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 2021  agosto 13 Venerdì calendario

Storia dei banchetti referendari

Marco Pannella aveva perfezionato un suo professionismo del banchetto. Pretendeva che il tavolo per la raccolta delle firme fosse posizionato nel punto di massima affluenza del passeggio e la richiesta di contributo avanzata, con la voce più gentile possibile, soltanto dopo che il cittadino firmatario aveva sollevato la penna dal foglio, mai prima. L’intraprendenza era parte del talento. Una volta, durante la raccolta firme per il referendum sulla fecondazione assistita, Michele De Lucia vide che Ennio Morricone stava salendo sulla sua auto, attraversò la strada, il maestro abbassò il finestrino e sottoscrisse senza esitazioni. Una firma, e un testimonial importante, in più.
Ora il banchetto, complice la riforma della firma digitale, rischia di andare in archivio. È un pezzo dell’iconografia politica. «Ma i banchetti non moriranno, ci sarà sempre bisogno del contatto diretto con la gente», dice Gianfranco Spadaccia, che a 86 anni è il decano dei radicali. È un lavoro che esige una motivazione atomica. Bisognava avere con sé un autenticatore – notai, avvocati, consiglieri comunali – pubblici ufficiali che vidimavano le firme. «Non si trovavano, la penuria era pazzesca, i nostri rimborsi spese erano poco allettanti », ricorda Spadaccia. Infatti gli inizi negli anni Settanta furono durissimi. «Noi radicali non avevamo né un grande partito, né un sindacato alle spalle, ogni volta si sudavano sette camicie per raggiungere quota 500mila. Nel 1975 le firme per l’aborto non decollavano. Poi mi arrestarono. Finii in carcere a Firenze, per un mese, perché come segretario dei radicali avevo dato l’assenso agli ambulatori dove un medico, Giorgio Conciani, praticava, per disubbidienza civile, gli aborti. Fu uno scandalo internazionale.L’Espresso sposò la nostra campagna. E la gente, per solidarietà, si precipitò in massa a firmare. Aborto e divorzio sono state battaglie per la povera gente, non per i ricchi».
Le firme vanno autenticate, e poi inviate con il certificato elettorale allegato, in Cassazione per il vaglio. E infatti sui tavoli dei radicali c’erano solitamente due moduli: uno per i residenti, uno per tutti gli altri. E poi per ciascuno occorreva farsi mandare, dal Comune di residenza, il certificato. Ma la cosa più dura, dice De Lucia, era ottenere spazio sui media. «Perciò i banchetti erano un luogo di incontro e di informazione. Un’agorà dove parlavi con migliaia di uomini e donne, gente che magari su questioni cruciali la pensava all’opposto da te, ma che in quel momento era un tuo compagno di strada. Imparavi a conoscere le psicologie. A capire che l’abito non fa il monaco. Una volta, durante la raccolta per il referendum per la preferenza unica di Mario Segni, passò davanti al nostro tavolino un tizio dall’aria piuttosto stravagante, con un barbone enorme. Non ci degnò di uno sguardo, io, che ero molto giovane, gli domandai d’istinto: “Scusi, ci lascia un contributo?”. Si girò. «Chi siete?» «Radicali». «Ecco 100mila lire contro tutti gli autoritarismi».
Ieri sera Mario Staderini ha annunciato che in sole tre ore sono state raccolte 18mila firme digitali per il referendum sull’eutanasia. Riccardo Magi (+Europa) parla di «una conquista democratica». Quante giornate sotto il sole ci vogliono con i banchetti? Quanti scioperi della fame ha fatto Pannella? Quanti numeri in tv, a cominciare dal bavaglio del 1978, per ottenere il risultato sperato? «Una volta si travestì da babbo Natale», ricorda Spadaccia. Ora basta lo spid. Le Nazioni Unite avevano bocciato l’Italia per gli «irragionevoli ostacoli».Spadaccia potrebbe parlarti per ore della battaglia sul divorzio, delle divisioni di allora; «la Dc non amava i referendum, e il Pci non si batteva, questo era il clima, eravamo soli, e abbiamo, firma dopo firma, conquistato un gran numero di vittorie, dalla riforma del diritto di famiglia all’abolizione dei manicomi ».