e verso l’autunno del prossimo anno noi, col resto del centrodestra, Pd e Italia Viva, ne faremo una proporzionale con premio di maggioranza». Alla domanda se è così impossibile pensare a un Renzi alleato della Lega, Calderoli risponde che «con lui nulla è impossibile, se confronto le cose che diceva da presidente del Consiglio a oggi, mi pare dottor Jekyll e mister Hyde. Vediamo, ha firmato i nostri referendum sulla giustizia, sul ddl Zan fa proposte di mediazione giuste». Se son rose fioriranno insomma, ma comunque sembrano proprio rose. E del resto il Calderoli sguaiato è ormai roba di 20 o 30 chili fa, le sigarette sono diventate elettroniche, come detto in ferie e nei fine settimana si diletta con la terra, arrivando persino a confessarsi «ambientalista» e «di sinistra sui temi sociali e del lavoro senza esser però statalista, invece a destra sull’immigrazione». Anche se pure qui apre a una maggiore velocità sulla cittadinanza: «Penso sia giusto attendere i 18 anni, ma sbagliato che dopo aver raggiunto l’età per fare la richiesta passino altri anni per aver riconosciuto un diritto, non dico che dovrebbe essere come fare la carta di identità ma quasi». Quanto al partito, ai dualismi tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, spende parole di pace: «La politica è anche un fatto caratteriale, ognuno ha il suo, a volte Salvini lancia e Giorgetti schiaccia e viceversa». Su Claudio Durigon ammette che «quella frase non l’avrei detta, per fortuna comunque non parlava di Benito Mussolini e alla fine la polemica finirà un po’ nel nulla».
A ora di pranzo anche qui il sole picchia bello forte, il tour è concluso e l’analisi politica terminata. «Adesso – si congeda con una risata – non possono neanche dirmi che le mie sono braccia rubate all’agricoltura».