Il Messaggero, 12 agosto 2021
Madame Mère e il figlio Napoleone
«Devo tutto a mia madre avrebbe potuto governare dei regni è degna di ogni genere di venerazione le perdite, le privazioni, sopportava tutto, superava tutto: era una testa d’uomo su un corpo di donna Rimasta sola senza appoggio fu obbligata a prendere la guida degli affari, ma il fardello non era al di sopra delle sue forze: si occupava di tutto Ah dottore, che donna! Dove trovarne una uguale?». Così, dall’esilio di Sant’Elena, Napoleone ricorderà l’amata madre in una conversazione con il dottor Antommarchi.
Senza dubbio, Letizia Ramolino nota anche con l’ampolloso titolo di Madame Mère è la persona che ha esercitato la maggior influenza sul futuro imperatore. Austera, intelligente, coraggiosa, equilibrata e ferma, somiglia alle matrone dell’antica Roma tanto da divenire, nella mente del figlio, l’archetipo della Virtù. Francesca Sanvitale la definirà «un’allegoria della forza dei Bonaparte, il deus ex machina del loro destino». Considerata la federatrice del clan, negli anni della fanciullezza ad Ajaccio, dove nasce nell’agosto 1749, viene detta la piccola meraviglia per la sua avvenenza.
LA FAMIGLIA
Il padre, Giovanni Geronimo Ramolino, appartiene a una buona famiglia originaria della Toscana, così come la madre, Angela Maria di Pietrasanta. Rimasta vedova, Angela si risposa con lo svizzero Octave Fesch da cui ha un figlio, il futuro cardinale. Nel 1764 Letizia viene fatta sposare con il nobile Carlo Maria Buonaparte (successivamente il cognome sarà francesizzato in Bonaparte). Il ménage è allietato da una nidiata di rampolli: Giuseppe, Napoleone, Luciano, Elisa, Luigi, Paolina, Carolina e Geronimo. In casa si parla italiano le radici e i destini dei Bonaparte sono molto legati al Belpaese – e patois locale; il francese non viene quasi usato, tanto che la futura Madame Mère non lo conoscerà mai bene. I soldi scarseggiano ma lei è assai economa e, grazie alle agevolazioni per la nobiltà, i figli maggiori vengono mandati a studiare in Francia. Benché Napoleone sia il prediletto, la madre gli impartisce una severa ramanzina per lettera, quando osa lamentarsi della propria povertà rispetto agli altri ragazzi.
LA FORTUNA
La situazione si fa difficile alla morte di Carlo, nel 1785. Anche a causa dell’ostilità di Pasquale Paoli, padre dell’indipendentismo corso, dopo una rocambolesca fuga i Bonaparte emigrano quindi in Francia. Secondo la leggenda, pur di guadagnare qualche cosa Letizia e le figlie fanno le sarte, e forse lavano i panni altrui nelle fontane di Marsiglia. La crescente fortuna del generale Bonaparte consente alla famiglia di migliorare molto il proprio tenore di vita. Nel 1796, questi sposa la creola Giuseppina de Beauharnais: fascinosa, dissoluta, spendacciona, frivola, più anziana del marito, è l’opposto di Letizia, che la detesta e la chiama la vecchia. I trionfi del figlio nella Campagna d’Italia rassicurano in parte la genitrice, che vuole accasare al meglio le femmine e sistemare i maschi.
IL COLPO DI STATO
Dopo la Campagna d’Egitto, Napoleone rientra a Parigi e conquista il potere con il colpo di Stato di Brumaio, nel novembre 1799. Con il Consolato, si apre la fase più straordinaria, più fertile dell’epopea: Bonaparte pacifica e modernizza la Francia, toccando ogni settore; stravince in Europa, che forgia e modernizza. Letizia è partecipe delle sue fortune, ma mantiene un saggio basso profilo, senza montarsi la testa. Nutrirà sempre un profondo disprezzo per le adulazioni dei cortigiani e, realista e disincantata, continuerà a ripetere: «Pourvu que ça dure», Purché duri, negli anni dell’apogeo. Legatissima alla progenie, non esita a schierarsi contro il Primo console se lo reputa opportuno, ripetendo che il figlio a cui vuole più bene è quello che soffre di più. Addirittura, si reca in Italia da Luciano, che ha litigato con l’imperioso fratello, e non partecipa al Sacro, benché Jacques-Louis David la raffiguri nel celebre quadro dell’incoronazione.
L’IRRITAZIONE
La sua parsimonia irrita a volte Napoleone, che l’ha ricoperta di onori, titoli, prebende e palazzi. «Signora Letizia, bisogna che spendiate un milione all’anno!». «Si, se voi me ne darete due!». Non approva il suo secondo matrimonio con Maria Luisa d’Austria, che le sembra fredda e anaffettiva, tuttavia si rallegra della nascita dell’erede, di cui è la madrina. Quando tutto crolla, rimane fedele al figlio e lo raggiunge nell’esilio dell’Elba, pur comprendendo le ragioni per cui poi questi fugge. Dopo Waterloo, vorrebbe andare con lui a Sant’Elena, ma le viene impedito. Va quindi a vivere a Roma sotto la protezione del papa, stabilendosi in quello che sarà noto come palazzo Bonaparte, che riempie di cimeli. Cerca di alleviare con ogni mezzo la durezza della prigionia di Napoleone, la cui morte le arreca un tremendo dolore. Divenuta cieca, passa le ore dietro una loggetta coperta, mentre la dama di compagnia le descrive cosa accade in strada. Dopo la sua scomparsa, avvenuta il 2 febbraio 1836, Stendhal dirà: «Poche esistenze sono state così esenti da ipocrisia e così nobili come quella di Madame Letizia Bonaparte».