Il Messaggero, 13 agosto 2021
Sulla mostra "Habitus" a Carpi
Bandito il corsetto, sostituito da morbidi panneggi per lasciare spazio al corpo e alle forme. Gettato via il reggiseno, a fare manifesto del diritto di essere e apparire come si è, finalmente liberate dal come si deve. Largo alla minigonna per regalarsi nuove possibilità di movimento. E sì al bikini e all’ombelico scoperto per stare più comode in spiaggia o per il mero desiderio di farlo. Anzi, per il desiderio di poterlo fare. La storia della moda novecentesca, con le sue molte innovazioni, si fa specchio – a volte sollecito – di trasformazioni storico-sociali, in un progressivo percorso di liberazione del corpo, in particolare di quello femminile, da canoni ideali e concrete costrizioni. A ripercorrere la rivoluzione del guardaroba – e il guardaroba della rivoluzione – nel Novecento, appunto, è la mostra Habitus. Indossare la libertà, curata da Manuela Rossi, Alberto Caselli Manzini e Luca Panaro, che dal 17 settembre al 6 marzo sarà visitabile presso i Musei di Palazzo dei Pio a Carpi, nel modenese.
LA KERMESSE
Inserita nel programma del Festivalfilosofia 2021, sulla Libertà, che si terrà a Modena, Carpi e Sassuolo dal 17 al 19 settembre, l’esposizione, tra abiti, accessori, fotografie, video e musica, è articolata in quattro sezioni, per un totale di dodici capi iconici. «Chiave di lettura – spiega Manuela Rossi – è il concetto filosofico di habitus che Pierre Bourdieu ha definito come una convenzione adottata dall’uomo nella società. La radice è la stessa di abito. Le convenzioni nel vestiario sono sempre state presenti, ma in alcuni momenti, che hanno segnato la storia, sono state spezzate».
Ecco allora l’anticorsetto di Poiret nel 1914. «L’abbigliamento femminile aveva strutture e tessuti rigidi. Poiret crea corpetti morbidi e le donne scoprono una nuova libertà nei movimenti. A lanciare la moda sono state ballerine e dive del cinema muto». Poi, Coco Chanel firma i pantaloni, Marcel Rochas, il power suit. «Sono invenzioni legate al nuovo ruolo, anche economico, della donna tra le guerre. I pantaloni erano già usati da molte, ma solo sul lavoro. Chanel e Rochas li portano nella moda». Così, se l’anticorsetto segna un passo per la liberazione, i pantaloni sono uno strumento di affermazione. Reggiseno, bikini, hot pants scoprono, nel pieno senso del termine, il corpo. «Il reggiseno nasce come rimpicciolimento del corpetto – prosegue – Negli anni Quaranta e Cinquanta le creazioni sono studiate per modellare il seno secondo una visione ideale. Ed è contrastando tale ottica che, negli anni Settanta, il rifiuto del reggiseno diventerà un simbolo delle battaglie delle donne. Anche il bikini ha avuto un’evoluzione: lo slip è divenuto progressivamente più basso, scoprendo l’ombelico».
RIVOLUZIONE
Pure in questi casi la rivoluzione passa per l’immagine delle dive, dal bikini di Brigitte Bardot nel film E Dio creò la donna, nel 1956, a quello di Ursula Andress in Agente 007 – Licenza di uccidere, nel 1962, fino a agli hot pants di Marilyn Monroe e oltre. La comodità si rivela sexy. Per questo piace allo schermo. Ogni moda ridisegna lo sguardo. E lo guida. Ecco allora la minigonna di Mary Quant, negli anni Sessanta. «La mini determina una nuova lettura della fisicità femminile, introduce l’idea di bellezze differenti. È fatta dagli stilisti, ma è semplice, si può realizzare in casa. Ciò permette la diffusione a 360 gradi e mette alla pari coloro che la indossano».
UNISEX
T-shirt e jeans, prima solo da lavoro, e felpe, riprese dal mondo dello sport, lanciano il trend dei capi unisex. La giacca destrutturata di Armani e il Wrap Dress di Diane von Furstenberg promuovono lo stile informale. E dopo? «Se pensiamo alla minigonna, il rimando al 1968 è immediato. Negli ultimi tre decenni non ci sono stati capi così potenti o quantomeno è presto per individuarli, è l’approccio alla moda ad essere mutato. Si pensi al fast fashion – conclude Rossi – Per il futuro si guarda all’ecosostenibilità, a materiali e tecniche coerenti con una società sempre più attenta all’ambiente».
Capi che liberino il corpo e comunichino idee e ideali. «La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il nostro modo di vivere, che cosa sta accadendo», diceva Coco Chanel. E forse, con ciò che vorremmo accadesse.