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 2021  agosto 14 Sabato calendario

Intervista a Massimo Stano

Tutti pazzi per Massimo Stano. Il vincitore della medaglia d’oro nella 20 chilometri di marcia a Sapporo è tornato a casa a Ostia. La piccola Sophie urla in sottofondo reclamando l’attenzione di papà. Ma quel grido di gioia lanciato sul traguardo in giapponese — « Watashi wa Olympic champion desu! », «Sono il campione olimpico» — e gli inchini rispettosi ai due atleti nipponici staccati nel finale hanno trasformato il campione pugliese in una star nel Paese del Sol levante. «Sono diventati matti! — ride lui — . Hanno intasato di chiamate il telefono dell’ambasciata per ringraziare di un gesto che, fatto da uno sportivo occidentale, per loro è molto importante». L’amore dichiarato per la cultura giapponese, manga e anime — One piece su tutti — hanno completato il quadro e scatenato la Stano-mania. «Per fare i duecento metri dall’ingresso all’aeroporto di Tokyo al check-in ci ho messo due ore — racconta — subito dopo i controlli di sicurezza ho trovato una troupe della tv giapponese. Pensavo aspettasse qualche campione famoso. Invece era lì per me!».
E il rientro in Italia come è andato Stano?
«Benissimo, ho trovato un sacco di gente che mi aspettava per festeggiarmi. E mi ha fatto la scorta la polizia come fossi un Vip. Speriamo che le due vittorie, la mia e quella di Antonella Palmisano, insegnino agli italiani ad amare la marcia».
Non è già così? In fondo la marcia tricolore ha da sempre una grande tradizione olimpica…
«È vero. Ma resta una delle discipline più “sfigate” dell’atletica. Sarà perché le gare sono lunghe. Sarà perché i giudici non sono facili da capire. E invece è uno sport meraviglioso. Pensare che io da giovanissimo non volevo diventare marciatore perché vedevo molti pregiudizi, mi dicevano che il gesto fosse un po’ ambiguo, poco mascolino. Spero proprio che due ori olimpici diano una scossa a tutto il movimento».
Siete la coppia d’oro della marcia tricolore. Qual è il vostro segreto?
«Ci stimoliamo a vicenda. Spingiamo sempre per fare qualcosa di più.
Negli allenamenti Antonella mi provoca sfidandomi sugli scaloni o sulle scale veloci. E arriva sempre attaccata! C’è una competitività sana in un gruppo più ampio che è molto unito. E quella è stata la nostra forza a Sapporo».
Ve li aspettavate due giorni così meravigliosi?
«Io ci pensavo da un po’. Mi ero convinto di essere il più forte. La mattina della mia gara sono andato da Antonella e le ho detto che me la sentivo buona per tutti e due. “Pensa se capita davvero!” mi ha risposto lei.
È successo. Appena ha tagliato il traguardo sono corso a dirle che ero più contento della sua medaglia d’oro che della mia».
La medaglia d’oro significa un bel premio in denaro. Come lo userà?
«Il premio è super-tassato. Non cambierà la mia vita ma la migliorerà. Poi le assicuro che io corro per la gloria sportiva. La gioia che ho provato nel momento in cui ho tagliato il traguardo a Sapporo è una sensazione senza prezzo».
All’arrivo si è messo il dito in bocca. Molti hanno pensato che fosse per festeggiare la piccola Sophie. In Giappone sono convinti che sia il gesto di “Third gear”, uno dei superpoteri di Luffy, l’eroe dell’anime “One Piece”. Chi ha ragione?
«Tutti e due. Era per mia figlia, certo, ma anche un po’ un omaggio al
cartone animato che amo di più».
Lei è pugliese, Palmisano pure.
La vostra regione ha messo insieme a Tokyo più medaglie di molte superpotenze. Come mai?
«Mi piacerebbe dire che è merito della focaccia di Bari o delle orecchiette alle cime di rapa. Ma non ho una spiegazione vera. Noi viviamo e ci alleniamo a Ostia. Ma certo quando ho visto le medaglie di Vito Dell’Aquila nel taekwondo e di Luigi Samele nella scherma sono stato contento e spero che i nostri successi siano un incentivo per convincere i ragazzi pugliesi a fare sport».
Quali sono i suoi programmi ora?
«Un po’ di vacanze per godermi la famiglia. Sono stati cinque anni durissimi, abbiamo bisogno di mollare un po’. Voglio dare una mano in casa, stamattina mentre mia moglie e mia figlia dormivano ho messo in ordine. Continuo a studiare giapponese da autodidatta un po’ di pagine alla volta, come faccio da 410 giorni consecutivi. Tra qualche settimana riprenderò a muovermi con un po’ di nuoto e bici. Il Giappone mi ha cambiato la vita e regalato l’oro. Ma ora l’obiettivo è Parigi».